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La rivoluzione dell'AI inizia con l'azzardo di Nvidia e OpenAI

Filippo Lubrano

L'accordo tra le due aziende rivela dinamiche geopolitiche peculiari nel mondo dell'intelligenza artificiale con un grande valore strategico dell'operazione nella competizione con la Cina. L'intesa consolida il dominio della società di Santa Clara in un settore già sbilanciato. Il posto che l'Ue potrà avere in tutto questo 

I record, si sa, sono fatti per essere battuti. Ma a questo ritmo, l’AI sta facendo concorrenza a Mondo Duplantis nel salto con l’asta. L’accordo tra Nvidia e OpenAI, annunciato come un investimento fino a cento miliardi di dollari per costruire almeno dieci gigawatt di data center basati sull’hardware dell’azienda di Jensen Huang, è destinato a cambiare per sempre il panorama dell’intelligenza artificiale: non si tratta più soltanto di sviluppare algoritmi o modelli, ma di controllare l’infrastruttura fisica che rende possibile l’AI di frontiera. L’accordo rivela dinamiche geopolitiche peculiari, con Trump informato giorni prima, a testimonianza del valore strategico dell’operazione nella competizione con la Cina.

Tutti i progetti infrastrutturali di OpenAI ricadono ora sotto l’ombrello Stargate, il programma da 500 miliardi annunciato dal presidente per consolidare la supremazia americana nell’AI. L’operazione è la tipica integrazione verticale della catena di fornitura, ma su scala mai vista: non solo si garantisce a OpenAI l’accesso privilegiato a milioni di chip, ma si trasforma Nvidia da semplice fornitore a partner strategico con una quota di capitale nella società. Il primo gigawatt di capacità dovrebbe arrivare nella seconda metà del 2026, basato sulla nuova piattaforma di Nvidia Vera Rubin. La prima tranche del pagamento – un bonifico da dieci miliardi – versato da Nvidia sarà sulla base della valutazione attuale di 500 miliardi del colosso americano, mentre le successive verranno parametrate al valore che l’azienda avrà al momento dell’erogazione. Il timing è rivelatore: arriva quando la Federal Reserve ha appena tagliato i tassi, segno di un rallentamento economico. Eppure l’annuncio ha fatto guadagnare a Nvidia, già  al comando della classifica delle aziende più ricche al mondo, ulteriori 170 miliardi di capitalizzazione. L’intesa consolida il dominio di Nvidia in un settore già sbilanciato: controllare l’hardware significa dettare tempi e condizioni dell’innovazione, mentre i concorrenti rischiano di restare relegati a ruoli marginali o difensivi; aggiungervi la componente software può risultare la killer move del mercato.  

Non mancano gli interrogativi sul piano regolatorio: un fornitore che diventa al tempo stesso investitore in uno dei clienti più importanti al mondo può sollevare obiezioni antitrust, mentre l’assetto societario di OpenAI, in transizione verso una public benefit corporation con un consiglio no profit, richiederà nuovi equilibri. Anche la dimensione geopolitica è evidente: se la maggior parte di questi data center nascerà negli Stati Uniti, l’America rafforzerà il proprio primato nell’AI, spostando nuovamente gli equilibri con la Cina. Alcuni analisti si chiedono infine se questa mossa non ci avvicini ancora di più, in un contesto in cui solo chi vende la componente hardware sta attualmente guadagnando nell’AI, allo scoppio di una bolla speculativa di dimensioni inedite. Perché dietro l’astrazione matematica dei modelli restano i rapporti di forza molto concreti tra leader e aziende. E’ a questo livello che si definisce chi controllerà la prossima generazione di AI. La domanda finale è quale posto potrà avere l’Europa in questo scenario.

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