Il protocollo ActivityPub porta avanti l'idea che ha al centro c'è l'utente e non le piattaforme

Pietro Minto

C’è stato un momento, durante la pandemia, in cui tutto sembrava destinato a decentralizzarsi: poi sono arrivate ChatGPT e le intelligenze artificiali e la moda è cambiata. Tranne che nei social media. Un'idea alternativa di rete potrebbe rivoluzionare il settore

Una delle parole preferita dal settore delle criptovalute è stata “decentralizzazione”. C’è stato un momento, durante la pandemia, in cui tutto sembrava destinato a decentralizzarsi: poi sono arrivate ChatGPT e le intelligenze artificiali e la moda è cambiata. Sullo sfondo del cambiamento in corso nel settore social, però, si è continuato a parlare di decentralizzazione, specie in riferimento a un nuovo protocollo che potrebbe cambiare per sempre i social media. E non solo. 

   
Lo chiamano ActivityPub e se ne discute in questi giorni anche a causa del lancio in Unione europea di Threads, il social network simil-Twitter di Instagram, che sta a sua volta sperimentando con questo nuovo protocollo. ActivityPub non è un prodotto: non si compra e non si affitta; è un protocollo al quale i siti internet possono scegliere di adeguarsi. Facendolo, finiscono per legarsi l’uno all’altro creando una “federazione” di servizi diversi, in grado di comunicare tra loro. Immaginate di poter accedere ai contenuti di Twitter dal vostro profilo Instagram, per esempio, sfruttando due piattaforme indipendenti ma “federate”, appunto. A questa visione utopica delle reti sociali è purtroppo capitato di avere un nome non troppo sexy, “Fediverso”, a conferma del fatto che i programmatori informatici non dovrebbero darsi mai al marketing.

 

ActivityPub esiste in sordina da anni – è stato pubblicato nel 2018 dal World Wide Web Consortium, un'organizzazione non governativa internazionale per lo sviluppo del web – ma è stata la recente crisi di Twitter a dargli nuovo peso, soprattutto perché permette agli utenti una maggiore autonomia dai capricci delle piattaforme. Invece di affidare i propri dati – ma anche la lista di amici, i contatti, tutto quello che viene definito il “social graph” di un utente – a una piattaforma chiusa che ha il solo scopo di venderci pubblicità, ActivityPub permette di spostarsi da un servizio all’altro, portando con sé i nostri amici e contatti. Nel futuro sognato dai sostenitori del Fediverso, insomma, l’utente di un ipotetico social network caduto in disgrazia potrebbe trasferirsi altrove, senza dover ricostruire da capo il proprio patrimonio di contatti e amicizie. 

 

Da tempo Adam Mosseri, capo di Instagram, giura di fare sul serio e di voler integrare Threads con ActivityPub, lanciando il membro più giovane della famiglia Meta verso quello che potrebbe essere il futuro del settore social. Dopo qualche mese di annunci a vuoto da parte di Meta e di dubbi sparsi nella nerdissima comunità fediversica, la scorsa settimana, giusto in tempo per il lancio nell’Ue, Threads ha mosso i suoi primi passi con il nuovo protocollo, e ha testato i primi post di Threads che saranno visibili su Mastodon, Pixelfed e gli altri siti federati. L’integrazione è ancora in fase sperimentale ma negli ultimi giorni lo sbarco nel Fediverso è continuato con l’arrivo di Flipboard (app per la lettura e condivisione di notizie), che si integrerà del tutto.

  

Tra gli altri ospiti di peso di questa federazione troviamo anche il social network Tumblr e WordPress, due vecchie glorie – in particolare il secondo è alla base del funzionamento di circa il 43 per cento dei siti internet. Anche il sito di news tecnologiche The Verge integrerà un tipo di contenuti – i post brevi della sua homepage – al protocollo. Il suo direttore Nilay Patel è da tempo un entusiasta sostenitore di ActivityPub, che considera un faro nel buio di un settore ormai in crisi: da una parte i feed ormai insondabili di Facebook; dall’altra i video verticali di TikTok e simili. 

 

ActivityPub e il fediverso, al di là dell’ostilità dei loro nomi e del loro funzionamento, si presentano come un’idea alternativa di rete focalizzata sull’utente, e non sulle piattaforme. In quanto tale, va a rompere il principio fondamentale su cui si è fondata la rivoluzione social degli ultimi quindici anni. Certo, non si tratta comunque di un protocollo “perfetto”, come ha scritto David Pierce su The Verge, e c’è ancora molto lavoro da fare, ma è la prima volta che alla crisi dei social si risponde con una visione diversa, e non semplicemente con il clone di un altro prodotto.

  

Il modo migliore di capire l’approccio decentralizzato rimane comunque la cara e vecchia posta elettronica, una tecnologia antichissima per gli standard digitali, che nessuno è ancora riuscito a rottamare. Le mail, infatti, sono per natura decentralizzate: dal tuo account Gmail puoi scrivere a un altro Hotmail, Libero o Yahoo. E così via, senza barriere. Magari è per questo che funzionano.

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