Taxi, app, car sharing: fermi tutti

Jonathan Pacifici

Cronaca semiseria di un non residente alle prese con le barriere digitali italiane

Occupandomi quotidianamente di innovazione ho una vera passione per i servizi digitali, soprattutto quando funzionano bene e risolvono problemi reali. Per esempio alcuni mesi fa, in una Milano paralizzata dallo sciopero dei taxi, sono riuscito a salvare la mia fitta giornata di appuntamenti usando i mezzi con estrema facilità grazie a Moovit. Sul mio cellulare troverete spesso in uso Waze, Gett, Uber ma anche Pago, l’eccellente servizio con il quale si paga il parcheggio in (tutta) Israele. Vivendo in Israele e viaggiando molto spesso per lavoro in Italia un altro servizio che ho apprezzato sin dal suo inizio è Car2go. Ottima interfaccia, straordinaria disponibilità di vetture e parcheggi convenzionati localizzati in posizioni strategiche. Una vera manna per chi è di passaggio e non ha una propria vettura. Ora funziona anche dall’aeroporto di Fiumicino. O meglio, per me, funzionava. Alcune settimane fa ho fatto l’upload online della nuova patente (israeliana) ma l’account è rimasto bloccato. Ho scritto al servizio clienti che mi ha comunicato cordialmente: “Siamo spiacenti, ma non possiamo accogliere la tua richiesta di sblocco dell’account. Per guidare i nostri veicoli, oltre a possedere una patente di guida internazionale o convertita in Europea, è necessario anche avere indirizzo di residenza in uno dei Paesi in cui è presente il nostro servizio. Da quanto mi confermi, il tuo indirizzo di residenza è a Israele; non possiamo perciò riattivare il tuo account”. Non riesco a crederci. Possibile che la società si precluda il mercato dei turisti?

 

Non mi do per vinto e chiamo l’assistenza dove mi dicono che, contrariamente a quanto mi è stato scritto, posso utilizzare il servizio ma devo andare fisicamente a portare la nuova patente a un centro Car2go. Una rottura, ma ne vale la pena e così in una afosa mattina di luglio arrivo (con un taxi pagato in contanti, perchè quando esibisco la carta di credito sembrava avessi chiesto di pagare con i crediti di Star Trek) al punto servizio di Roma. Qui una signorina molto educata mi spiega che, come da prima mail ricevuta, Car2go non mi accetta come cliente. Prova Enjoy, mi dice un amico. Niente da fare. Il loro sito quantomeno è chiaro: “Per clienti con patente estera: al momento il servizio di vehicle sharing accetta le patenti rilasciate dalle seguenti nazioni: Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Russia, Spagna, Svizzera e Usa”. Gli altri, problemi loro. Alla fine mi sono preso un Uber Black, preciso, puntuale ed è a conoscenza dell’esistenza delle carte di credito. Un po’ caro, ma si sa, in Italia gli altri servizi Uber sono bloccati. Ma perché non ti prendi un taxi? Ora c’è anche l’applicazione IT taxi dell’Unione dei Radiotaxi d’Italia. Su ogni taxi del 3570 c’è la pubblicità. Scarico la app ma non posso attivarla. Si deve avere un cellulare di una serie di selezionatissimi paesi: con quale criterio, non è dato saperlo. Certo è che il mio +972 non è utilizzabile. E va bene, prenditi una sim italiana per quando sei in Italia! Ce l’avevo, ma Tim non consentiva la ricarica con carta di credito non italiana. E così ho rinunciato, anche perché il mio abbonamento israeliano di Golan Telecom (venti euro al mese) mi dà dati illimitati anche all’estero, e chiamate in uscita ed entrata incluse, per cui non è proprio conveniente avere un altra sim.

 

Questa è l’esperienza di un italiano residente all’estero, che parla italiano e conosce il paese. Figuriamoci per un vero turista. Si potrebbero fare moltissimi altri esempi ma il senso è chiaro. Siamo di fronte a vere e proprie barriere architettoniche, che incatenano l’Italia ai margini della rivoluzione digitale. Sono il sintomo di un modo di pensare provinciale con il quale non si va lontano.

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