Un casco per immergersi nella realtà virtuale (foto LaPresse)

La startup più segreta del mondo? Una gran sòla

Eugenio Cau

Quel che dovrebbe fare il prodotto di Magic Leap è innestare oggetti digitali nella vita reale con una naturalezza tale da creare una nuova realtà perfettamente fluida

Roma. Il video si intitola: “Un giorno come tanti negli uffici di Magic Leap”, e l’inquadratura mostra in prima persona ciò che vede un ipotetico impiegato. Davanti ai suoi occhi, come un ologramma, si materializza nell’aria prima la schermata di un video di YouTube, poi una finestra di Gmail. L’impiegato però si annoia, e da un menù, anch’esso apparso a mezz’aria, decide di giocare a un videogioco. Impugna una pistola dall’aspetto futuristico e dà l’avvio. Una serie di robot minacciosi inizia ad apparire da botole nel soffitto, fino a rompere il muro dell’ufficio per fare irruzione, mentre l’impiegato, eccitatissimo, gli spara contro con la sua pistola. Il tutto avviene con un realismo eccezionale, e l’integrazione tra realtà e videogioco è così perfetta da confondere. “Questo è un gioco con cui ci intratteniamo in ufficio di recente”, recita la descrizione del video datato marzo 2015 e caricato da Magic Leap, la start-up più misteriosa del panorama tecnologico mondiale. Magic Leap, lo si sarà capito, è attiva nel campo della realtà virtuale. Il ceo e fondatore Rony Abovitz preferisce parlare di “realtà mista”, perché quel che dovrebbe fare il segretissimo prodotto di Magic Leap è innestare oggetti digitali nella vita reale con una naturalezza tale da creare una nuova realtà perfettamente fluida e, appunto, mista. Pochissime persone in tutto il mondo hanno provato il prototipo di Magic Leap, che alla fine, nella sua forma commerciale, dovrebbe essere miniaturizzato in un paio di normali occhiali, e ancora meno persone sanno esattamente come funziona la tecnologia di Abovitz.

Quei pochi sono tenuti al silenzio da una caterva di contratti di segretezza. Ma le aspettative eccezionali per la start-up, come raccontato anche in queste colonne all’inizio dell’anno, hanno portato il gotha della Silicon Valley (Magic Leap ha invece sede in Florida) a investirvi. Google, Alibaba, Andreessen Horowitz, JP Morgan e altri hanno messo i loro denari nell’impresa, forse perché convinti da un prototipo o forse perché fiduciosi nelle capacità di Abovitz, che ha visto il valore stimato della sua start-up lievitare a 4,5 miliardi di dollari. Ma una nuova inchiesta del giornale online The Information rischia di smontare l’attesa intorno a Magic Leap e la fiducia in Abovitz. The Information ha scoperto, per esempio, che almeno il video descritto sopra è stato fatto tutto in computer grafica da uno studio di effetti speciali chiamato Weta Workshop – che è effettivamente citato nel video, ma non nella sua descrizione, e questo finisce per dare l’impressione fuorviante che si tratti di una demo di Magic Leap, e non di effetti speciali fatti al computer. La tecnologia rivoluzionaria di Abovitz prevede, secondo le indiscrezioni, che le immagini siano proiettate non su uno schermo, ma direttamente sulla retina dell’utente attraverso dei laser guidati da fibra ottica, in modo da renderle perfettamente realistiche.

Secondo The Information, però, Magic Leap ha prodotto un solo prototipo di questa tecnologia, grande come un frigorifero e nominato internamente “la bestia”. L’azienda, dice l’inchiesta, non riesce a miniaturizzare i suoi laser per renderli trasportabili, e ha relegato il suo progetto principale a obiettivo di lungo termine. Per ora, Magic Leap ha inviato a The Information un prototipo composto di un grosso caschetto da collegare a un computer, che usa tecnologia diversa e più tradizionale e che appare ancora indietro rispetto ad altre tecnologie, come per esempio HoloLens sviluppata da Microsoft. Insomma, non siamo ai livelli di Theranos, la miliardaria startup biomedica che ha ingannato per anni investitori e pazienti con esami falsi, ma Magic Leap è in lizza come più grande delusione tecnologica dell’anno. E’ la sindrome diffusa di un mondo che cerca spasmodicamente e in continuazione la prossima “big thing”. Ogni tanto la bolla scoppia. 

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.