(foto LaPresse)

Trump come la i di Apple. Il successo della semplicità spiegato da Segall

Michele Boroni
E paradossalmente – ma neanche tanto, in fondo – la semplicità diventa l’arma migliore per operare in un contesto complesso. Di certo lo è stata per Apple. Intervista con l’ex direttore creativo di Steve Jobs.

Milano. Semplicità. E' questa la parola chiave che ha guidato tutta la carriera di Ken Segall e, in particolare, quei 12 anni in cui ha lavorato con Steve Jobs.  Segall è stato il direttore creativo del periodo della (ri)nascita di Apple, l’inventore dello slogan “Think Different” che è diventato il mantra dell’azienda di Cupertino (“Tutto ciò che usciva da Apple, se non era la logica conseguenza di questo principio veniva scartato”). Oggi è diventato una sorta di profeta del “Potere della semplicità” come il titolo del suo ultimo libro in uscita (il 18 novembre per Franco Angeli) dove racconta i principi utilizzati su Apple applicandoli ad altre realtà aziendali.  Lo abbiamo incontrato al WOBI (World of Business Ideas) che si è svolto a Milano in questi giorni, nella sua veste da conferenziere premium, sua principale attività oggi. Il tema dell’incontro è “come fare business in stato Beta”, ovvero in un contesto competitivo in continua trasformazione, dove le organizzazioni sono chiamate a reinventarsi, sperimentare nuove opportunità, sfruttarle velocemente per poter crescere. 

 

E paradossalmente – ma neanche tanto, in fondo – la semplicità diventa l’arma migliore per operare in un contesto complesso. Di certo lo è stata per Apple: “Per Jobs la semplicità era una religione. Ha costruito un’azienda basata su questi principi, la complessità degli affari condotti in maniera tradizionale semplicemente non era tollerata”, racconta Segall a Il Foglio “La semplicità era anche la sua arma più potente, un mezzo per umiliare leader di aziende considerati fino ad allora invincibili”.  Ma in cosa si concretizzava tutta questa semplicità? Innanzitutto nel fare un po’ di pulizia tra i prodotti: prima del 1998 Apple produceva anche stampanti, tower e varie tipologie di computer portatili, mentre con il ritorno di Jobs molte produzioni furono interrotte e l’azienda di Cupertino si concentrò solo su due prodotti – desktop e laptop – ciascuno dei quali con pochissime varianti: addirittura di computer da tavolo all’inizio ne rimase solo uno – l’iconico iMac – mentre tra i computer portatili solo 2-3 modelli, come avviene oggi. Ma non solo, l’ossessione sulla semplicità la si ritrova in tutto: dal packaging alla pulizia della pagina web, dai software all’organizzazione interna della società. 

 

“Jobs amava dire che ‘Innovazione significa dire di no a migliaia di cose’ – continua Segall – Apple non offriva al cliente meno scelte, bensì la scelta giusta. Il tema era quello di dare una percezione della semplicità, in fondo con tutti i vari adattamenti anche oggi si può arrivare a creare 40 varianti, ma alla fine sul mercato restano solo tre modelli. Dell ne ha ben 26, tutti con nomi astrusi e incomprensibili”. Segall è stato poi l’uomo che ha reso possibile nella comunicazione di Apple tutta questa “percezione di semplicità”. “La i di iPod, iPhone, iPad è stata una grande intuizione che, grazie anche a dei prodotti davvero innovativi, hanno fatto il successo di Apple. Oggi però ha esaurito il suo potenziale”.  

 

Oggi Segall è critico nei confronti dell’Apple sotto la gestione di Tim Cook. “Certo, è impossibile trovare un sostituto tale e quale a Steve Jobs: lui aveva la credibilità del fondatore, un istinto straordinario, aveva visione, energia e riusciva a far accadere le cose con la sola forza di volontà. Tim Cook è molto bravo, ma è un’altra cosa. Oggi Apple continua a essere un’azienda molto innovativa, ma si comporta più come una big company di largo consumo e pur di entrare in nuovi mercati si dimentica le regole della semplicità tanto care a me e a Jobs: basti vedere la complessità del software Apple Music o la confusione delle denominazioni dell’Iphone con i modelli S e SE, oppure alcune pubblicità molto generiche e di scarso impatto”.

 

Ma se la semplicità sembra per Segall la panacea, la cura di ogni male, specialmente nella comunicazione, non possiamo non chiedergli se questo accade anche nella politica. “Se dietro non vi è una complessità di lavoro o di pensiero, la semplicità può diventare banalità: Donald Trump ha reso le cose così semplici di modo che qualsiasi persona senza istruzione potesse capire facilmente quello che dice. In pratica lui ha tolto i dettagli. Ha detto ‘il mondo è un disastro io posso fare le cose migliori. Creerò lavoro, eliminerò la criminalità. Come farò? Fidatevi e basta’. E’ il potere della semplicità anche questo, ma stavolta fa paura perché temo che dietro non ci sia un pensiero complesso”. 

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