Taylor Swift (foto LaPresse)

Dalla superbia di Steve Jobs ai toni dimessi di Eddie Cue

Perché Apple è disposta a tutto pur di non dover affrontare Taylor Swift

Redazione
La compagnia di Cupertino è amata nel mondo anche perché non fa mai marcia indietro. Ma con la giovane Swift ha fatto un'eccezione. Strategie

Roma. Prima di Taylor Swift, l’ultimo scandalo per Apple era stato il “bendgate”. L’iPhone 6 Plus, gioiello di tecnologia, si piegava leggermente a tenerlo in una tasca stretta dei pantaloni. Si scoprì che più o meno tutti gli altri smartphone simili si curvavano allo stesso modo, ma Apple è Apple, ci furono migliaia di proteste, i media e le celebrity ne parlarono per giorni. Apple però rimase impassibile. Non c’è nessun difetto, disse, l’iPhone non si piega, avete le traveggole. Mostrò il suo lato duro, e non si scompose davanti alle proteste di migliaia di scontenti. Prima ancora, nel 2010, c’era stato l’“antennagate”: l’iPhone 4 aveva problemi di ricezione perché durante le telefonate le mani coprivano l’antenna, e le chiamate si interrompevano all’improvviso. Le proteste furono enormi, ma Apple rimase ferma sulle sue posizioni, granitica. Non c’è nessun antennagate, le lamentele non hanno ragione di esistere. Alla mail di un utente che si lamentava di non riuscire a chiamare quando teneva il telefono in mano, Steve Jobs rispose con un laconico: “Tienilo in una maniera diversa”. Come a dire: problemi tuoi. Apple è Apple anche per questo, perché non discute la bontà dei suoi prodotti, non fa marcia indietro, il suo comportamento è, per riprendere un lancio di marketing, “unapologetic”. E’ anche per questo che la compagnia di Cupertino è così amata, perché nella sua crociata elegante di vetro, alluminio e schermi Retina non ha mai chiesto scusa a nessuno. Poi è arrivata Taylor Swift.

 

A Swift, venticinque anni, probabilmente la più grande stella del pop degli ultimi tempi, sono bastate poche ore e un post su Tumblr per far modificare a livello sostanziale (con conseguenti esborsi milionari) le strategie di Apple Music, il nuovo servizio di streaming che sarà lanciato la prossima settimana, e per provocare nei massimi dirigenti della compagnia reazioni di un’umiltà tale da far apparire la brusca superiorità di Steve Jobs un ricordo lontano. Music è un servizio in abbonamento, e le royalties pagate agli artisti sono superiori alla media dell’industria, ma inizialmente Apple ha previsto un periodo di prova gratuito di tre mesi durante i quali gli artisti non sarebbero stati pagati. Swift, che ha già al suo attivo diverbi epici con Spotify, un altro servizio di streaming musicale, ha scritto nel suo post, “To Apple, Love Taylor”, che non essere pagati per tre mesi avrebbe rovinato gli artisti emergenti e le piccole etichette: “Questo non riguarda me”, ha scritto. “Riguarda i nuovi artisti o le nuove band che hanno appena pubblicato il loro primo singolo e non saranno pagati per il loro successo”. Per dare consistenza alla sua campagna per i diritti, Swift ha ritirato i suoi album da Music, come aveva già fatto con Spotify. La risposta di Apple è arrivata nel giro di poche ore, via Twitter, attraverso il vicepresidente e supermanager Eddie Cue: “Vi ascoltiamo, Taylor Swift e artisti indipendenti. Love, Apple”. Poi la retromarcia completa: gli artisti saranno pagati anche durante il periodo di prova di Music.

 

[**Video_box_2**]In poche ore, i geni della comunicazione di Apple, che hanno tenuto duro sulle loro decisioni in mezzo a tempeste gigantesche, hanno ceduto davanti a un idolo dei ragazzini. Certo, oggi nessuno è potente come Taylor Swift nell’industria discografica, e cambiare la policy di Music non richiede i grandi cambiamenti di politica industriale che sarebbero stati necessari per risolvere l’antennagate. Ma implica comunque perdite milionarie, e allora la domanda è: perché Apple ha voluto evitare a tutti i costi uno Swiftgate? Perché Music è un prodotto in salita. Apple ha un intero mercato già consolidato da conquistare, e per farlo, in assenza di novità tecnologiche, ha scelto una strategia di marketing molto decisa. Ha detto agli artisti: noi stiamo dalla parte della musica, dalla vostra parte, siamo diversi dagli altri. Poi arriva Swift, e con un post online rischia di rovinare tutto a pochi giorni dal lancio. La vecchia Apple avrebbe tenuto duro. Ma in molti i campi, dalla privacy alla gestione dei contenuti, Apple sta cercando di mostrare una faccia più umana, è uno dei portati della guida del ceo Tim Cook, che al contrario del suo predecessore non pensa che la cattiva pubblicità sia comunque pubblicità. Così Apple ha ceduto a Swift, è diventata più buona, e negli applausi della giovane cantante per la decisione Cook vede nuovi profitti.

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