Seicento progetti all'anno per l'italo-londinese iStarter, dall'abbigliamento ai videogiochi

Marta Elena Casanova
In prima linea nell’accelerazione d’impresa. Lavora nel Regno Unito per rilanciare il lavoro di tanti connazionali

L’Italia, a dispetto di quanto qualcuno crede, è un paese pieno di persone in gamba, con idee brillanti, che se non trovano un lavoro se lo inventano. Naturalmente non è un processo semplice e sempre lineare, bisogna avere anche qualche “spinta” perché una nuova realtà imprenditoriale nasca e soprattutto cresca. A questo proposito, per quanto riguarda il mondo delle start up, il nostro paese dispone di svariati incubatori che mettono a disposizione servizi e strutture organizzative per aiutare chi vuole dar vita a un business con determinate potenzialità. Non sempre, però, incubatore fa rima con acceleratore, ed è così che iStarter si impone in prima linea nell’accelerazione d’impresa.

 

Nata a Torino nel 2012 per iniziativa di trentacinque soci, imprenditori e manager italiani, iStarter s.p.a. arriva oggi ad avere sessanta equity partner, a capitalizzare un milione di euro e a contare su oltre settantacinque investitori. La particolarità di questa società è che dal 2015 ha sede a Londra. Il managing director, Simone Cimminelli, spiega che la decisione di trasferirsi nel Regno Unito non è stata presa per abbandonare l’Italia ma, anzi, per rilanciare il lavoro di tanti connazionali che con ogni probabilità troverebbero molte difficoltà in più rimanendo ancorati alla nostra realtà.

 

Tutto ciò è facilmente spiegabile leggendo alcuni dati: solo nel 2014 la quantità di capitale di rischio investito a Londra nel settore delle start up è stato di 1,2 miliardi di dollari, all’incirca 1,09 miliardi di euro, pari cioè al 65 per cento dell’intero mercato del venture capital britannico: venti volte superiore a quattro anni prima. L’Inghilterra si dimostra essere quindi un luogo perfetto per cercare investitori, poiché offre molte condizioni vantaggiose, prima fra tutte gli importanti incentivi fiscali per chi decide di puntare sulle start up (1,8 miliardi di sterline), e perché è stato istituito il Seis, uno schema che consente una detrazione pari al 45 per cento sull’investimento iniziale; c’è un limite di 150 mila sterline di impiego: se tutto va per il meglio, il guadagno non viene tassato, e se anche si fallisce si ha un’ulteriore detrazione del 20 per cento sull’investimento. A fronte di ciò, si può dunque affermare che i vantaggi non sono pochi, e i partner di iStarter se ne sono accorti, facendo lavorare al meglio molte start-up ogni anno.

 

Da quando è nata, la società riceve una media di cinquanta progetti al mese, vale a dire una cosa come seicento ogni dodici mesi. Naturalmente, viene effettuata un’accurata selezione, che porta a seguire un massimo di dieci piani di lavoro all’anno, basandosi sul fatto che questo settore è tanto innovativo quanto rischioso e che alle start up (per lo più digitali, in virtù del potenziale di crescita più elevato) che entrano nel circuito non viene chiesto nulla nella prima fase: il compenso dipende tutto dai risultati raggiunti. E per far fruttare il lavoro, iStarter mette a disposizione un team formato da persone con alte competenze specifiche in svariati settori, che di volta in volta si dedicano completamente al progetto in corso, cercando gli investitori giusti per arrivare al livello ottimale di fundraising. E pare che la capitale britannica apprezzi molto il lavoro italiano. Il target d’età dei nuovi imprenditori che si rivolgono alla spa si aggira tra i trentatré e i trentotto anni. I settori in cui iStarter lavora sono tanti e differenti: si va dalla web luxury boutique Drexcode all’abbigliamento per bambini con ArmadioVerde, sino ai viaggi di lusso con BidToTrip e ai compagni di viaggio con Peopletrip; e ancora, dalla piattaforma per l’acquisto di videogiochi EarlyNinja senza dimenticare amanti del calcio e aspiranti calciatori, che possono farsi spazio con Fbplayer.

 

Chi ha sul desktop un file contenente un piano ben formulato, che possa avere concrete possibilità di diventare un lavoro, può dunque citofonare in Clere Street, dove pensano proprio a tutto, anche a mettere alcuni letti a disposizione di chi arriva in visita di lavoro dall’Italia, per diminuire le spese. Cimminelli dice che per fare il suo mestiere ci vuole onestà intellettuale, molta attenzione e ovviamente credibilità.  E a quanto pare, aggiungiamo noi, bisogna anche saper dare una buona accoglienza.

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