Foto Epa, via Ansa
a canestro
C'è ancora vita in Texas: gli Spurs sono tornati (e fanno paura anche a Oklahoma City)
Tre sconfitte inflitte ai Thunder migliori della lega hanno acceso i riflettori su una San Antonio giovane, profonda e ambiziosa: finita l’era Popovich in panchina, il progetto costruito attorno a Wembanyama ha già imparato a vincere e a farsi rispettare, oggi e soprattutto domani
Pur dall’alto del miglior record della lega e di un’aura che ha portato gli Oklahoma City Thunder di quest’anno a scomodare paragoni con le stagioni che hanno scritto la storia dell’Nba, Shai Gilgeous-Alexander, che dei campioni in carica è di gran lunga il giocatore più rappresentativo, ha dovuto ammettere che c’è chi sta provocando non pochi grattacapi alla sua corazzata. Delle cinque sconfitte stagionali, infatti, tre sono arrivate dalla stessa mano, quella dei San Antonio Spurs, due delle quali a brevissimo giro di posta nel periodo natalizio. “Non puoi perdere tre volte di fila contro la stessa squadra senza che loro siano stati migliori di te”, ha detto Gilgeous-Alexander, ammettendo che sì, gli Spurs, per questi Thunder, sono un problema. E chissà che non lo diventino per tutti, fino all’anello.
C’è ancora vita in Texas, dunque, anche una volta esaurita l’epopea di Gregg Popovich in panchina. Il monolite attorno al quale si è retta per decenni la franchigia nero-argento oggi figura come presidente dopo l’ictus che lo ha colpito nel 2024, l’head coach è diventato Mitch Johnson, uno dei suoi tanti allievi, che già nella scorsa stagione aveva ricoperto il ruolo di capo allenatore ad interim. E pur con qualche problemino di continuità ancora da risolvere – dopo le due vittorie di fila contro i Thunder sono arrivate le cadute con Utah e Cleveland – ma che appare strettamente legato alla giovane età media del roster, gli Spurs sono lì, secondi in classifica nella demoniaca Western Conference, che al momento vede fuori dalle prime sei i Phoenix Suns con un record (19-13) che a Est li metterebbe in corsa per la terza piazza.
È stata una costruzione, quella di questi Spurs, passata inevitabilmente dal draft, che ha portato in dote prima una gemma assoluta come Victor Wembanyama, un unicorno senza precedenti persino in una lega i cui standard atletici e tecnici sono fuori scala; quindi, con la quarta chiamata del draft 2024, Stephon Castle, che si è preso immediatamente un ruolo da protagonista; infine, con la seconda scelta assoluta del 2025, Dylan Harper, che nonostante l’affollamento nel reparto esterni ha subito dimostrato di essere all’altezza del compito. E se è vero che scegliere in alto aiuta ad assemblare talento, è altrettanto indubbio che l’errore sia dietro l’angolo, segno che anche a livello dirigenziale si è sbagliato poco.
In mezzo, nonostante San Antonio continui a rimanere quello che dall’altra parte dell’Atlantico definiscono uno “small market”, meta tutt’altro che gradita dalle stelle che preferiscono di gran lunga i richiami di piazze come Los Angeles e New Yok, si è assistito a un raro caso di giocatore che ha invece spinto per mettersi addosso il nero-argento, impulso generato proprio dalla presenza di un elemento potenzialmente generazionale come Wembanyama: l’arrivo in cabina di regia di De’Aaron Fox, all’interno di una trade in cui gli Spurs hanno dovuto sacrificare soltanto scelte ma senza perdere uno degli asset giovani a disposizione, è stata la ciliegina sulla torta. E poi, in mezzo ai vari Vassell (evidente la sua crescita in questa stagione) e Keldon Johnson, San Antonio si sta godendo anche la seconda o terza giovinezza di Harrison Barnes, perfetto collante per un roster che magari non lotterà da subito per il titolo, ma che ha tutte le carte in regola per farlo nel giro di una stagione, anche perché quest’anno ha già dovuto affrontare periodi in cui ha giocato senza Fox o Wembanyama. Abituiamoci, dunque, a rivedere il nome di San Antonio in alto nelle classifiche, anche se l’era Popovich è finita e in campo non si vedono più i vari Duncan, Parker, Ginobili e Leonard.
Il foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA