la classifica
Tutto molto bello, anche se ci manca Pizzul. Gli Sport thinkers 2025
C'è un robot runner e un bel po' di atleti che hanno deciso di ignorare la carta d'identità, perché, in fondo, i quaranta anni sono i nuovi venti. Chiedete a Lindsey Vonn, Le Bron James e Ronaldo (forse non per Hamilton)
Un robot al primo posto. Vi sembra distopico? Obiettivo raggiunto! Perché quando Moris Gasparri ed io iniziamo a mettere da parte nomi per arrivare alle furibonde (e spesso notturne) accelerate a inizio dicembre per definire i 100 Sport Thinkers dell’anno, ci diamo esattamente questo compito: schivare il mainstream, ridurre al minimo i nomi noti, quelli che chiunque si aspetterebbe. Dunque, sono tanti i nomi che non conoscete? Secondo obiettivo raggiunto! Vogliamo sia così, come Moris scrive: “sorprendere, spiazzare, incuriosire, far ridere, ricordare” e aggiungo io, anche far arrabbiare. Perché una classifica di Sport Thinkers che non fa pensare, semplicemente, sarebbe un ossimoro. Il nostro terzo obiettivo è quello di invitare chi legge all’approfondimento dei trend che dal nostro (soggettivo, per carità) osservatorio identifichiamo. Uno di questi è clamoroso: dei primi dieci nomi non solo nessuno arriva dall’Italia, ma nemmeno dall’Europa, il continente dove i Giochi Olimpici, quelli antichi come quelli moderni, sono nati. Infine, una luce che non posso spegnere: la tragedia della Palestina e (anche) del suo sport, che poche settimane fa ho avuto modo di vedere con i miei occhi e ascoltare con le mie orecchie. Lì sul podio c’è la definizione di un bambino: un piccolo atleta, che di geopolitica non sapeva nulla, ma di sport sì. E che non c’è più.
Mauro Berruto
Questa è una classifica degli Sport Thinkers diversa da tutte le altre del passato. C’è in essa un’impronta intellettuale fortissima legata all’importanza del rapporto tra sport e potere per i miei studi e le mie ricerche, così come, declinato in altre forme più idealistiche, rispetto all’impegno civile e politico del mio compagno d’avventura Mauro Berruto. La mia declinazione del tema è invece realistica, da entomologo. Come si legge il mondo globale e le sue dinamiche di potere attraverso lo sport? Succede così che un robot umanoide maratoneta guidi il nostro elenco di nomi, mostrando attraverso lo sport la superiorità tecnologica cinese, in un preciso disegno politico. Succede che l’India, storico nano del medagliere olimpico, voglia diventare una superpotenza sportiva nei prossimi decenni, e investa grandi cifre. Succede che nell’America trumpiana lo sport abbia un ruolo ideologico fortissimo legato alle arti marziali miste e alle ginnastiche militari, poco o per nulla compreso in Europa. Succede che uno stato sovrano affacciato sul Golfo Persico vinca la Champions League e domini agonisticamente e politicamente il calcio europeo. Noi italiani abbiamo problemi minori ma non minimi, come trovare talenti nel calcio, e su questo la classifica prova a offrire un contributo originale. Il resto è identico al passato: sorprendere, spiazzare, incuriosire, far ridere, ricordare.
Moris Gasparri
La classifica degli Sport thinkers 2025
1) Tiangong Ultra, runner, Cina. Perché è il primo robot umanoide ad aver completato una mezza maratona, a Pechino lo scorso 19 aprile, in due ore, quaranta primi e quarantadue secondi, nonché il primo robot umanoide delle nostre classifiche, nonché una delle immagini più iconiche del nuovo secolo cinese e del ruolo ideologico assegnato allo sport nel raccontare il dominio economico e tecnologico del Regno di Mezzo.
2) Narendra Modi, primo ministro, India. Perché il piano per lo sport di base Khelo Bharat Niti da lui ideato, presentato lo scorso luglio e rivolto a fare dell’India una superpotenza sportiva e olimpica, è uno dei più vasti e ambiziosi programmi di politica sportiva della storia.
3) Ammar Hamayel, in memoriam, atleta muay thai, Palestina. Perché morire a 13 anni per una fucilata alla schiena, dopo aver vinto un bronzo nel Mondiale della propria categoria giovanile, forse non fa di te uno sport thinker, ma il simbolo di tutte le lotte contro l’ingiustizia e l’apartheid sportivo, questo sì.
4) Ahmad Abu Abudukhan, allenatore, Palestina. Perché con il suo milione e mezzo di follower su TikTok e Instagram racconta, sempre con il sorriso, la voglia di sport di un popolo e perché era l’allenatore di Ammar Hamayel che grazie al suo infaticabile lavoro è diventato il simbolo di tutte le lotte contro l’ingiustizia e l’apartheid sportivo.
5) Sulemain Al-Obaid, in memoriam, calciatore, Palestina. Perché il “Pelé di Gaza”, ucciso mentre aspettava di ricevere gli aiuti umanitari nel sud della Striscia di Gaza nel silenzio ipocrita del calcio mondiale, ha costretto l’Uefa a fare un tweet che lo ha ricordato perché “ha dato speranza a innumerevoli bambini, anche nei momenti più duri”.
6) Dana White, manager, Stati Uniti. Perché in un’epoca in cui, parole sue, la passione da spettatori e/o praticanti per la lotta e le arti marziali miste è il contrassegno dei potenti – da Trump a Putin, da Zuckerberg a Sheikh Tahnoon bin Zayed – lui, sovrano dei combattimenti Ufc e amico fidato di Trump, è uno dei volti principali di questo matrimonio (da incubo?) tra sport e potere.
7) Nasser Al-Khelaifi, dirigente/uomo politico, Qatar. Perché la vittoriosa notte di Monaco di Baviera del Psg-Qatar, e il ruolo sempre più forte al comando dell’associazione dei club calcistici europei, lo hanno definitivamente consacrato come indiscusso dominatore della geopolitica del calcio, in cui la separazione tra sport e politica è ormai un relitto del passato.
8) Kirsty Coventry, dirigente, Sudafrica. Perché essere la prima donna della storia presidente del Comitato olimpico nternazionale è importante, ma mai quanto promuovere politiche di genere nelle posizioni apicali dello sport mondiale. E su questo tema, beh, la aspettiamo ancora.
9) Zohran Mamdani, sindaco, Stati Uniti. Per aver sollevato nella sua campagna elettorale vincente a sindaco di New York un interrogativo chiaro e di prospettiva: il calcio dal vivo, soprattutto quello dei grandi eventi, va pensato come una festa popolare o una festa per ricchi?
10) Morris Chang, imprenditore, Taiwan. Perché TMSC, la più grande azienda mondiale di semiconduttori da lui fondata e diretta, epicentro della geopolitica mondiale per la sua localizzazione taiwanese e per la sua importanza industriale, ha come proprio momento annuale fondamentale una Giornata dello Sport (credits to Alessandro Aresu).
11-12) Jannik Sinner-Siglinde Sinner, tennista-mamma di tennista, Italia. Perché lui a Wimbledon ha cambiato un paradigma dello sport italiano. Perché lei a Wimbledon è stata la rappresentazione perfetta della vittoria contro tutte le nostre ansie.
13) Simonetta Avalle, in memoriam, allenatrice di volley, Italia. Perché nostra signora delle schiacciate, scomparsa lo scorso 27 gennaio, è stata la vera dimostrazione di quanto l’epopea della pallavolo italiana sia nata dalla passione sconfinata di tanti allenatori e di tante allenatrici di cui ci si ricorda sempre troppo poco e troppo tardi.
14) Alfa Garavini, in memoriam, pioniera, Italia. Perché, per seguire la logica del ricordo di cui sopra, è bello omaggiare anche lei, leggendaria pioniera del volley femminile italiano con l’Olimpia Teodora Ravenna e anche dirigente dell’allora neonato Club Italia femminile nel 1996.
15) Luca Muzzioli, giornalista, Italia. Per aver celebrato i 25 anni della sua creatura Volleyball.it, scommessa avviata nel 2000 quando nessuno, o quasi, avrebbe scommesso una lira (sì c’era ancora la lira!) sullo sport raccontato su internet e aver descritto da lì tutta l’epopea del volley azzurro.
16) Achille Polonara, cestista, Italia. Perché la sua risposta facendo gli addominali sul letto d’ospedale per rispondere alla convocazione della Nazionale di basket è una delle cose più belle e struggenti viste nell’anno del Signore 2025.
17) Sara Curtis, nuotatrice, Italia. Per aver demolito qualche record in vasca, ma soprattutto per aver demolito uno dei pregiudizi più storici e inscalfibili della storia del nuoto.
18) Kelly Doualla, velocista, Italia. Perché il suo record europeo Under 18 a 15 anni è qualcosa di impressionante e perché è inevitabilmente destinata a scalare questa classifica. E per tanti anni.
19) Daniel Memmert, psicologo, Germania. Per i suoi studi sui modi con cui si formano i calciatori dal talento creativo (di cui in Italia manchiamo come il pane), che sottolineano l’importanza decisiva, assieme all’allenamento strutturato, dell’accumulo di ore su ore di gioco libero e non supervisionato tra i 3 e i 13 anni d’età, quando si formano i neuroni visivi.
20) Antonio Nusa, calciatore, Norvegia. Perché, sulla base di quanto appena detto, dietro al talento di questo giovanissimo attaccante che ha fatto ammattire l’Italia dobbiamo vedere anche il dodicenne che divorava video di Neymar su YouTube passando ore a replicarne le skill nei campetti pubblici di Oslo (a disposizione della cittadinanza, anche quelli gestiti dai club in alcune ore della giornata), non potendo recarsi tutti i pomeriggi al centro di allenamento dello Stabæk.
21) Lamine Yamal, calciatore, Spagna. Perché anche nel suo talento forsennato, oltre al lavoro del settore giovanile del Barcellona, dobbiamo saper vedere il bambino cresciuto sfidando in strada i cani, pomeriggio dopo pomeriggio, “l’allenamento più difficile” nelle sue parole.
22) Daniele De Rossi, allenatore-presidente, Italia. Perché, all’alluvione retorica sul calcio di strada perduto, ha preferito soluzioni pratiche: costruire tre campi in erba, sabbia e cemento a Ostia, per arricchire gli stimoli neuromotori dei suoi bambini e ragazzi dell’Ostiamare. Suggeriamo il prossimo passo, giuridicamente complicato, ma potenzialmente rivoluzionario: tenere sistematicamente aperti i campi anche fuori dagli orari degli allenamenti, “oratorializzando” le scuole-calcio.
23) Giovanni Castagno, scrittore e allenatore di base, Italia. Per un libro radicalissimo e militantissimo, Il gioco più bello, ferocemente contrario alle logiche (dis)educative e commerciali del calcio contemporaneo, scritto da chi si batte ogni giorno per riportare il calcio in piazza, nelle strade e nei parchi italiani.
24) Nicola Loiodice, calciatore, Italia. Perché i protagonisti della King’s League Italia come lui, per quanto possano ripugnare al pubblico non Gen Z, se opportunamente usati potrebbero essere dei formidabili alleati per riportare bambini e adolescenti italiani a passare del tempo libero con una palla, emulando skill e giocate.
25) Joel Cresmann, ricercatore, Canada. Perché ha scritto un libro sui segreti dei grandi atleti sudcoreani, dominati dal piacere del progressivo perfezionamento del gesto sportivo attraverso la ripetizione ossessiva, in cui ha raccontato la storia particolarissima di Son Heung-min: addestrato dal padre nel giardino di casa con ore di esercizi giornalieri fino a 16 anni, senza mai prendere parte a una partita.
26) Son Heung-min, calciatore, Corea del Sud. Perché nel 2025 il suo talento forgiato in questo modo molto molto particolare ha contribuito in misura notevole a portare un trofeo in un club come il Tottenham che lo aspettava più di quanto un assetato brami l’acqua nel deserto.
27) Jonathan Milan, ciclista, Italia. Perché grazie a lui abbiamo interrotto un lunghissimo digiuno di sei anni senza vittorie italiane al Tour de France: sempre meno di un tifoso del Tottenham, ma sempre troppo per una delle patrie storiche del ciclismo.
28) Laura Harvey, allenatrice, Stati Uniti. Per aver confessato le numerose richieste di aiuto a ChatGPT nel disegnare gli schemi calcistici delle sue Seattle Reign, squadra del massimo campionato statunitense di calcio femminile, da vera apripista dei prossimi decenni.
29) Luis Enrique, allenatore, Spagna. Perché all’idea della palla buttata volontariamente in fallo laterale al calcio d’inizio di una finale di Champions come mossa per mettere subito pressione agli avversari ChatGPT non poteva arrivarci.
30) Rino Tommasi, in memoriam, prodigio mnemonico, Italia. Perché è stato la versione sportiva di ChatGPT prima che esistesse ChatGPT.
31) Ayush “Mzinho” Batbold, gamer, Mongolia. Perché, se nel Novecento i brasiliani avevano Pelé e gli argentini Maradona, nel nuovo secolo asiatico degli esports i mongoli hanno lui come eroe sportivo nazionale, gamer prodigio che ha guidato il team MongolZ alla vittoria in Counter-Strike 2 alla Esports World Cup disputata in Arabia Saudita.
32) Giorgio “Nighty” Hu, gamer, Italia. Perché, con il suo quarto posto in Honor of Kings, è l’unico italiano ad aver sfiorato il podio alla Esports World Cup suddetta, in un medagliere a trazione asiatica che fotografa i nuovi rapporti di forza del mondo (e il declino tecnologico italiano ed europeo).
33) Articolo 33 della Costituzione, testo giuridico, Italia. Perché, seguendo una nota tradizione sportiva, abbiamo deciso di ritirare per sempre questa posizione della classifica, in onore del riconoscimento costituzionale dell’attività sportiva in tutte le sue forme.
34) Evelien Van Roie, scienziata dello sport, Belgio. Per gli studi sull’importanza del salire e scendere scale per la salute delle persone anziane, e sulla centralità e la maggior accessibilità di questo strumento per convertire all’esercizio fisico l’Europa dell’invecchiamento demografico.
35) Manuel Sergio, in memoriam, filosofo, Portogallo. Perché lo scorso febbraio se n’è andato nella sua Lisbona un grande pensatore dello sport, maestro tra gli altri di José Mourinho. Lo ricordiamo con una delle sue massime sapienziali: non esiste il calcio, esistono persone che giocano a calcio.
36) Vitinha, calciatore, Portogallo. Per il nostro omaggio rituale alla grande frase “quando il gioco origina bellezza, implicito è il suo valore per la cultura” di Huizinga in Homo ludens: i suoi passi di danza per mezzo campo sul terzo gol della finale di Champions, corredati dall’assist per Doué, appartengono a questa bellezza sovrannaturale.
37) Franz Kafka, in memoriam, scrittore, Repubblica Ceca. Perché, in una nuova edizione dei Racconti da poco pubblicata da Einaudi, c’è un suo brevissimo quanto delizioso scritto giovanile sull’indesiderabilità della vittoria sportiva, contenente la seguente frase: “Niente, se ci si pensa bene, può indurre a voler essere il primo in una gara”. Balsamo per i patimenti calcistici nerazzurri e granata degli autori di questa classifica.
38) Simone Porcelli, ricercatore, Italia. Per lo studio sulle capacità muscolari di Emma Mazzenga, sigillo scientifico alla grandezza sportiva della longeva velocista padovana.
39) Ole Kristian Berg, ricercatore, Norvegia. Per lo studio in cui ha provato a stimare il VO2max di Tadej Pogacar, sigillo scientifico alla grandezza sportiva del fuoriclasse sloveno.
40) Wout van Aert, ciclista, Belgio. Perché, data la celebre massima di Jürgen Klopp che la più emozionante delle ambizioni sportive non è essere il più forte, ma provare a battere il più forte, lui ci è riuscito lo scorso 27 luglio a Parigi nella tappa finale del Tour de France.
41) Lando Norris, pilota, Inghilterra. Perché anche a lui è riuscito di battere il più forte.
42-43) Will Joseph-Rob Marshall, ingegneri, Inghilterra. Perché se Norris con la McLaren è riuscito a battere il più forte è anche per merito del loro talento ingegneristico e organizzativo (e ovviamente di quello di Andrea Stella, che abbiamo già nominato lo scorso anno): la Formula 1 è uno sport di squadra.
44) Tang Jian, ingegnere, Cina. Perché è lui, chief technology officer del Beijng Innovation Center of Humanoid Robotics, l’allenatore di Tiangong Ultra.
45-46-47) Tairan He-Jiawei Gao-Wenli Xiao, ingegneri, Cina. Perché sono i primi tre firmatari, assieme a molti altri giovanissimi ingegneri quasi tutti cinesi, ma tutti al momento di stanza negli Stati Uniti, di un paper in cui si spiega come alcuni robot umanoidi siano stati addestrati con i movimenti più iconici di Kobe, LeBron e CR7 per migliorarne la fluidità, progetto finanziato dalla Carnegie Mellon e da NVIDIA.
48) Rocco Papaleo, attore, Italia. Per aver confessato che la botta di adrenalina più grande della sua vita non è stata condurre Sanremo o vincere il David di Donatello, bensì la doppietta realizzata al Senise nel giorno del suo debutto in prima squadra con il Lauria.
49) Vassily Ivanchuk, scacchista, Ucraina. Per essere scoppiato a piangere nel momento della sconfitta dopo aver perso una partita a tempo contro lo statunitense Daniel Naroditsky, durante un torneo mondiale Blitz, mostrando l’emotività sommersa della disciplina più razionale che esista.
50) Vaibav Suryavanshi, cricketer, India. Perché qualche giorno fa il 14enne nuovo prodigio del cricket mondiale, pagato a peso d’oro dai Rajasthan Royals, Indian Premier League, ha segnato un incredibile 171 con 95 palle, includendo 14 sixes. Noi italiani non sappiamo cosa significhi, ma dovremmo ricordarci che il cricket è seguito da circa 2,5 miliardi di persone nel mondo.
51-52) Joe Burns-Harry Manenti, cricketer, Italia. Perché magari ci aiuteranno loro ad aprire gli orizzonti della nostra conoscenza sportiva, dopo aver guidato, rispettivamente da capitano e da Mvp, una delle più grandi imprese del 2025 dello sport azzurro: la qualificazione della Nazionale italiana di cricket ai Mondiali nel T20.
53) Antonio Conte, capitano di ventura, Italia. Perché sa come vincere anche se a gennaio gli vendi il migliore senza sostituirlo adeguatamente, che finché sta con te ti dà tutto, sapendo che non starà sempre con te e che dall’istante in cui ti lascerà si farà quasi sicuramente odiare: se Del Piero era Pinturicchio, lui è Giovanni delle Bande Nere.
54) Cristian Vollaro, in memoriam, musicista di strada, Italia. Per la struggente poesia d’amore “Primo agosto pioveva” divenuta colonna sonora del quarto scudetto del Napoli.
55) Scott McTominay, calciatore, Scozia. Perché, visto che la sua forza calcistica l’hanno già celebrata tutti, vogliamo porre l’attenzione sulla magica espressione della lingua napoletana che più gli viene associata dai tifosi: il comm’si frisc che celebra la bellezza e il turgore del corpo mistico degli eroi vittoriosi.
56) Mario Sorrentino, chef a domicilio, Italia. Per i video caricati su TikTok dei piatti preparati quotidianamente a McTominay, coloratissimi e vero manifesto del patrimonio Unesco riconosciuto alla cucina italiana, con i tifosi a incitarlo come un protagonista di campo.
57-60) Lindsey Vonn sciatrice, Usa, Le Bron James, cestista, Usa, Cristiano Ronaldo, calciatore, Portogallo, Lewis Hamilton, pilota, Inghilterra. Perché sono tutti over 40: una torna in pista con un ginocchio bionico dopo quasi sei anni di inattività e torna pure a vincere, l’altro è ancora in piena attività dopo 50.000 punti nella Nba e 23 stagioni, il terzo giocherà il sesto Mondiale e l’ultimo è approdato in Ferrari (e purtroppo questa è la meno fortunata di queste quattro storie). Comunque: “Fourty is the new twenty”.
61) Giotto Morandi, calciatore, Svizzera. Perché un calciatore che si chiama suppergiù come il titolo del principale libro del più importante storico dell’arte italiano del Novecento, Roberto Longhi, merita di finire nella nostra classifica.
62) Francisco Zamorano, neuroscienziato, Cile. Perché solo uno con un cognome così poteva guidare una ricerca neuroscientifica sull’attività cerebrale di alcuni tifosi di calcio dopo vittorie e sconfitte.
63) Vicente Guaita, portiere, Spagna. Perché, dopo aver inserito nel 2019 Armando, il Messi dei piccioni viaggiatori, non possiamo non mettere il nuovo portiere del Parma, co-proprietario di un team spagnolo che fa gare di piccioni viaggiatori.
64) Paul Pogba, calciatore, Francia. Perché nel 2025, oltre a essere tornato in campo dopo la lunga squalifica per doping, ha investito in un team saudita di corse di cammelli, sport in classifica del 2023. Potevamo non metterlo?
65) Gian Paolo Ormezzano, in memoriam, giornalista, Italia. Perché fu uno dei pochissimi, durante i Mondiali del 1978 in Argentina, a denunciare Videla. E perché non esisteva un tifoso granata più granata di lui. Ciao GPO e “Viva noi, abbasso loro”.
66-67) Christian Toetzke-Moritz Früste, imprenditori, Germania. Perché hanno unito il mondo della corsa e delle maratone (da cui provenivano) a quello delle palestre, dando vita all’Hyrox, competizione indoor divenuta un successo planetario: un caso da studiare nelle business-school di tutto il mondo.
68) Hulk Hogan, in memoriam, wrestler, Stati Uniti. Perché è stato un’icona, e perché Trump aveva in mente di nominarlo a capo del President’s Council on Sports, Fitness and Nutrition.
69-70) Paul Hegseth-Robert Kennedy Jr, uomini politici, Stati Uniti. Per la sfida a colpi di piegamenti sulle braccia e trazioni inscenata al Pentagono lo scorso agosto, avente come scopo il cambiamento dello stile di vita americano troppo sedentario e troppo obeso, da promuoversi con la valorizzazione delle ginnastiche militari.
71) Bryan Johnson, biohacker, Usa. Perché questo 47enne miliardario americano, che prende 100 pillole al giorno, insegna a vivere per sempre e ringiovanire il pene. Un Dorian Gray digitalizzato, atleta dell’anti-invecchiamento e del priapismo.
72) Juan Bernabè, falconiere, Spagna. Perché Claudio Lotito forse non conosce la storia di Bryan Johnson.
73) Olimpia, aquila, Spagna. Perché la Lazio ha licenziato il suo rapace apotropaico a causa delle foto intime sui social del falconiere Juan Bernabè, ma noi siamo certi della sua innocenza!
74) Venki Ramakrishnan, biologo molecolare, India. Per il suo libro Perché moriamo, che ci ricorda l’importanza dello sport e dell’esercizio fisico per una vita longeva e in salute, ma anche la debolezza scientifica dei miti dell’immortalità e dell’eterna giovinezza oggi così in voga nella Silicon Valley.
75) Ebenezer Akinsanmiro, calciatore, Nigeria. Per aver onorato la maglia della Sampdoria, segnando e imitando le mosse della scimmia sotto la curva dei tifosi del Brescia e dei loro insulti razzisti.
76) Ragazza dell’Happy Basket Rimini #29, cestista, Italia. Per aver onorato la maglia della sua squadra, reagendo dopo essere stata vittima di razzismo da parte di una tifosa della squadra avversaria che le ha urlato “sei una scimmia”. Lei, espulsa dal campo, non è stata poi (giustamente) squalificata, la tifosa ha preso (giustamente) due anni di Daspo.
77) Mabel Bocchi, in memoriam, cestista, Italia. Perché se lo sport femminile americano ha avuto il Title IX, quello italiano ha avuto lei, campionessa sul parquet e pioniera delle battaglie per il riconoscimento di diritti e tutele delle atlete.
78-79) Cecilia Zandalasini-Sofia Cantore, cestista, Italia - calciatrice, Italia. Per la comunanza di destini sportivi e geografici, da protagoniste estive agli Europei in maglia azzurra e poi negli States, tra San Francisco e Washington.
80) Federica Brignone, sciatrice, Italia. Perché non sappiamo come andrà con il suo ginocchio, ma sfilare da portabandiera azzurra è il riconoscimento necessario per il suo tentativo che va quasi oltre l’umano.
81) Agnes Keleti, in memoriam, ginnasta, Ungheria/Israele. Perché ha vinto 10 medaglie olimpiche, è sopravvissuta all’Olocausto ed è morta a 103 anni lo scorso 2 gennaio. Il senso di una vita espresso in poche parole: “Ho gareggiato non perché mi piacesse, ma perché volevo vedere il mondo”, aveva detto in un’intervista nel 2016.
82) Rilès, cantante, Francia. Perché ha condotto una gara di 24 ore su tapis roulant, motivato dalla presenza di 3 enormi seghe rotanti alle sue spalle a Parigi per mettere in prospettiva la forza del corpo e della mente, ma anche “la sottile linea tra perseveranza e ossessione”.
83) Sébastian Migne, commissario tecnico, Francia. Per aver qualificato Haiti, la cosa più simile all’inferno che ci sia oggi sul pianeta, al Mondiale di calcio, allenando in smart working.
84) Segundo Castillo, allenatore, Ecuador. Per essere andato in panchina con il suo Barcelona SC contro il Corinthians, indossando un elegantissimo smoking. Come è finita la partita? Vittoria senza storia, 3-0 per i brasiliani. Perso, ma con eleganza.
85-87) Mathieu van der Poel-Filippo Ganna-Tadej Pogacar, ciclisti, Belgio, Italia, Slovenia. Per aver portato in scena alla Milano-Sanremo un duello epico e indimenticabile. Esattamente il giorno dopo la morte di George Foreman: “The rumble in the Poggio”.
88) George Foreman, in memoriam, pugile, Stati Uniti. Perché la natura meravigliosa ma crudele dello sport fa sì che una carriera straordinaria fatta del 94 per cento di vittorie verrà ricordata dai posteri per una sconfitta, anche se leggendaria: “The rumble in the jungle”.
89) Alessandro Nizegorodcew, giornalista, Italia. Per aver realizzato, con sagacia premonitoria del dominio italiano del tennis mondiale, il video divenuto virale dello scambio di parole tra un giovanissimo Berrettini e un ancor più giovane Cobolli.
90) Nicola Zanca, sindaco, Italia. Perché gli esprimiamo tutta la nostra vicinanza negli sforzi per tenere in vita l’esperienza di Gaibledon, la piccola Wimbledon italiana nel Polesine, alle prese nel 2025 con forti difficoltà organizzative.
91) Marcella Bella, cantante, Italia. Perché Montagne verdi è diventato l’inno del Bayern Monaco. Serve altro?
92) Gianni Savoldi, maestro di sci, Italia. Perché nell’imminenza dei Giochi Olimpici invernali celebriamo il maestro di sci più longevo d’Italia, a 92 anni.
93) Emanuele Atturo, scrittore, Italia. Per l’imperdibile libro sui bomber di provincia.
94) Pol Vandromme, in memoriam, scrittore, Belgio. Per la sua elegia funebre sulla mattanza dell’Heysel, finalmente pubblicata in italiano.
95) Otello Lorentini, in memoriam, Italia. Perché nel quarantennale dell’Heysel è impossibile dimenticare la sua battaglia di giustizia per individuare i responsabili della strage in cui perse la vita il figlio Roberto.
96-97) Bill Hayes-George Vigarello, saggista, Stati Uniti - storico, Francia. Perché i loro libri dedicati alla storia del sudore e della fatica rappresentano una combinazione astrale che deve stare nelle biblioteche di ogni appassionato sportivo.
98) Marco Alfieri, giornalista, Italia. Perché ha scritto un libro documentato e prezioso sui modelli manageriali di Bologna, Imoco Conegliano e Aquila Trento, tre realtà di provincia che hanno attraversato il 2025 sportivo a suon di vittorie.
99) Monica Giorgi, ex tennista, Italia. Perché il suo Domani si va al mare racconta la sua vita senza sconti di tennista e filosofa anarchica che ha fatto dei propri principi etici e morali la chiave di volta della propria esistenza, a qualsiasi prezzo.
100) Bruno Pizzul, in memoriam, telecronista, Italia. Perché della voce della nostra gioventù quando era “tutto molto bello” ci piace ricordare soprattutto il garbo e la misura del racconto delle tragedie come l’Heysel o delle sconfitte come Napoli e Pasadena. È lì che si vede il fuoriclasse. Mandi, Bruno.
*101) Gianni Mura, in memoriam, giornalista, Italia. Perché questa classifica è l’infedele continuazione di una sua grande idea.
Mauro Berruto e Moris Gasparri