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in campo
No Boxing day, stadi chiusi, diete natalizie, ma almeno niente gite a Perth
Era da agosto che il Regno Unito sapeva che avrebbe vissuto un Santo Stefano senza calcio per eccesso di partite stagionali, ma quando Santo Stefano è arrivato l'astinenza da stadio in Inghilterra si è sentita. Eppure sarebbe meglio meno calcio, ma meglio
Lo si sapeva da mesi che nel Regno Unito, il giorno di Santo Stefano, non ci sarebbe stato il tradizionale appuntamento pomeridiano del Boxing day con le partite della Premier League. E non ci sarebbe stato perché quest’anno il 26 dicembre cadeva di venerdì, a giugno inizia il Mondiale e dalla scorsa stagione ci sono due partite in più nel girone unico di Champions League: insomma si giocano un sacco di partite e le settimane in un anno sono sempre le stesse.
Anche se i tifosi inglesi lo sapevano da mesi, quando il 26 dicembre è arrivato davvero molti si sono resi conto che un Boxing day senza calcio, o meglio con solo un Manchester United-Newcastle – per di più alle 21 –, non era bello e appassionante come tutti gli altri Boxing day, ma diventava solo un giorno come tanti, anzi un po’ più triste perché passato a digerire cibi e bagordi natalizi, senza una festa da attendere e nemmeno uno stadio dove andare, una televisione da accendere a un’ora stabilita con una birra e qualche amico (o familiare) come alleato, le gioie e le incazzature che solo lo sport sa concedere a chi considera lo sport, almeno quello da vedere, qualcosa di irrinunciabile. Certe cose le si possono anche conoscere – e pure con parecchio anticipo – ma quando accadono rimane un sottile e mesto senso di amarezza.
Prendete per esempio i giocatori del Manchester City. Tutti sanno benissimo che Pep Guardiola è un tipo preciso al limite dell’ossessivo, che giocando nelle sue squadre si dovrà, in un modo o nell’altro, scontrarsi con le sue stranezze e bizzarrie e che, soprattutto, non si potrà sgarrare di una virgola dal suo pensiero totalitario. Eppure le sue star strapagate hanno appreso con amarezza e stupore che per loro questo Natale non sarebbe stato un giorno completamente di festa. Giorno libero sì, ma senza free drink e pasto libero. Al ritorno agli allenamenti Guardiola li avrebbe attesi davanti alla bilancia: chi sgarrava nel peso avrebbe preso la via della panchina o della tribuna. Il calcio in fondo è business, attorno a lui girano un sacco di quattrini e serve essere sempre impeccabili. E disponibili a fare qualsiasi cosa per esso.
Per ora va così, per ora ha funzionato a meraviglia e anche il pubblico pagante si era adeguato. Fifa, Uefa con i conti correnti pieni di euro e dollari, grandi squadre che piangono miseria – i ricchi piangono sempre miseria, altrimenti non sarebbero ricchi – ma che non si limitano nelle spese e incassano dagli sponsor assegni con sempre più zeri. E pure ai tifosi non è che vada male, visto che sono rare le settimane con solo i fine settimana impegnati dalle partite da vedere. Certo può capitare di correre il rischio di avere un seggiolino pagato allo stadio e dover rinunciare a vedere la partita perché si gioca a Perth, ossia dall’altra parte del mondo, perché facendo i calendari chi doveva far caso alla data della cerimonia d’apertura delle Olimpiadi invernali di Milano, al Meazza, non ha fatto caso alla data ha sbagliato i conti.
Poi però arriva il 26 dicembre e si è a casa perché è festa e c’è un intero pomeriggio libero con in tivù al massimo le freccette, la Coppa d’Africa e l’anticipo dell’anticipo della prima divisione belga oppure qualche film natalizio dalla fotografia pessima e dai dialoghi più scontati di una partita degli ottavi di Coppa Italia. Ed è in quel momento che viene da chiedersi se non aveva ragione quel ragazzino che alla BBC aveva detto che “se noi giovani preferiamo gli highlights alle partite è perché altrimenti non ci staremmo dietro a vedere tutto il calcio che c’è. Insomma, sa com’è, avremmo anche una vita”. Meglio meno ma meglio, insomma.
guanti sporchi #16