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il foglio sportivo
Di Canio esalta il calcio della Premier, ma si diverte a leggere le carte della povera Serie A
Sotto l’eleganza della giacca scozzese, batte il cuore di un giocatore che non ha in fondo mai smesso di essere tale. È nel trasporto, nella precisione dei riferimenti e dei dettagli, che Paolo Di Canio racconta quanto sia rimasto fedele a se stesso. È in arrivo su Sky il Di Canio Premier Special
Aston Villa e Crystal Palace come Como e Bologna nelle parti nobili di classifica: Di Canio, dopo 245 partite in A e 190 in Inghilterra, vede una Premier livellata verso l’alto o il calcio italiano che abbassa l’asticella? “La Premier livella verso l’alto. Non ha solo potenziale economico, ma un’idea costruita negli anni. È il campionato più venduto al mondo e anche le piccole possono investire in talenti, senza pensare solo a non retrocedere. Si dice che il Milan guardi a Fullkrug per il proprio attacco. Ripeto, il Milan. Fullkrug in Premier gioca nel West Ham, terzultimo, e il suo apporto non è pervenuto. A San Siro la Norvegia ha vinto 1-4 con gol di Strand Larsen, riserva solo perché ci sono Haaland e Sorloth: in Italia giocherebbe al Milan o alla Juve, in Premier è nel Wolverhampton, ultimo con 2 punti”.
Restiamo sul Milan: il merito di ritrovarsi lassù è più di Allegri o Tare? “Allegri ha l’esperienza dell’ambiente e la capacità di rendere i giocatori partecipi del progetto. Con Tare ci sono le caratteristiche della comunicazione giusta ed è importante che ci siano menti calcistiche in grado di far lavorare al meglio tutto l’ambiente. A sorprendermi è un altro aspetto: se la Roma è con un solo gol a partita a 3 punti dall’Inter capolista, significa che c’è un’anomalia. In questa prima parte di stagione sono sempre stati decisivi i portieri, Svilar e Maignan su tutti. Poi, chiaro, la Roma ha un mago come Gasperini, ma resta il fatto che dopo 15 giornate una squadra come la Roma è lì a giocarsela, pur avendo segnato solo 16 gol”. Nella Roma laziale c’è invece un Sarri che ha appena battuto a Parma un allenatore di 36 anni più giovane: in A l’esperienza batte l’innovazione? “Cuesta è stato mandato allo sbaraglio. Capisco gli algoritmi e scelte coraggiose, come ha fatto l’Arsenal con Arteta o il Chelsea con Maresca, che però il suo praticantato l’ha fatto sia a Parma che in Premier, vincendo anche una Championship con il Leicester. Quanto a Sarri, dico che va benissimo quando ci sono idee dove mancano i denari. Però, sai cosa?” Prego… “Si diceva di livellamento verso il basso e io dico che siamo tornati indietro, rispetto a quando si diceva di doverci ispirare alla Premier per giocare all’attacco, per offendere e per vendere il marchio. Noi invece cosa facciamo? Sottolineiamo, a livello mediatico, la fase difensiva della Roma o della Lazio di Sarri. Ecco: siamo tornati indietro nell’atteggiamento mentale. Facciamo pace con il cervello e mettiamoci d’accordo una volta per tutte, pensando a cosa ci sarebbe bisogno per arrivare ai livelli della Premier o della Bundesliga: siamo quarti al mondo per introiti esteri, dietro anche alla Liga. E la Francia non è lontana”.
Nel gioco propositivo, quanto impatterà sull’Inter l’assenza di Dumfries? “È diventato determinante con quei suoi up and down, sia in fase di non possesso che sui calci piazzati. Ha risolto problemi ed è meno arruffone di un tempo, è migliorato anche sulle palle tagliate. L’Inter sta cercando di porre rimedio, ma abbiamo visto nel derby che Carlos arrivava a destra, poi rientrava sul sinistro e perdeva tempo. Luis Henrique si sta adattando bene e Diouf ha avuto un buon impatto, bisogna vederlo con continuità per metterlo in condizione di dare il proprio apporto”. In scia c’è il Napoli: ha fatto bene Conte ad arrivare quasi alla rottura, con quella settimana di stacco? “Vedendo i primi risultati che ha poi ottenuto, si direbbe di sì, anche se poi con Udinese e Benfica non ha fatto bene. Ha tanti sodali là nello spogliatoio che hanno accettato molte cose. E lui ha avuto il polso della situazione: credo che abbia tentato il tutto per tutto. ‘O il gruppo mi richiama e quando torno vedo tutti settati o mi fanno capire che non mi seguono più’, questo deve avere pensato. Qualcosa è filtrato, se è vero che Lobotka ha detto che certi ritmi non riescono più a sopportarli. Ma quest’anno è più difficile dell’anno scorso, nonostante il gruppo si conosca di più e siano arrivati altri giocatori”.
Stupito di come Napoli ha accolto Spalletti o questo è il calcio? Passione, al di là di tutto? “Il calcio è campanilismo e rivalità. Anche in persone per bene e che stimo, quando si parla di calcio si impazzisce. Ma nel linguaggio ci sono parole che dovrebbero essere misurate, soprattutto nelle persone di cultura e civiltà, che non dovrebbero scegliere certi termini con leggerezza. Vedere striscioni di odio come quelli visti fuori dal campo, proprio no: ‘Uomini infami, destini infami’ è di gravità incredibile. Anche perché Spalletti dopo essersene andato da Napoli è andato in Nazionale, non direttamente alla Juve. Non sarebbe stato comunque un tradimento, si è tatuato lo scudetto sulla pelle, lui che non è napoletano. Ha solo colto un’occasione importante e non si può arrivare a quelle parole, anche quando legittimamente speri che non sposi la causa dei tuoi rivali”.