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il foglio sportivo

Il gran ritorno di Spalletti a Napoli

Marco Gaetani

L'allenatore della Juventus affronta per la prima volta Antonio Conte in Serie A in una partita piena di intrecci

Chissà se al momento della firma, con la stilografica in mano, Luciano Spalletti ha buttato un occhio sul calendario della Juventus. Potrebbe aver pensato a cosa voleva dire ritrovarsi lì, in quella Napoli che lo ha amato e già parzialmente ripudiato, avendo alle spalle poco più di un mese di lavoro. Per la prima volta dal suo arrivo in bianconero, l’ex commissario tecnico rischia seriamente di scottarsi, più di quanto abbia fatto in un derby scialbo finito 0-0 tra i borbottii e i mugugni dello Stadium.

Spalletti che torna a Napoli è una storia di amore e incomprensioni, applausi e fischi, ed è altamente probabile che nella bilancia delle reazioni saranno più i secondi dei primi. L’uomo che ha riportato lo scudetto all’ombra del Vesuvio dopo 33 anni dall’ultima volta non ha impiegato granché nel farsi odiare dalla piazza, sfilandosi dall’incarico apparentemente sfibrato salvo poi accasarsi in Federcalcio a distanza di un paio di mesi, mentre tutto, a Napoli, veniva giù, in un’annata così tanto sbagliata da sembrare il prodotto della mente di uno sceneggiatore sadico. Ma gli azzurri hanno trovato qualcuno in grado di rimettere insieme i pezzi e aggiungerne altri, fino al secondo scudetto in tre anni; Spalletti, invece, smarrito in una realtà che non ha saputo leggere, ha vagato invano alla ricerca di soluzioni che non ha trovato. 

 

                              

 

Ma Spalletti che torna a Napoli vuol dire anche un inedito assoluto, e cioè il faccia a faccia con Antonio Conte, mai affrontato in Serie A in una carriera da allenatore  iniziata quando c’era ancora la lira, il Pallone d’Oro in carica era Hristo Stoichkov e l’Italia era convinta che l’esperienza politica di Silvio Berlusconi fosse già finita dopo la caduta del suo primo governo. Due ex commissari tecnici a confronto, nonché due allenatori che hanno vinto lo scudetto alla guida dell’altra squadra, un’altra rarità. E c’è una ragione in più a infiammare il big match del Maradona, perché Spalletti incassò malissimo – eufemismo – la scelta dell’Inter di sostituirlo proprio con Conte nell’estate del 2019, dopo due piazzamenti Champions centrati. Pensava di aver gettato le basi per l’assalto allo scudetto, poi ultimato proprio con il tecnico leccese, e anche per questo ingaggiò un braccio di ferro interminabile al momento della proposta del Milan: non era disposto a fare sconti sul contratto, Spalletti, e questo gli costò la panchina rossonera, dando il via all’inizio dell’era Pioli dopo l’esonero di Giampaolo.

Sarà dunque una notte di potenziali rivincite, da una parte e dall’altra. Conte è sopravvissuto a quella che sembrava un’autocombustione ormai pressoché certa: si è allontanato dal gruppo per respirare e far respirare, è tornato più carico che mai, alla guida di una squadra che si è riscoperta improvvisamente ridotta ai minimi termini, per via dei tanti infortuni, ma anche compattissima. L’ha reinventata sotto il profilo tattico; è tornato all’amata difesa a 3; ha dato fiducia a due che parevano ai margini, Lang e Neres; ha ridotto giocoforza le scorribande di McTominay per riportarlo a una veste più antica e gli chiederà gli straordinari in attesa del ritorno di Anguissa, De Bruyne e Gilmour; ha rilanciato un Beukema finito ai margini dopo la sciagurata notte di Eindhoven; ne è uscito un Napoli diverso, affamato, capace di riagguantare la vetta di una classifica ancora cortissima. 

Così corta che anche la sgangherata Juventus di questo primo terzo di stagione può vantare speranze di ritorno in carreggiata: Spalletti, in passato, ha già dimostrato di saper risalire la corrente. E questa Juve che si trova, pur tra mille problemi, a -5 dalla vetta, sta per affrontare il filotto di partite che ci darà risposte sulla sua stagione. Dopo il Napoli ci sarà il Bologna al Dall’Ara, intervallato dal Pafos in Champions League, quindi la Roma allo Stadium. Un trittico chiave, che potrebbe estromettere definitivamente i bianconeri non solo dai discorsi scudetto, ma anche complicarne tremendamente le ambizioni di un piazzamento tra le prime quattro. D’altro canto, qualora la Juve dovesse uscirne alla grande, rilancerebbe in grande stile la sua stagione, sempre più poggiata sulle spalle di Kenan Yildiz dopo l’infortunio che ha messo ko Dusan Vlahovic e potrebbe, paradossalmente, aver risolto uno dei grandi equivoci dell’annata juventina. Senza l’elefante nella stanza, Spalletti riduce il ballottaggio al dualismo David-Openda, gestibile anche utilizzando la doppia competizione. Servono progressi sotto il profilo del gioco che fino a questo momento sono stati timidi, ma il tempo per lavorare davvero è stato pochissimo. 

Ma il campionato, nemmeno questo campionato ancora indecifrabile, non aspetta nessuno così a lungo. L’ora della Juve per dare una risposta definitiva sulle sue sorti è questa, il Napoli spera che questa risposta non piaccia a Luciano Spalletti da Certaldo, l’uomo che nonostante uno scudetto azzurro tatuato su un braccio rischia di entrare in quello che era stato il suo stadio e sentire una pioggia di fischi. Perché nel calcio non esiste ieri, non esiste domani. Conta soltanto l’oggi
 

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