I giocatori del Como festeggiano l'1-0 contro il Sassuolo (foto LaPresse)

chiave di A - come suona il campionato

La terza via di Fabregas prova a scompigliare l'equilibrio delle nuove sette sorelle della Serie A

Enrico Veronese

Milan e Napoli in testa alla classifica, Inter, Roma, Bologna, Como e Juventus in cinque punti a inseguire. Ma i giallorossi, contro la squadra di Conte, hanno steccato la terza prova di maturità

Quando il calcio degli anni Venti passerà alla storia, l’esegesi del futuro verterà attorno alla consolidata dicotomia tra giocare bene e vincere, tra costruzione dal basso (quasi un sinonimo, nelle intenzioni) e difesa serrata, integralismo e adattamento. Cercare una terza via è quasi una bestemmia, e considerato pericoloso: se si dimostra che i risultati passano da un gioco convincente, dominante, in grado di coinvolgere tutta la squadra, allora i “risultatisti” non hanno più alibi.

È quello che spera di fare Cesc Fàbregas, eresiarca in servizio su quel ramo del lago di Como, che al modo del Manzoni prova a verificare la praticabilità di un modello quasi inedito agli alti livelli: singoli giocatori forti ma forse non così forti, tanto denaro a disposizione ma speso scientemente scovando l’elemento opportuno - ah quanti miliardari sono naufragati per incompetenza - e quindi le ali dell’entusiasmo, la vitalità di una piazza che ha il diritto di sognare ma il dovere di rimanere coi piedi per terra, l’undicesimo risultato utile consecutivo.

Quante persone oggi se la sentono di scommettere che i lariani non andranno in Europa a fine anno? I Duran Duran all’apice cantavano “A smile that you can’t disguise / every minute I keep finding clues that you leave behind / Save me from these reminders”: ecco, i reminders sono tutte le volte in cui negli ultimi tempi è stato evocato lo scudetto per l’Atalanta di Gian Piero Gasperini, il Bologna di Vincenzo Italiano, come prima si faceva per il Parma di Nevio Scala dopo l’ultimo exploit doriano del 1991.

   

  

La costruzione di un amore si fa più vicina al vero, e a Como sanno che questo nuovo lunedì certo brilla per loro: ma conoscerà inevitabilmente il suo lato oscuro, quando lo vorrà il mercato (non quello dei calciatori) o se non si faranno bastare qualche gita nei tornei continentali.

   

   

Questioni che altrove sono derubricate da decenni a gestione quotidiana: vincere è la sola cosa che conta, ricorda Kenan Yildiz risolvendo sia le magagne di Champions League sia la rimonta contro il Cagliari. “Something like a phenomenon”, facile mutuare la hit di LL Cool J, mentre il garbuglio in vetta è tale da promettere di tutto.

   

   

Le nuove sette sorelle - con Bologna e Como in luogo, per ora, di Atalanta e Lazio - hanno staccato il resto della compagnia, Lautaro Martínez scava anche un piccolo break tra le aspiranti a coppe più o meno pregiate: eppure proprio le differenti maniere per affermarsi conciliano l’attitudine al pronostico, che secondo Gianni Brera sbaglia solo chi non fa.

 

E quindi, serenamente, una Roma che perde contro Inter, Milan e Napoli (per un grave vuoto difensivo) non può allo stato attuale rivendicare la maturità del filo dorato per cucirsi un pezzo di scudetto: si può piallare ogni ostacolo di dimensioni non proibitive, ma senza venire a capo delle presunte pari grado il destino è indirizzato. “Ho sempre avuto un sacco di sogni ambiziosi”, cantava Niccolò Contessa dei Cani in “Lexotan”, per poi “realizzare di non stare meglio per niente”: tra uno sbrocco e l’altro, il Gasp cercherà di far ricordare al famoso Ambiente Romano che nonostante tutto c’è una -pur inadeguata- felicità, di aver riportato il club almeno a giocarsela e a migliorarsi.

 

   

Stessi presupposti, ma probabile esito divergente per Massimiliano Allegri, che continua seguendo lo spartito delineato già la scorsa settimana: vittorie minime ma convincenti, Mike Maignan ai suoi livelli iniziali, ermetismo difensivo sigillato dalla forma di Fikayo Tomori, Matteo Gabbia e Strahinja Pavlović, centrocampo di qualità superiore (con Mattéo Guendouzi a schermare Luka Modrić, sale in cattedra il professor Adrien Rabiot), fasce che funzionano a meraviglia. Se Christian Pulisic e Rafael Leão non dovessero accusare altri stop, il futuro sorriderà ai rossoneri. Ma se Antonio Conte riuscirà ancora a vincere partite importanti in contropiede, il duello sarà servito.

Chiusura inevitabile, come le quote popolari in voga un tempo al Totocalcio, per le ennesime insensatezze arbitrali: ormai le giacchette, quando vengono convocate al Var, sperano di dover sanzionare una situazione di fuorigioco per non dover dirimere riguardo episodi scabrosi (quanto accaduto in Milan-Lazio è in tal senso paradigmatico). “Welcome my son, welcome to the machine / What did you dream? We told you what to dream, you dreamed a big star”, attingendo ai monolitici Pink Floyd. Ecco, la speranza è che l’esito della Serie A non sia appeso alle macchine.

   

    


   

Quello che avete letto è Chiave di A - come suona il campionato, l'appuntamento del lunedì con Enrico Veronese e la sua recensione musicale della Serie A

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