L'attaccante del Napoli David Neres (foto LaPresse)

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David Neres ha finalmente capito il vento di Napoli

Giovanni Battistuzzi

L'attaccante brasiliano si è messo, forse per la prima volta, davvero in connessione con i compagni. Ha trovato, dietro al corpo immenso di Rasmus Højlund, un altro essere alieno al calcio come lui, quel Noa Lang che farebbe volentieri il cantante invece di giocare a pallone

Quegli occhi con la palpebra calante così simili a quelli dei sognatori sembrano, spesso, vagare lontano, in un altrove onirico, fatto di altri paesaggi, altri suoni, altre abitudini. Sono occhi che cercano una felicità che non sembrano trovare, che contagiano il sorriso trasformandolo in broncio. Che si esprimono in movimenti sempre veloci e, quasi sempre, sfuggenti, anch'essi alla ricerca di qualcosa che sembra non raggiungibile.

David Neres spesso vaga lontano, in preda a venti e onde che quasi tutti (tutti?) non riescono a vedere, che nemmeno il suo allenatore, Antonio Conte, riesce a percepire. È un tipo strano il brasiliano, capace di scrivere poesie calcistiche con i piedi, ma un verso alla volta, con una calma quasi snervante, dedicandole al mare che ha davanti senza mai riuscire a raggiungerlo, quasi con la paura di mettercisi a sedere davanti e guardarlo. Figurarsi di salire su di un'imbarcazione per accarezzarlo. Per quasi un anno l'ha provato ad avvicinare senza riuscirci, trovando solo nel "freddo" dello scorso inverno napoletano il modo per guardarlo senza timore, seguendo così una direzione in qualche modo simile a quella di tutti gli altri suoi compagni.

Le onde non portano però mai al largo, conducono sempre a riva, qualunque essa sia. È il vento che frega. David Neres ha però trovato quello buono. E poco male se non è riuscito a trasformare in sorriso quel broncio di perenne insoddisfazione, quanto meno è riuscito a soffiare nella stessa direzione dei compagni.

David Neres si è trasformato da parvenza in presenza in questo Napoli, consapevole che ogni tanto serve riconnettersi al mondo, lasciare andare i sogni e riaffacciarsi con la realtà, non per cercare di migliorarla o cambiarla, solamente per dare nuovo carburante alla macchina dei sogni. David Neres si è messo, forse per la prima volta, davvero in connessione con i compagni, ha trovato, dietro al corpo immenso di Rasmus Højlund, un altro essere alieno al calcio come lui, quel Noa Lang che farebbe volentieri il cantante invece di giocare a pallone, ma giocare a calcio gli viene sufficientemente bene da mettere in banca abbastanza soldi per garantirsi un futuro tranquillo per fare la musica che vuole senza assilli.

   

Nella trequarti senza patria del Napoli, il brasiliano ha trovato dimora e dimensione, si è avvicinato alla porta e ha iniziato a gonfiare la rete. Soprattutto ha trovato un senso al suo vagare senza senso almeno apparente. Ma non è colpa sua, è colpa del campo che spesso non capisce i sognatori.

  

Il gol di David Neres alla Roma (foto LaPresse)

   


 

Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. Qui potete leggere tutti gli altri ritratti.

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