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Un altro spareggio con l'ansia di non farcela per la Nazionale

Michele Tossani

Travolta dalla Norvegia e costretta ai playoff per la terza volta, l'Italia di Gattuso affronta il futuro tra limiti tecnici, modulo da ripensare e un ambiente sempre più distante

Anche se Gennaro Gattuso può aver ragione a protestare per il numero limitato di posti (16) riservati all’Europa nel nuovo format del Mondiale a quarantotto squadre, in questo momento è più utile concentrarci sul fatto che l’Italia, per la terza volta consecutiva, sarà costretta a passare dalle forche caudine dei playoff per evitare di restare a casa per la terza Coppa del mondo di fila.

 

La partita con la Norvegia ci ha detto che andare in Nordamerica la prossima estate non sarà facile. Dopo aver disputato un primo tempo al piccolo trotto (forti dell’enorme vantaggio che avevano in termini di differenza reti) gli scandinavi nel secondo tempo hanno travolto gli Azzurri, confermando di esserci in questo momento superiori (1-7 il computo totale a favore dei norvegesi fra andata e ritorno), con buona pace di chi sosteneva che ritrovarsi Haaland e compagni nel girone avrebbe significato fare una passeggiata, basando le proprie convinzioni sull’inutile ranking Fifa (che vede l’Italia al settimo posto e la Norvegia al ventinovesimo).

 

Con i playoff in programma a marzo, Gattuso avrà ora il difficile compito di rialzare il morale della truppa e riorganizzare la squadra. Prima di tutto, bisognerà affrontare gli spareggi senza la sicumera che ci contraddistinse nel 2017 (quando fummo eliminati dalla Svezia), ma anche senza la paura dello psicodramma che ci accompagnò nel 2022 (anno in cui non riuscimmo ad arrivare nemmeno all’ultimo atto degli spareggi, eliminati in semifinale dalla Macedonia del Nord).  
In secondo luogo, il ct dovrà forse ripensare al modo in cui mandare in campo la squadra, accantonando quel 5-3-2 che ormai, in Italia, è ormai assurto a vero e proprio dogma, invocato a più riprese ogni volta che le cose si mettono male e, per certi versi, ritenuto come l’unico modulo adatto al parco giocatori attualmente disponibile per la Nazionale. Un parco in verità nemmeno di altissimo livello.

 

A ciò si aggiunga una ulteriore considerazione, che riguarda l’ambiente in cui si muove Gattuso.

 

In Italia la Nazionale è mal sopportata. Dalle squadre in primis, che si vedono privare dei loro elementi migliori correndo il rischio che si infortunino. Ma anche dalla gran parte dei tifosi, che vedono nelle soste internazionali una fastidiosa interruzione del sacro rituale del campionato. Certo, la situazione disastrata nella quale versa da tempo la squadra quattro volte campione del mondo non dipende dagli umori dei dirigenti dei club o dei tifosi, essendo invece lo specchio fedele di un calcio italiano che ha mille aspetti da dover correggere. Il problema è che anche la malaugurata ipotesi di mancare la partecipazione alla terza rassegna iridata consecutiva non servirà a provocare una rivoluzione nel sistema calcio. Chi ha provato a farlo nel passato recente (si pensi ad esempio a Roberto Baggio e al piano di ristrutturazione da novecento pagine intitolato Nuove attività del Settore Tecnico di Coverciano, presentato nel 2010) è stato già prontamente respinto.

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