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Il ritratto

L'incredibile imperturbabilità di Nikola Jokic

Alessandro Villari

Contro i Los Angeles Clippers, il centro serbo avrebbe potuto infrangere un altro record. Bastava fornire quattro assist in più ai suoi compagni e il gioco era fatto. Ma ha deciso che quanto aveva fatto fosse abbastanza

Qualunque altro giocatore avrebbe desiderato restare in campo qualche altro minuto. Il tempo necessario per infrangere un altro record. Qualunque altro giocatore sarebbe stato interessato a mettere in bacheca un altro primato, far aggiornare le statistiche e ritagliarsi un posto in un'altra classifica del campionato americano di pallacanestro, la Nba. Tutti, tranne uno. Nella partita giocata stanotte, i Denver Nuggets hanno vinto contro i Los Angeles Clippers per 130 a 116. Ma Nikola Jokic scendeva dopo aver concluso le ultime cinque gare con una tripla doppia di media, vale a dire che è andato in doppia cifra per punti segnati, assist messi a referto e rimbalzi presi. L'unico altro giocatore di basket capace di fare una cosa simile, segnando oltre trenta punti con il 70 per cento al tiro, è stato Wilt Chamberlain. Se Jokic avesse replicato la stessa performance anche nella partita successiva avrebbe superato il giocatore capace di segnare cento punti in una sola partita. Contro i Clippers ha messo a referto 55 punti, 12 rimbalzi e 6 assist. Bastava fornire quattro assist in più ai suoi compagni e il gioco era fatto.

  

Ma Jokic ha deciso che, dopo 34 minuti, il suo lavoro fosse finito e si è andato a sedere in panchina. Niente più record personale, ma lui è così. Un uomo nato in Serbia trent'anni fa, di 2,11 metri e di circa 130 chili a cui interessa solamente giocare a pallacanestro, senza curarsi delle statistiche. A cui interessa solamente stare in campo, senza andare in palestra. In questo inizio di stagione, è primo in Nba per assist di media a partita, è primo per plus/minus (il parziale di Denver con lui in campo è di +140 punti), è secondo per rimbalzi in media a partita e sta tirando con il 79 per cento da due punti, la sua percentuale più alta in carriera. Senza dimenticare che nelle scorse stagioni è stato tre volte Mvp della regular season, una volta Mvp delle Finals e alle Olimpiadi ha vinto un argento a Rio nel 2016 e un bronzo a Parigi nel 2024.

   

L'unico altro giocatore con cui al momento si può fare un confronto per rendimento è il greco Giannīs Antetokounmpo che contro Washington Wizards, Toronto Raptors, Cleveland Cavaliers e New York Knicks ha messo a segno 135 punti, fornito 56 assist e preso 28 rimbalzi. Però per diventare un giocatore da Mvp delle Finals, l'ala dei Milwaukee Bucks, per quanto fosse talentuoso, ha dovuto portare allo stremo il suo corpo sottoponendosi ad allenamenti infiniti in palestra prima e dopo il lavoro sul campo che lo hanno portato a diventare uno dei migliori giocatori dell'Nba dell'ultimo decennio. Invece il discorso per Jokic è completamente diverso: per lui si tratta di talento puro. Scende in campo con un'aurea di atarassia impossibile da scalfire anche se passa tutto il tempo a spintonarsi con gli avversari. Jokic di professione fa il centro, e il centro è sempre il giocatore che per diritto ereditario e dovere morale deve piazzarsi sotto canestro e fare a sportellate con il centro avversario per recuperare la palla dopo un tiro. Quando le telecamere inquadrano Jokic a fine partita, le sue braccia sono piene di tagli sottopelle, retaggio dei 48 minuti passati a lottare per un rimbalzo.

  

Ma vedendolo giocare, sembra quasi che queste ferite non sfiorino la sua tranquillità. Dopo un contrasto, non fa nessuna polemica, si tocca il punto dolorante, controlla che sia tutto apposto e riprende a fare quello che ha sempre fatto: rivoluzionare la pallacanestro. E' stato lui a chiedersi per primo perché il centro dovesse stare solo fermo sotto canestro. E ha iniziato a far vedere che anche quelli alti possono tirare da tre con percentuali simili e, nel suo caso, migliori dei giocatori più bassi. Il ragazzino prodigio francese Victor Wembanyama ha solo replicato quello che ha visto fare al gigante serbo. Jokic è un giocatore anacronistico perché nel momento in cui, in tutti gli sport, la preparazione atletica diventa sempre più importante, lui resta sempre se stesso. E in mezzo ad atleti con capacità di corsa e di elevazione fuori dal normale, lui gioca con calma, si prende tutto il tempo necessario per pensare e agire. Perché sa che quella calma manderà in confusione giocatori abituati ad altre velocità e gli permetterà di segnare 55 punti in 34 minuti. Salvo poi sedersi in panchina, noncurante che il prossimo record è lì a un passo. Perché sa benissimo che i record sono fatti per essere infranti da altri. Quindi dopo aver aiutato la sua squadra a vincere, può benissimo guardar giocare i suoi compagni, con calma.

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