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Il foglio sportivo

Hübner sulla panchina dello Zeta Milano, dove tutto viene trasmesso sui social

Maurizio Zoja

Dopo più di dieci anni, l'ex capocannoniere di A, B e C torna ad allenare: "Ho accettato volentieri perché allenare i ragazzi è un po’ diverso, soprattutto non ci sono i procuratori. Ho trovato una ventina di giocatori di ottimo livello, tutti con un lavoro al di fuori del calcio”

"Voglio rivoluzionare il calcio italiano” si legge nella biografia del profilo Instagram di ZW JACKSON, al secolo Antonio Pellegrino, classe 1998, oltre un milione di iscritti al suo canale YouTube dedicato al calcio, tra challenge apparentemente improbabili, incontri con campioni come Ronaldinho e contenuti sponsorizzati. Lo scorso anno la squadra da lui fondata, la Zeta Milano, è salita dalla Terza alla Seconda categoria, campionato che quest’anno affronta con una rosa di giovani affiancata da un nazionale italiano di futsal come Massimo De Luca e, a fare da chioccia in campo, il quarantaseienne brasiliano Jeda, un passato in Serie A tra Vicenza, Cagliari, Lecce e Novara. Ciascuno dei giocatori gestisce liberamente i propri canali social, anche attraverso video che la squadra gli mette a disposizione grazie a professionisti che riprendono gli allenamenti ed eventuali altri contenuti a tema calcio, di cui il calciatori stessi sono protagonisti. Un approccio ben diverso da quello dei professionisti, che non sono del tutto liberi di realizzare contenuti sportivi per postarli sui propri social, anche perché nella maggior parte dei casi le loro immagini sono legate a quelle delle squadre in cui giocano. 

 

Curioso che ad allenare questa squadra sia stato chiamato un ex giocatore rappresentante di un calcio pane e salame ormai estinto, uno che sui suoi social posta pochissimo, spesso a proposito di passioni come il padel e i funghi. Non proprio roba da influencer, insomma. “Lo uso per comunicare con i miei amici”, dice Dario Hübner al Foglio Sportivo. “Certo non mi aspetto milioni e milioni di contatti, ma se faccio qualcosa di bello mi fa piacere che la vedano. Se vado a pesca o a fare un giro in moto non è che posso poi chiamare tutti, così metto una foto su Facebook”. 

 

Ma come ci è arrivato, l’ex capocannoniere di A, B e C, idolo dei tifosi di Cesena, Brescia e Piacenza, ad allenare i calciatori social? “Una volta ho fatto un commento su una delle loro pagine, non ricordo nemmeno a proposito di che cosa. Allora Cristian Brocchi, il direttore generale della squadra, mi ha richiamato ed eccomi qua”. Una normale interazione social, come quelle dei tifosi della Zeta che commentano i video dei giocatori o gli scrivono in chat. Erano più di dieci anni che Hübner non allenava, dai tempi del suo passaggio a Montichiari dopo l’esordio nel Royale Fiore, squadra piacentina del campionato di Eccellenza. “Ho accettato volentieri perché allenare i ragazzi è un po’ diverso, soprattutto non ci sono i procuratori. Ho trovato una ventina di giocatori di ottimo livello, tutti con un lavoro al di fuori del calcio”. A proposito di calcio dilettantistico e vita lavorativa, nel suo libro “Mi chiamavano Tatanka”, scritto alcuni anni fa con Tiziano Marino, Hübner ricorda che, quando agli inizi giocava in prima categoria, montava finestre e poi faceva due allenamenti alla settimana con altra gente che lavorava 9-10 ore al giorno. Al termine della giornata, l’allenatore non poteva certo dire a un imbianchino: “Adesso facciamo i balzi, i gradoni e poi forse giochiamo”.

 

E lui come si comporta con i suoi ragazzi? “Sempre due allenamenti. Il calcio è un po’ cambiato, ma le mie non sono certo sedute impegnative: non li spremo fisicamente, tecnicamente e tatticamente. Facciamo due allenamenti belli, dove i giocatori si divertono e credo migliorino quel poco che devono migliorare”. Un atteggiamento coerente con quello tenuto in campo da Hübner in tutta la sua carriera, anche in Serie A, compreso quando a Piacenza giocava con una maglia rossa numero 27, omaggio a Gilles Villeneuve, il suo idolo da ragazzino assieme a Freddie Mercury dei Queen. “Era il George Best della Formula 1. Coraggioso e tenace, combattivo e spettacolare, spingeva sempre a fondo il piede sull’acceleratore” scrive nel libro. I primi giorni Hübner è rimasto un po’ disorientato dalle telecamere in campo. “Siamo in seconda categoria, può sembrare esagerato. Bisogna fare i contenuti, le foto… ma adesso anche per me è diventato naturale. Con due allenamenti e una partita a settimana non è una cosa stressante”. E quali sono gli spunti che può dare a una squadra come questa un allenatore che viene dal calcio professionistico e da un’epoca molto diversa? “Mi piacerebbe lasciare a ognuno di loro qualcosa qualcosa che gli sia utile come calciatore. La voglia di allenarsi e giocare, qualche movimento. Il mio compito è quello di cercare di migliorarli sotto l’aspetto tecnico, mentre spero che loro mi insegnino qualcosa sul mondo dei social”.

 

Nel suo libro Hübner racconta che spesso i suoi allenatori, Sonetti a Brescia, per esempio, erano abituati a dare consigli ai loro giocatori, soprattutto ai più giovani, anche sul modo di comportarsi fuori dal campo. E lui? Si limita al calcio o dà consigli anche per il resto della settimana? “Ho a che fare con persone che nella vita si comportano bene”, dice. “Tutti bravi ragazzi: sotto quell’aspetto non devo insegnargli niente”. Al termine dell’allenamento, Tatanka riprende l’auto, lascia il campo d’allenamento di Trezzano sul Naviglio e si dirige verso la sua Crema. “A mezzanotte sono a casa, a quell’ora in giro non c’è nessuno”. La sua normalità, celebrata persino in una canzone di Calcutta intitolata con il suo nome, dista solo 50 minuti di autostrada. 

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