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IL RITRATTO DI BONANZA - il foglio sportivo

La bellezza perduta dalla Fiorentina di Pioli

Alessandro Bonan

Tra lo scegliere un calcio che non si addice alla viola e aspettative non rispettate, la situazione è precipitata in un buco nero in cui lo stesso Pioli non riesce a vedere il fondo

Sulla imprevedibile agonia della Fiorentina grava una frase assassina. L’ha pronunciata Stefano Pioli ancora prima di cominciare la stagione. “Allegri non ci ha messo tra le candidate in Champions? L’ho scritto sulla lavagna degli spogliatoi”.  Da queste parole è cominciata la travagliatissima vicenda viola. Perché le parole sono molto più importanti di quello che si pensa, soprattutto se non si calcola il contesto. L’ambizione è una bella cosa se la maneggi con cura, osservando l’ambiente i cui la esprimi, i quadri alle pareti, la vernice sui muri, la moquette, altrimenti ti si ritorce contro, anestetizzando tutte le ipotetiche virtù. La Fiorentina ha cominciato a giocare male da subito in quanto vittima di quelle parole pronunciate in un ambiente non ancora pronto ad ascoltarle. Pioli ha scelto un calcio che non si addice a questa squadra, fatta di giocatori con scarsa personalità e con l’attitudine, ereditata da Palladino, a buttarla in raffiche di vento, con lanci lunghi alla caccia del bisonte Kean. Ha voluto giocare “difficile”, con fraseggi degni di un poeta che poeta non è. 


Perché la Fiorentina di oggi è tutto tranne che sintetica (la forza dei poeti), e adesso vive una crisi di identità che rappresenta il primo indizio di una stagione che potrebbe rivelarsi sportivamente drammatica. Pioli ha scelto di tornare a Firenze per un reale bisogno d’affetto. Lontano dall’Italia, vicino al deserto, in un calcio che calcio non è, ma soldi, soldi e ancora soldi, è rimasto a secco di bontà, quel concentrato di cose dolci che solo il nostro paese può darti, pur con tutte le sue infinite contraddizioni. Inseguendo la bontà ha trovato la cattiveria di un brutto risultato, a cui se ne sono aggiunti altri, in un filotto orribile di partite perse e giocate male. È stato, per lui, come dare un bacio e venire corrisposto da uno schiaffo. E ben presto la situazione è precipitata in un buco nero di cui lo stesso Pioli non riesce a vedere il fondo. 


Le sue risposte si perdono in frasi fatte, toni spiacevoli (anche quando non ce ne sarebbe sinceramente bisogno), sguardi smarriti nel vuoto. Si gratta la testa Stefano, cercando di soddisfare un prurito che viene dall’anima. Ma come mai tutto questo? Il calcio ha delle regole invisibili che prescindono dalla bravura di un singolo. Stefano Pioli è certamente un bravissimo allenatore, forse il migliore che la Fiorentina potesse prendere su piazza, ma i fatti, spesso, prescindono dai valori e raggiungono le questioni. E la prima di queste è che la Fiorentina di Commisso spende tanto e raccoglie niente. Una storia che si ripete da nove lunghissime stagioni, quasi fosse una condanna. Perché se è vero che ci sono frasi sbagliate, e anche vero che queste si possono dimenticare perdute nella bellezza circostante. Ma a Firenze la bellezza ormai, è solo un retaggio del passato.

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