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Il caso

La Borsa scettica sulle prospettive della Ferrari. Come i tifosi della Formula 1

Umberto Zapelloni

Prevedere una crescita del 6 per cento e non del 10 come da piano 2022 ha causato il crollo a Piazza Affari. Forse gli analisti avrebbero preferito sentirsi raccontare che il Cavallino rampante del futuro venderà 10 mila auto elettriche all’anno. Ma non è quello che deve diventare

Fino a questa mattina c’era una Ferrari a due facce. Una che correva e vinceva in Borsa e una che correva e perdeva in Formula 1. Dopo che al capital market day hanno parlato il presidente John Elkann, il ceo Benedetto Vigna e gli altri top manager della Casa, raccontando la nuova Ferrari Elettrica e illustrando i piani per i prossimi tre anni, anche la Borsa ha voltato le spalle a Maranello che è arrivata a perdere fino al 16 per cento, registrando il peggior crollo giornaliero della sua storia a Piazza Affari. Non è bastato raccontare di aver raggiunto con un anno d’anticipo il target previsto per il 2026, di aver introdotto 41 nuovi modelli negli ultimi 10 anni, di aver più che raddoppiato la forza lavoro passando da meno di 3.000 a più di 6.000 persone.

 

La Ferrari, almeno non quella che gareggia in Formula 1, ha dimostrato di saper mantenere le promesse, di realizzare tutto quello che annuncia, compresa una vettura elettrica che non sarà una supercar, ma sarà qualcosa di mai visto prima, anche perché per crearne le forme è stato chiesto aiuto ai californiani di LoveFrom, la factory di Jony Ive che fino all’altro ieri disegnava gli iPhone. Ma il problema non è l’auto elettrica che andrà ad aggiungersi alla gamma attuale di vetture con 12, 8 o 6 cilindri. Potrà piacere o non piacere, ma non sottrarrà nulla ai ferraristi puri, anzi ha l’obiettivo di trovarne di nuovi. La Ferrari ha alzato la guidance 2025 superando i target di profittabilità del piano strategico al 2026 con un anno di anticipo e ha proposto un aumento della remunerazione degli azionisti tramite un incremento del dividend payout e un nuovo buyback. Però agli analisti non è piaciuto il modesto miglioramento previsto fino al 2030, quando il fatturato dovrebbe raggiungere i 9 miliardi di euro con un Ebitda rettificato di almeno 3,6 miliardi di euro.

 

Prevedere una crescita del 6 per cento e non del 10 per cento come previsto dal piano 2022 ha causato il crollo a Piazza Affari. Agli analisti non è piaciuto che in Ferrari abbiamo chiaramente detto di privilegiare l’unicità e di perseguire la scarsità, nel senso che per non inflazionare le strade con troppe Ferrari si è preferito allargare la gamma, ma ridurre i numeri di produzione di ogni modello. Continueranno a esserci Ferrari diverse per ferraristi diversi, ma non si esagererà con i numeri, lasciando attendere dai 20 ai 24 mesi ogni nuovo cliente. “Una Ferrari va desiderata”, lo diceva sempre anche il fondatore. “Per noi la cosa più importante è la gestione della scarsità”, ripete oggi Vigna. Ed è giusto che sia così. Forse gli analisti avrebbero preferito sentirsi raccontare che la Ferrari del futuro venderà 10 mila auto elettriche all’anno. Ma non è quello che deve diventare. La Ferrari deve continuare a vendere sogni, magari inavvicinabili, ma sogni. 

 

Come ha raccontato Benedetto Vigna, la Ferrari ha la prerogativa di essere inclusiva ed esclusiva e per questo unica. Inclusiva perché grazie alle corse attira milioni di tifosi, esclusiva perché le sue auto sono per pochi. “Il nuovo piano è ambizioso come il precedente. Il mercato si aspettava ricavi più alti ma è importante che noi facciamo quello che diciamo. Non possiamo impegnarci in qualcosa che non siamo in grado di fare”, ha aggiunto il ceo rispondendo alle obiezioni degli analisti. In realtà è un piano prudente ma veritiero che però, grazie alla flessibilità raggiunta anche con il nuovo e-Plant, può portare rapidamente a modificare la guidance per il futuro. 

 

La Ferrari ha preferito promettere ciò che sa di poter mantenere. Ha evitato di comportarsi come il team di Formula 1 che all’inizio della stagione aveva annunciato: “Se non vinceremo almeno un mondiale tra Costruttori e Piloti, saremmo delusi”. Come sia andata lo sanno tutti. Promesse non mantenute che hanno fatto volare i sogni dei tifosi per poi rendere ancora più fragorosa la caduta. L’unica Ferrari che vince è sempre e solo quella che gareggia nell’Endurance, dove ha conquistato per il terzo anno di fila la 24 ore di LeMans e guida il Mondiale. Un’oasi nel deserto di risultati della Formula 1. La sensazione è che gli analisti si siano messi a fare i tifosi e i tifosi preferiscono fare gli analisti, accontentandosi di vivere di ricordi. Una volta c’era una Ferrari che vinceva ovunque. E quella manca a tutti. 

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