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Editoriali
La stupidaggine dell'Uefa su Israele
La decisione di escludere le squadre israeliane da tutti i tornei dovrebbe essere adottata a maggioranza di membri e c'è da sperare che non lo sia perchè rappresenterebbe una discriminazione priva di fondamento. Lo sport dovrebbe rappresentare il più possibile un aumento di confronto, rispetto e inclusione
Circolano voci, raccolte dal Times di Londra, secondo cui la Uefa sarebbe pronta a escludere le squadre israeliane da tutti i tornei, a cominciare dalle qualificazioni europee in corso, la cui prossima partita vedrebbe proprio l’Italia affrontare Israele il prossimo 14 ottobre. La decisione dovrebbe essere adottata a maggioranza dai membri e c’è da sperare che non lo sia, perché rappresenterebbe una discriminazione priva di fondamento. Israele è stata aggredita da Hamas: si può discutere sulla reazione, ma la differenza rispetto alla Russia, che ha invaso senza provocazione l’Ucraina, è colossale, ed è la differenza che c’è tra uno stato dittatoriale e uno democratico (per non parlare del fatto che nella nazionale israeliana vi sono atleti che senza problemi manifestano contro il governo). La battaglia mediatica che in tutto il mondo si sta conducendo contro Israele, spesso venata di antisemitismo, produce effetti concreti anche nello sport.
E’ già accaduto alla Vuelta di Spagna, quando gruppi di manifestanti hanno tentato di impedire al team Israel di gareggiare, provocando interruzioni di tappe che hanno condizionato, e forse falsato, il risultato finale. Un eventuale via libera della Uefa premierebbe chi compie atti di sabotaggio delle manifestazioni sportive e creerebbe un precedente pericoloso. Più in generale, la pressione per escludere Israele dai contesti internazionali non ha il senso di esprimere critiche o condanne verso le scelte del suo governo. Lo sport dovrebbe rappresentare il più possibile un momento di confronto, rispetto e inclusione. Se si trasforma in uno strumento di esclusione pregiudiziale, diventa il contrario di ciò che pretende di essere. L’esistenza di Israele è la posta in gioco. Ogni passo che ne mette in discussione la legittimità, persino attraverso un torneo calcistico, è un passo verso una catastrofe di cui è difficile immaginare i contorni. Dimenticarlo, solo per assecondare una campagna mediatica, sarebbe una prova di grave incoscienza.