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Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA

Il caleidoscopio di Sinner

Alessandro Bonan

Per il  campione italiano l’errore non esiste, e se anche lo vede, lo addobba con palline lucenti, che trasmettono calore. Con lui il tennis è un meraviglioso gioco di colori in cui si specchia la felicità

Ho un desiderio: diventare l’analista di Jannik Sinner e scoprire così il segreto della felicità. In una delle sue ultime interviste, Jannik ha dichiarato di essere rimasto stupito dalla sua reazione a Wimbledon dopo la terribile sconfitta di Parigi. Com’è possibile, mi sono chiesto. Un campione così, dovrebbe possedere solo certezze durante il suo lavoro. Lo stupore, la sorpresa, non sono ammissibili. 

Ho ripensato al momento in cui l’ho visto scendere in campo, sul centrale verde, prima della sfida decisiva con Alcaraz. Il suo sguardo basso, le labbra socchiuse, in una smorfia di concentrazione. La pressione sulle spalle del ragazzo dai capelli rossi doveva essere fortissima. L’inizio della partita è teso, entrambi la sentono, si capisce. Poi Jannik prende il largo e va sopra di un break, punteggio 4-2. A quel punto il solito diavolo si impossessa di Alcaraz e lo porta a giocare quattro giochi semplicemente perfetti. Sinner perde il primo set, e per molti, quasi per tutti, torna a essere uno sconfitto. La storia, come si sa, di lì a poco prenderà una piega diversa. Ecco, mi sono chiesto mille volte in queste settimane: come ha fatto Sinner, dopo l’ennesima rimonta subita dallo spagnolo, a non lasciarsi andare a un pensiero fosco, dalle inevitabili implicazioni auto lesioniste? 

La risposta me l’ha data lo stesso Jannik in questi giorni. Il suo dichiararsi stupito comporta un grado di inconsapevolezza a cui non avevo dato alcuna importanza. Le sue parole mi riportano a uno dei principi cardine della psicanalisi, quello dell’inconscio istintivo. Sinner non calcola, agisce, non ritorna sul luogo del delitto, prosegue il suo cammino in maniera inesorabile, come attratto da una forza misteriosa. Quando sostiene di non essere un freddo dice una verità che non contrasta con la sua istintività, anzi la rafforza. Il fatto è che i suoi sentimenti non lo giudicano, non lo condannano, anzi lo assolvono. Nella mia cultura di perdente (ne ho parlato spesso, non approfittatevene), il mio cervello lavora per sabotarmi, condannandomi a subire una ruminazione nera del pensiero, in una dimensione quasi ossessionante. E’ ciò che può capitare anche ai campioni, in determinate situazioni. Cito il russo Rublev su tutti, il quale addirittura si percuote fisicamente, manifestando in maniera aperta il suo rapporto patologico con l’errore. 

Per Sinner l’errore non esiste, e se anche lo vede, lo addobba con palline lucenti, che trasmettono calore. Il suo istinto è un magico caleidoscopio, dove il tennis è un meraviglioso gioco di colori in cui si specchia la felicità.