
Ansa
il ritratto
Il tennis creativo (ed efficace) di Mattia Bellucci
Il 23enne di Busto Arsizio sembra un giocatore d’altri tempi. Legge Dostoevskij e Murakami, in campo sa essere estroso e frizzante. E con i suoi colpi è riuscito anche a far perdere la classica compostezza del pubblico di Wimbledon
Mattia Bellucci è aria pura per chi crede ancora che si possa disegnare un tennis creativo e allo stesso tempo efficace, che il circuito non sia ancora monopolio di picchiatori da fondo campo, tutto fisico e palle pesanti, e di giocatori che sembrano costruiti con l’intelligenza artificiale, che non lasciano trasparire alcuna emozione.
Il tennis del 23enne di Busto Arsizio, provincia di Varese, è un tennis estroso, divertente, frizzante, racchiuso nella spettacolare volée di rovescio in tuffo che mercoledì, al secondo turno dei Championships, ha fatto perdere per un attimo la compostezza tutta wimbledoniana della tribuna del campo 12.
“Dopo un periodo non positivo sto ritrovando il mio gioco”, ha dichiarato Bellucci al termine della partita vinta in tre set contro il numero 23 del ranking mondiale, Jiri Lehecka. Avversario tutt’altro che semplice da affrontare sull’erba, il ceco, reduce dalla finale al Queens, persa contro lo spagnolo Carlos Alcaraz solo al terzo set. Sul campo, Bellucci, attuale numero 66 del ranking Atp, regala un tennis di gesti bianchi, di carezze e di ricami, cerca il beau geste, ma che sia anche efficace, e quando a fine partita un gruppo di tifosi italiani lo incita ad andare “sotto la curva”, lascia la racchetta vicina alla sua sedia, si toglie il polsino, e va a festeggiare con loro, come un attaccante dell’Inter, di cui è tifosissimo, alla fine di una notte magica a San Siro.
“Mi sembra di vedere ‘El Chino’ Rios. Stesso mancino, ma Mattia è più simpatico”, scherzava mercoledì sugli spalti un habitué di Wimbledon. La vittoria con Lehecka, “forse la più importante della mia carriera”, ha affermato il tennista italiano, gli ha regalato un sontuoso terzo turno sul Court 1, il campo più importante dopo il Centrale, contro l’idolo di casa e numero 2 british Cameron Norrie –
robotico, noioso, l’esatto opposto di Bellucci – contro cui ha lottato alla pari per due set (e durante i quali ha avuto diverse palle break non sfruttate), prima di cedere al terzo.
“Giocare un terzo turno di uno slam, specialmente Wimbledon, con un giocatore come Norrie, ma anche le due partite precedenti, sono sicuramente grandi esperienze. Non mi sono mai trovato a giocare in un palcoscenico del genere, sul Campo 1, con gli spalti pieni”, ha detto Bellucci dopo la partita con Norrie di venerdì, prima di aggiungere: “Da questo Wimbledon, mi porto la consapevolezza che in alcuni casi le cose possano dipendere da me, che ho perso una partita in cui ho avuto delle occasioni. È chiaro che le cose possono andare molto meglio di come sono andate, quindi spero che sia soltanto un punto di partenza”.
La consapevolezza acquisita durante i Championships 2025 trova le sue radici anche nel primo turno giocato a Roland Garros contro Jack Draper, il numero uno inglese, quando decise di chiudere un set con una battuta da sotto suscitando gli applausi e gli “oh là
là” del pubblico del Suzanne Lenglen, il secondo campo per prestigio degli Internazionali di Francia. “Sto lavorando per trovare continuità, e dopo un paio di brutte sconfitte considero la partita di oggi come la prima di un ritrovato stato positivo, mi sento anche più sereno”, disse il tennista italiano.
Un po’ Agassi con la sua bandana anni Novanta, un po’ Ivanisevic, Bellucci sembra un giocatore d’altri tempi, che durante gli allenamenti ama indossare vecchie maglie di McEnroe e di Sampras. Allo stile, Mattia, tiene tantissimo. La conferma è la collaborazione con C.P. Company, il brand italiano di sportswear fondato nel 1971 da Massimo Osti, che per Wimbledon ha disegnato
appositamente per lui un kit tecnico total white, polo, shorts e un’overshirt con le iconiche lenti Goggle, insieme a una borsa esclusiva in edizione limitata. Un modo per raccontare una nuova forma di classicismo sportivo, nel rispetto della grammatica del bianco dell’All England Lawn Tennis & Croquet Club. “C.P. Company rappresenta bene il mondo del tennis grazie alla ricerca e
alla continua innovazione dei materiali utilizzati nei loro capi d’abbigliamento. Di recente, ho avuto l’occasione di andare a Bologna a visitare il loro archivio ed è stata una grande emozione, come fare un viaggio nel tempo. Gli ho mostrato le loro giacche che compravo già da ragazzino”, ha raccontato Bellucci in una chiacchierata con Rivista Undici. “La cosa bella di C.P. Company, secondo me, è che si ritrova un po’ nel mio gioco. Entrambi uniamo il passato all’evoluzione. Nel mio modo di giocare a tennis credo che tradizione e innovazione si incontrino, per esempio attraverso i miei serve and volley o i cambi di ritmo con lo slice di rovescio”, ha
aggiunto Bellucci. Durante i tornei, mentre la maggior parte dei giocatori si isola in una bolla per trovare le energie, il mancino di Busto Arsizio va a trarre ispirazione per il suo tennis nei musei.
A Parigi, ha rivelato di essere un lettore di Dostoevskij e Murakami, e sul braccio destro ha un tatuaggio in stile tradizionale giapponese che rappresenta il dio del tuono e dei fulmini e il dio del vento (Raijin and Fujin). Quando gli chiedono cosa sarebbe diventato se non avesse intrapreso il percorso del tennis professionistico, risponde così: “Mi sarebbe piaciuto lavorare nel mondo delle sneakers e nel design”. Mattia Bellucci, sempre con stile.