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Il Foglio sportivo
“Un bronzo che vale come oro”. Intervista a Cecilia Zandalasini
Le ragazze del basket hanno conquistato la prima medaglia europea dopo 30 anni: “Gelose del volley? No, un po’ invidiose”
Non ha avuto neppure il tempo per festeggiare. Il giorno dopo la prima medaglia europea dopo 30 anni per il basket femminile italiano, Cecilia Zandalasini era già su un aereo in direzione San Francisco. La sua vita non prevede soste, spiagge o semplicemente un po’ di riposo. Si divide tra quello che odia (i voli) e quello che ama (il basket). Per il resto ci sarà tempo. “Fisicamente sto bene, sento che per ora riesco ancora a non fermarmi. Cerco di prendere tutte le opportunità che non ci saranno per sempre. Avrò tempo per riposare tra un po’ di anni”. La miglior giocatrice azzurra, l’erede delle mitiche Mabel Bocchi e Catarina Pollini, non ha ancora 30 anni, ma ha già vissuto parecchie vite partendo da Broni e dai sapori dell’Oltrepò Pavese. Di chilometri e canestri ne ha fatti tra Sesto San Giovanni, Schio, Minneapolis, Bologna, Istanbul e San Francisco. E dopo l’estate nella lega professionistica statunitense sarà ancora a Schio a sognare l’Eurolega.
Cecilia che sapore ha questo bronzo agli Europei con la Nazionale? “Un mese fa nessuna di noi se lo sarebbe mai immaginato. Però abbiamo fatto una gran bella cavalcata e alla fine devo dire che ce lo siamo proprio meritato”.
Quando sei partita per il raduno azzurro la medaglia era tra i tuoi sogni, oppure è qualcosa che è venuto a strada facendo? “A essere sincera è venuta molto strada facendo, anche perché porci troppe aspettative a lungo andare non aveva mai portato a nessun risultato negli ultimi anni. Quest’anno ci siamo concentrate su una partita alla volta e poi quelle tre vittorie nelle partite di Bologna ci hanno dato una grande forza”.
Qual è l’immagine che ti porterai dentro di questo Europeo? “Ce ne sono tante a cominciare da quelle del Paladozza che per me avevano un sapore speciale. E poi l’immagine della vittoria contro la Turchia, quella che ci ha dato l’accesso alle semifinali. Non avevamo ancora vinto niente, però già quello era un passo avanti”
Però siete riuscite a non accontentarvi, segno che siete una squadra con un certo carattere. “Un grandissimo carattere perché poi ce la stavamo per fare anche il Belgio e, dopo aver perso una partita così, non abbiamo perso la forza mentale. Sventolare bandiera bianca sarebbe stata la cosa più facile e invece abbiamo trovato l’energia per battere la Francia e conquistare il bronzo”.
Hai vinto scudetti e il titolo americano con Minnesota, vale di più questa medaglia di tutto il resto? “Assolutamente sì, ha un sapore troppo speciale. Era qualcosa che ho sempre sognato. Non è un oro, non è un argento, quindi sicuramente abbiamo ancora dei passi da fare. Però è già un traguardo che per noi vale come se fosse oro perché ne avevamo bisogno”.
Da tempo c’è una gag tra Gigi Datome e Nic Melli sul fatto che il bronzo è meglio dell’argento perché te lo metti al collo dopo una vittoria. Tu che hai vinto anche un argento con l'Under 20 da che parte stai?
“Hanno tutti e due un po' ragione, perché vedendo come ha perso la Spagna in finale è chiaro che ti rimane un grande amaro in bocca. Però forse col passare del tempo ti rendi conto che l’argento vale più del bronzo. Sul momento però la gioia che abbiamo provato noi vincendo la partita per il bronzo è stata davvero enorme. Quindi riesco a capire il loro discorso”.
Se tu sei l’anima della squadra in campo, chi è l’anima dello spogliatoio?
“Ne abbiamo tante. Su tutte direi Francesca Pan e Jasmine Keys che sono le due ragazze con più carisma che riescono a far ridere un po’ tutti. Però devo dire che siamo veramente un bel gruppo e questo mese insieme lo abbiamo visto ancora di più”.
Quindi questo bronzo può essere un punto di partenza?
“Deve esserlo, perché abbiamo già voglia di riprovare queste emozioni”
Quali sono le qualità di Capobianco, il vostro ct?
“Andrea è una persona molto profonda che come coach in realtà è una persona molto semplice, Il che non vuol dire che sia superficiale, anzi. Riesce sempre a farci arrivare i concetti giusti con poche parole. La sua forza sta anche nel fatto che crede sempre in tutte noi, dalla prima all'ultima. E penso che nessuno abbia creduto come lui a questa medaglia”.
Che cosa bisogna fare adesso perché il basket femminile si conquisti un po’ più di spazio?
“Una vittoria della nazionale può dare una gran mano e trainare tutto il movimento. Adesso che abbiamo un po’ di visibilità dobbiamo cavalcare quest’onda. L’abbiamo fatta partire, ora dobbiamo tenerla alta. Il campionato ne ha bisogno”.
Siete un po’ gelose dei successi delle ragazze del volley?
“No, no, gelosa no, sicuramente un po’ invidiosa perché sarebbe un sogno raggiungere i loro risultati che hanno meritato perché sono fortissime”.
Come convinceresti una ragazzina incerta tra volley e basket a scegliere il basket?
“Sono dell’idea che un bambino o una bambina debbano fare quello che piace loro, perché se solo così potrai farlo bene. Certo uno è uno sport di contatto e l’altro no, quindi da lì parte la scelta di cosa ti piace. Per me la pallacanestro è lo sport più bello del mondo, perché al di là della tecnica che uno ci può mettere, devi sempre pensare, è sempre un gioco in cui devi leggere e reagire. Cosa fa la difesa? Cosa fa l’attacco? È un continuo imparare e migliorarsi. Io non avrei mai smesso di giocare con mio padre e mio fratello”.
Lo sport italiano deve molto alle sue donne, a Parigi la maggior parte delle medaglie è arrivata proprio dalle atlete, tu senti che ci sia ancora un pregiudizio verso le sportive in Italia?
“Secondo me sì. Forse dipende anche dagli sport, magari si sente meno per atletica, nuoto o tennis che sono visti in modo quasi equivalente. Credo che ci sia proprio un pregiudizio per gli sport di squadra, come possono essere la pallacanestro e il calcio. Perché c’è questa visione nostra, del nostro paese, un po’ dettata dalla nostra cultura, che debbano essere gli sport nati per i maschi e per essere giocati solo al maschile, quando in realtà non è così”.
L’errore è cercare nello sport femminile le stesse cose che cerchi in quello maschile? “Se una persona vuole approcciarsi a una partita di basket femminile per vedere delle schiacciate e un atletismo estremo… se è quello che lo diverte, allora è chiaro che non è nel posto giusto. Il basket femminile è diverso, c’è più disciplina, più attenzione. Abbiamo delle carenze a livello atletico che vengono sopperite da altro”.
Hai una grande esperienza all’estero, trovi diverso l'atteggiamento negli Stati Uniti verso il basket femminile? “Negli Stati Uniti assolutamente, ci sono dei numeri pazzeschi tra spettatori, investimenti e sponsor. Giochiamo in impianti bellissimi con dei sold out da 15/20 mila posti. La nostra casa è l’arena che era dei Golden State Warriors prima del trasferimento. Non ho esperienza in Nba, ma mi viene da dire che siamo trattate allo stesso modo”.
E in Nazionale vi trattano allo stesso modo della squadra maschile? Avevi fatto una polemica sul fatto che loro viaggiavano sempre con voli charter e voi con voli di linea anche se lo sponsor era la compagnia aerea nazionale? “Quello non è cambiato, nel senso che loro alla fine hanno sempre i voli Ita Airways, anche se nell’ultimo periodo anche noi abbiamo usato dei charter perché andavamo in posti un po’ scomodi. Però non sempre è così, forse capiterà una, due volte all’anno… Non mi sembra che sia un trattamento uguale a quello dei ragazzi”.
Forse questa medaglia di bronzo convincerà il Presidente Petrucci a trattarvi nello stesso modo… “Sì, sì, speriamo, speriamo”.
Che cosa pensi di Brescia che ha provato a convincere Cinzia Zanotti ad allenare in A1 maschile? Tu dici sempre che non c’è differenza tra un allenatore e un’allenatrice, è la competenza a fare la differenza alla fine. “C’è una differenza a livello di empatia, è quello che serve a una donna per mettere in campo 5 giocatori. Al di là che Cinzia ha rifiutato, a me piacerebbe molto vedere una cosa del genere, se non quest’anno in futuro. Non ci vedrei niente di male”.
Ti vedi in panchina un giorno? “Oddio, non lo so, perché un allenatore quando ha finito il lavoro in palestra, passa ai video da studiare. Insomma deve pensare solo alla pallacanestro. Non che io sia diversa, ma non so. Comunque ora come ora direi di no, però chi lo sa, mai dire mai”.