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pallacanestro

Lo scudetto della Virtus Bologna è la vittoria degli uomini contro i soldi

Umberto Zapelloni

Dopo la sconfitta a Belgrado in Eurolega, sembrava tutto in salita. Oggi i bolognesi festeggiano il loro trofeo numero 17 dopo aver giocato una delle partite più belle della stagione. Un trionfo dedicato ad Achille Polonara, che da un letto d'ospedale continua a combattere tutta un'altra battaglia

Alla fine lo scudetto del basket è andato a chi ha saputo costruire la miglior squadra, non a chi ha speso notevolmente più degli altri. È stata la vittoria degli uomini contro quella dei soldi. Il successo del modello Virtus contro il modello Milano che dopo tre scudetti di fila non è arrivata neppure in finale chiudendo con una fragorosa caduta una stagione fallimentare. Molto meglio la Germani Brescia dell’ex Poeta, anche se dopo gara uno di finale quando ha quasi toccato il cielo a Bologna, ha perso Ndour ed è andata in riserva contro una Virtus diventata implacabile. Onore alla Germani e al suo progetto, comunque sia finita, la sua stagione è stata un successo.

La Virtus, allo scudetto numero 17 della sua storia, aveva una motivazione in più per portarsi a casa il titolo già in gara 3. Glielo aveva chiesto dal letto d’ospedale, dove sta lottando contro la leucemia mieloide, Achille Polonara, quello che una volta di faceva chiamare il Pupazzo e che di battaglie nella vita ne aveva già vinta una contro una neoplasia testicolare nell’ottobre del 2023. I suoi compagni sono andati in campo con la sua maglia nel riscaldamento, hanno giocato per lui una delle partite più belle della stagione e poi hanno reindossato la maglia numero 33 per ritirare il trofeo, mentre Achille si collegava in video chiamata dal letto dell’ospedale Sant’Orsola Malpighi di Bologna.

E dire che a marzo la Virtus era sprofondata a Belgrado perdendo di 36 punti in Eurolega, il momento più basso di una stagione che in Europa era cominciata con sei sconfitte in sette partite portando, all’esonerato di Luca Banchi. Sembrava una stagione segnata, contaminata anche dai cambiamenti societari che hanno riportato tutta la società nelle mani di Massimo Zanetti che si sta ancora guardando attorno per trovare dei compagni di viaggio ambiziosi per permettere alla Virtus di vivere dove merita. Adesso è arrivato il momento di ringiovanire un roster che ha avuto minuti preziosi da grandi vecchi come Marco Belinelli e Daniel Hackett. L’uomo che è riuscito a ricompattare il gruppo, a tirarne fuori la forza di squadra è stato Dusko Ivanovic, il coach montenegrino, al suo nono scudetto in Europa dopo quelli in Svizzera, Francia e Spagna.

La sua Virtus è stata tante volte più di là che di qua. Ha vinto la stagione regolare all’ovetime dell’ultima partita, è risorta contro Venezia, ripartita dopo il successo di Milano in gara 2, ha completato l’opera rimontando Brescia in fuga nella prima partita della serie finale. Ha sempre saputo ribaltare la situazione, ha sempre trovato le energie giuste per rimettere la testa davanti. Si è aggrappata al suo uomo migliore, Toko Shenghelia, uno che a gennaio era stato fermato da un ulcera e nel primo turno dei playoff era dovuto andare ai box per una commozione cerebrale. Ha trascinato i compagni e ogni volta ha estratto le energie che servivano. Ora se ne andrà a Barcellona, perchè Zanetti non se lo può più permettere. Se ne andrà, ma verso la meritata pensione, anche Marco Belinelli, uno che dopo la gloria Nba ha saputo lasciarsi guidare dal cuore e tornare a Bologna per chiudere in bellezza una carriera andata oltre i suoi sogni di ragazzino. Ci sono tante storie dentro questa finale scudetto che chiude un’era della Virtus destinata ora a puntare sui giovani, si spera senza perdere quello spirito guerriero e italiano che l’ha guidata in questi anni. Il suo punto forte è stato la forza del gruppo, quel nocciolo duro di italiani attorno ai quali si è creato tutto il resto. Vincere per Achille alla fine era insieme un desiderio e un dovere. Adesso tocca lui, eterno guerriero, scrivere il finale più bello di questa storia, vincendo la sua battaglia più dura per continuare a vivere. “Ti voglio bene fratello, sei stato con noi tutta la partita”, gli ha gridato Hackett al telefono. Non una frase detta tanto per dire, perchè in quella Virtus che ha dominato con una cattiveria impressionante gara 3 di finale, c’era davvero un sesto uomo in campo. Forza Achi, il mondo è con te.

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