
Ansa
Il Foglio sportivo
A Livorno il basket è una cosa seria
La docuserie "Livorno a due" racconta la storica rivalità tra Libertas e Pielle, che spacca la città come un fossato. Un viaggio tra passato e presente del basket livornese, riflesso dell’anima collettiva e appassionata di Livorno
C’è un fossato che è più profondo di altri e “Livorno a due” nasce per raccontarlo, come nella docuserie in onda su su Prime Video. A Livorno si sta al di qua o al di là di quel fossato, se si parla di basket. Perché si vive di una rivalità senza requie tra Libertas e Pielle, ogni giorno dell’anno: sono 350 i minuti di docuserie, divisi in cinque puntate. Che sia in biancoenero o nel giallastro dei nastri vhs deteriorati, si è piellini o libertassini come si era ghibellini o guelfi. Non è vero che in medio stat virtus, perché “è Livorno che chiede di schierarsi”, racconta una delle voci intervistate: sono oltre 160, 30 le partite filmate, a cui si aggiungono dal 1930 in poi oltre 20 ore di materiale d’archivio. Un viaggio nel tempo, in cui “saremo sempre con te, gireremo lo Stivale”. Ovunque, ma poi sempre lì di fronte al Tirreno: “La mia ragazza dice sempre che, della Pielle non ne può più. Io le rispondo amore scusami, ma se mi cerchi sono in Curva Sud”. Bambini come adulti e adulti simili ai bambini, nell’irrazionalità di una fede che invece ha motivi tanto cerebrali quanto di cuore, per essere tale: “Perché il derby fa parte del nostro tessuto sociale”. Sanguigno, diretto, come solo in Toscana può essere. “Fuori dal normale”, come Livorno rivendica con orgoglio.
Che sia per Fantozzi, Forti e Tonut, o per D’Antoni, McAdoo e Meneghin, è sempre e comunque un sistema binario. “Livorno a due” è contrapposizione, il derby “è il Superbowl italiano” che in terza serie di raduna 8mila spettatori, caso unico in Europa. Due, inevitabilmente, anche le linee temporali del racconto: la stagione 2023-2024 da una parte, le gesta del passato di contraltare. Ogni episodio dei 5 copre una decade del basket italiano, partendo proprio dalla cronaca del campionato che ha visto le rivali protagoniste nella corsa verso la promozione in A2. “Abbiamo vissuto la passione che i livornesi hanno per lo sport e per il basket”, sono le parole di Silvio Laccetti, regista e padre della docuserie, scritta con Stefano Blois. “Abbiamo vissuto a Livorno per più di tre mesi. La passione dei livornesi e il modo in cui la vivono era la parte fondamentale per il nostro racconto e così si è dimostrata. Dall’interno degli spogliatoi al Palamacchia fino ai fossi medicei del centro storico, la livornesità è stata al centro delle nostre giornate. E ne ha influenzato la lavorazione”. Ed è qui che lo sport e la sua rivalità sotto canestro diventa, innanzitutto, un viaggio nelle emozioni e nell’anima stessa di una città. “Alla fine ci siamo accorti che c’è una certa sincronicità di eventi che si ripetono nella storia del basket livornese”, spiegano gli autori.
Per questo, ogni episodio apre e chiude un cerchio narrativo, che permette di vivere il dualismo del presente attraverso la comprensione di ciò che è stato. “La scelta di ricostruire il passato per comprendere il presente ci ha permesso di disegnare un cerchio che si chiude solo al termine delle cinque puntate”. Come i fratelli Karamazov di Dostoevskij, come Caino e Abele: in “Livorno a due”, Pielle e Libertas sono linee necessariamente parallele. Perché quando hanno avuto punto di tangenza, hanno creato sconquassi: nella docuserie si fa chiarezza sulla pietra dello scandalo, il “biscotto di Chieti” del 1978, con la parola di chi giocò quella partita a porte chiuse. E si passa per le stracittadine anni Ottanta sul palcoscenico di A, sino alla finale scudetto del 27 maggio 1989 tra Olimpia Milano e Libertas. Quella del canestro di Forti annullato e del tricolore svanito.
Ma lo sport è specchio in cui tutta Livorno si riflette. Una città ferita, il 10 aprile 1991, dal più grande disastro della marina mercantile italiana, quello della Moby Prince e dei suoi 140 morti. Una città che si è poi ricoperta di balsamo sportivo della qualificazione in Coppa Uefa 2006 del Livorno del calcio, come racconta tra gli altri chi di quell’epopea fu protagonista, Cristiano Lucarelli. Nomi e voci, parole e ricordi, in “Livorno a due”. Da Luca Banchi ad Alessandro Fantozzi, da Raphael Addison a Davide Pessina, passando per Flavio Tranquillo. Un viaggio tra ieri e oggi, aspettando la prossima palla a due. Nella certezza che sarà sempre una “Livorno a due”.