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Il Foglio sportivo
Ancora due argenti europei per Marsaglia: “Nei tuffi serve più testa che corpo”
Il tuffatore, tra vertigini vinte e medaglie mancate, racconta ai liceali la sua vita sospesa tra trampolini e sogni. "I tuffi – dice – insegnano a gestire il tempo e a godersi l’attimo"
Per Gianni Brera i tuffi sono “una disciplina”, “onorata dal coraggio e dalla grazia”, in cui “gli uomini”, ma anche le donne, “si ingegnano di mimare i gabbiani e qualsiasi altro uccello usi tuffarsi in picchiata per catturare un pesce a tutto becco”. Per Raffaele La Capria “il tuffo, diversamente da un racconto o un romanzo, una volta fatto scompare e questo senso di effimero è molto simile all’attimo fuggente che cogliamo nella vita”. Lorenzo Marsaglia non assomiglia a un gabbiano, né la sua carriera sembra così effimera e simile a un attimo fuggente. Romano, 28 anni, è reduce dagli ennesimi Europei, ad Antalya, in Turchia, in cui ha conquistato due medaglie d’argento, nel trampolino 1 metro e nel sincro trampolino 3 metri con Giovanni Tocci. Finora aveva accumulato un argento ai Mondiali (2022), un oro (2022), due argenti (2022) e un bronzo (2019) agli Europei, due bronzi alle Universiadi (2017), nonché un quarto posto alle Olimpiadi 2024 nel sincro trampolino 3 metri sempre con Tocci. Un’occasione perduta, un peccato se non proprio un lutto non ancora elaborato. L’altro giorno si è raccontato a tre classi (classico, scientifico e linguistico) del liceo Vian di Bracciano, in uno degli incontri battezzati “Vincere se stessi” e promossi dalla Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza.
Lo sport, anzi, gli sport (“Nuoto, tennis, karate, atletica, arrampicata, ovviamente calcio, ma ero scarso, quando si facevano le squadre venivo scelto per ultimo e messo in porta”), finalmente i tuffi (“A nove anni, anche qui ero scarso, soffrivo di vertigini, i primi anni arrivavo sempre ultimo, però mi divertivo, così ho continuato, e lentamente, piano piano, giorno dopo giorno sono migliorato”), allenamenti su allenamenti (“Gli allenamenti mi sono sempre piaciuti, non mi sono mai pesati, sono arrivato a farne 13 la settimana, adesso sono sceso a sette, la mattina lavoro, il pomeriggio mi alleno, a secco in palestra e poi nella piscina del Foro Italico, finora senza che il rendimento ne risenta, comunque una quarantina di tuffi per allenamento”), il lavoro (“Laureato in Fisioterapia con una tesi sul massaggio neonatale”), i soldi (“Lo stipendio del gruppo militare, per me la Marina, eventualmente i premi delle competizioni, i 50mila euro del bronzo olimpico a Parigi soltanto sfiorati”).
Per Marsaglia i tuffi sono “corpo al 30 per cento, testa al 70”, gli allenatori “un tecnico, un preparatore e un mental coach”, la disciplina “più danza e ginnastica che altro”, l’esecuzione “aria e acqua, tutta aria, acqua solo nell’istante dell’ingresso, ma quell’istante è decisivo”, la difficoltà “anche più di una decina di movimenti sintetizzati in un paio di secondi”, le variabili “infinite, basta niente, a cominciare da dove si mettono i piedi sul trampolino”, le possibilità “infinite, perché gli errori si possono faticosamente correggere e difficilmente nascondere”, la tensione “sempre presente in tutti i tuffi”, la pressione “sempre più forte a seconda delle manifestazioni”, la reazione “è quella che fa la differenza, chi riesce a trasformare tensione e pressione in concentrazione e accarezza la perfezione, chi non riesce e commette un errore”, la vittoria “vince chi sbaglia meno”. Lui cerca di caricarsi proprio guardando gli spettatori sugli spalti: “Ai Giochi di Parigi metà erano messicani, metà cinesi, perché in Messico e in Cina i tuffi sono lo sport nazionale. Siccome i messicani sventolavano bandiere tricolori, biancorossoverdi con un’aquila in mezzo, io fingevo di non vedere l’aquila, mi concentravo sui colori e mi illudevo che fossero tutti italiani venuti fin lì per incoraggiarmi”. E i valori dello sport? “A parte quelli morali, ideali, spirituali, praticamente lo sport insegna tutti i giorni a gestire il proprio tempo, ricavare spazi eliminando quelli vuoti, insignificanti, inutili”.
Los Angeles, intesa come Olimpiadi 2028, sembra molto lontana. Marsaglia lo sa: “Non mi pongo limiti. Dopo Parigi mi sono concesso un anno sabbatico, poi ho visto i ragazzi della nazionale italiana e mi è tornata la voglia, la carica, il fuoco. Ho deciso di proseguire di anno in anno, senza pregiudizi, ma con realismo e consapevolezza. E sempre divertimento”. Anche felicità? Qui Marsaglia non si è tuffato in una risposta immediata. Ad aiutarlo è intervenuto uno studente: “Felicità è fare quello che piace di più”. Marsaglia ha precisato: “Godersi l’attimo”.