Daniele Lavia (foto Ansa)

sotto rete

Umile in uno sport umile, la pallavolo. Intervista a Daniele Lavia

Giuliana Lorenzo

Lo scudetto a Trento è  "un successo che volevamo fortemente, venivano da un paio di sconfitte importanti come in Cev Cup o Coppa Italia. È una sorta di riscatto, ce lo meritiamo. Siamo un gruppo compatto, tutti con voglia di migliorare, cosa che si vede"

Parlare di sé non gli viene naturale. Daniele Lavia è abituato a costruire muri in campo e forse anche fuori ne alza qualcuno, quasi a proteggersi. Sembra timido anche se dice: "non troppo, con gli estranei sì, sono migliorato". Ha 25 anni e la definizione perfetta per lo schiacciatore è ‘ragazzo d’altri tempi’. Usa poco i social e ama la musica "non la trap e rap, ma il cantautorato, penso a Baglioni o De André. Di adesso, Olly o Mengoni: l’ho sempre ascoltato e ora siamo amici. Sui social cerco di non leggere certi commenti. Spesso ho l’idea, spero sbagliata, che alcuni godano se le cose vanno male. Ho ricevuto poche critiche, capita di rimanerci male, le costruttive le analizzo, ne traggo il bello".

 

Studente di Economia all’Uninettuno è curioso, attento a quello che succede e lo studio è un’ulteriore declinazione del suo essere: "Sto dando qualche esame, procediamo. È difficile conciliare tutto: fai sacrifici, si deve pensare al dopo. Non guadagniamo quanto i calciatori: è importante per il futuro e per tenere allenata la mente".

 

A Trento, ha trovato il suo habitat, durante la chiacchierata, porta a spasso la cagnolina che da qualche mese anima una vita in cui il focus è la pallavolo. Uno sport che definisce: "Umile, c’è gente che si impegna. Sono arrivato dove sono forse più per la costanza. Il talento a questi livelli serve, ma va di pari passo con l’impegno, almeno questa è la mia storia". E forse è questa la ricetta della vittoria del tricolore a Trento. "Un successo che volevamo fortemente, venivano da un paio di sconfitte importanti come in Cev Cup o Coppa Italia. È una sorta di riscatto, ce lo meritiamo. Siamo un gruppo compatto, tutti con voglia di migliorare, cosa che si vede".

   

In maglia Itas, dal 2021, si è preso la scena, con l’aspirazione, magari, di diventare un giorno una bandiera del movimento. "Tecnicamente e umanamente sono cresciuto in tutto. Sono arrivato che ero un ragazzetto, ho guadagnato fiducia e sono maturato. Bandiera? Ci provo, l’obiettivo è diventare un riferimento del volley italiano e ora di Trento. Sono cresciuto con Juantorena, uno dei miei modelli con Samuele Papi e ho giocato con Osmani e Kaziyski, vorrei diventare come loro, vincere lo stesso".

   

Intanto, archiviata la Superlega la mente va all’azzurro, con quella Nazionale che ora ha la VNL e a settembre deve difendere il titolo mondiale del 2022. I ritmi sono forsennati: "Ci si adatta il più possibile, il ct De Giorgi ci ha lasciato dei giorni per rifiatare, ho già ripreso in palestra, non puoi stare tanto fermo". L’Italia avrà l’onore o meglio la pressione di doversi confermare. Lavia, da appassionato di tennis (il papà giocava), è convinto, come dice Jannik Sinner, che sia solo un privilegio: "Vuol dire che hai fatto qualcosa, sei a un livello alto e ci puoi stare. Non la chiamo pressione, siamo un gruppo giovane che ha vinto tanto eccetto l’Olimpiade". A Parigi però ha vissuto un momento unico: "Ricordo la vittoria dell’oro di Djokovic. Nel villaggio olimpico eravamo vicino alla Serbia, c’è stata una festa, ed è arrivato e ha fatto un discorso. Non capivo nulla, ha tradotto Marko Podrascanin (giocatore della Lube, ndr) e poi ci siamo fatti la foto, bellissimo". Tutta la famiglia ha sempre fatto pallavolo, dai fratelli, alla cugina. "Penso a quando andavo a vedere i miei fratelli, giocavano, sono il terzo di tre, hanno smesso ma mi sostengono mentalmente, come i miei genitori. È stato difficile lasciare casa, è brutto da dire, ma per emergere devi spostarti, giocare con realtà che valorizzano i giovani. Sono calabrese, ti sposti ma sei lontano da tutto. Non so perché nel volley o in altri sport si faccia fatica al sud. Ipotizzo che manchi l’investimento economico, le strutture…se ne parla, ma non cambia nulla".

Di più su questi argomenti: