
Nicola Pietrangeli (foto Getty)
Roland Garros
Quando la vita dei tennisti (oltre il campo) esisteva veramente
Non c’era nessuna bolla da rispettare con rigore monacale, e quando arrivavano le undici di sera c’era solo da scegliere: Chez Castel o Chez Régine, Ruinart o Veuve Clicquot. Era l’epoca delle “Nights Sessions” degli anni Settanta e Ottanta, e i campioni della terra rossa si lasciavano travolgere dalla mondanità parigina
Parigi. C’è stata un’epoca non troppo lontana in cui i tennisti, di notte, avevano una vita intensa ed edonista tra un ottavo e un quarto di finale di uno slam, il loro quotidiano non era sorvegliato nel minimo dettaglio da schiere di nutrizionisti e mental coach, non avevano l’obbligo di presenziare a noiosissimi eventi organizzati dagli sponsor e nemmeno quello di essere dei simboli del salutismo e del pol. corr. Era l’epoca delle “Nights Sessions” degli anni Settanta e Ottanta, come le chiama la rivista parigina 40-A, l’epoca in cui di notte ci si dava appuntamento al 15 di rue Princesse, nel cuore di Saint-Germain-des-Prés, in un locale dove potevi trovare il meglio del Tout-Paris e Serge Gainsbourg cantare la Javanaise, con le mani gialle di Gitanes e un bicchiere di whisky sul piano: Chez Castel, dal nome suo storico proprietario, Jean Castel. “Si dice che nel 1980, Vitas Gerulaitis fosse da Chez Castel alla viglia della sconfitta in finale del Roland Garros contro Borg”, ha raccontato l’imprenditore Antoine Bénichou a 40-A.
Perché la vita oltre i campi in terra rossa di Auteuil, dove sorge il complesso tennistico del Roland Garros, esisteva veramente: non c’era nessuna bolla da rispettare con rigore monacale, e quando arrivavano le undici di sera c’era solo da scegliere, Chez Castel o Chez Régine, Ruinart o Veuve Clicquot. “Conosco più discoteche che campi da tennis. Il Crazy Horse era il mio ufficio. All’epoca, facevo la spola tra Castel e Régine: andavo da Chez Régine per Régine e da Chez Castel per Jacques”, ha detto a 40-A Nicola Pietrangeli, che ha vinto due volte il Roland Garros (1959, 1960), oltre a essere stato il capitano della squadra azzurra che ha alzato la prima Coppa Davis della sua storia (1976). Da Chez Castel si giocava il sesto set, tra attrici e modelle internazionali, divanetti di velluto rosso e balli scatenati.
Era difficile dire di no a Jacques Renavand, ex tennista e direttore artistico di Chez Castel dal 1967 al 1981, soprannominato “la locomotiva” per il suo talento nel lanciare le serate e guidare gli altri nottambuli fino alle prime luci dell’alba. “Era una promessa del tennis, ma usciva tutte le sere. Parigino fino al midollo, grande fascino, aveva un successo incredibile con le ragazze”, testimonia Pierre Barthès. “Con Jacques eravamo amici da sempre, e quando ha iniziato a dirigere il locale siamo andati tutti lì”, ricorda il campione rumeno Ilie Nastase, che, racconta 40-A, “era capace di passare ore a sedurre Bianca Jagger e Claudia Cardinale”. Nel 1971, dopo aver perso contro il cecoslovacco Jan Kodes, Nastase incassò 4mila dollari. Che durarono il tempo di una notte. “Sono andato da Chez Castel, ho invitato tutti e speso ogni centesimo che avevo guadagnato”, racconta Nastase.
I campioni della terra rossa si lasciano travolgere dalla mondanità parigina. Al 15 di rue Princesse si potevano incrociare Jean-Paul Belmondo accanto a Jimmy Connors, Juliette Gréco accanto a Marcel Bernard, il primo vincitore del Roland-Garros dopo la Seconda guerra mondiale. Ma anche la banda degli australiani: Lew Hoad, Tony Roche e John Newcombe, i quali, dopo aver bevuto birra tutta la notte, si presentavano sui campi con disinvoltura alle 7 di mattina, per poi ripartire con la festa al termine della partita. “Era la loro alimentazione. Li guardavamo come dei pazzi”, scherza oggi l’ex tennista francese Pierre Barthès. Roche e Newcombe, vincitori di tredici titoli del Grande Slam in doppio, formavano un duo talmente complementare da condividere lo stesso amore per Brigitte Bardot: amore che, tuttavia, non sarà mai corrisposto.
La cantante Nicoletta organizzava spesso degli after nel suo loft al quai des Célestins con vista sulla Senna: “C’erano sempre venticinque persone che salivano da me alle 5 di mattina. Una volta durò fino alle 11. Tony Roche e John Newcombe sono rientrati a farsi la doccia, poi sono andati a giocare a Coubertin (uno degli stadi del Roland Garros, ndr). Volete sapere come è andata? Hanno vinto. All’epoca, ci divertivamo tanto”. Il paraguayano Victor Pecci e l’americano Vitas Gerulaitis, soprannominato “Broadway Vitas”, erano fidanzati con la notte. Facevano parte della cerchia ristretta dei “gentleman fermeurs”, gli ultimi ad andarsene, gli infaticabili, quelli che chiudono il locale. “All’epoca, il circuito era più umano. Restavamo al bar e discutevamo. Oggi, non si conoscono nemmeno”, assicura Nastase. Per Frédéric Beigbeder, scrittore e critico letterario del Figaro, grande dandy e fine conoscitore delle notti parigine, “vincere partite senza dormire la vigilia è il marchio dei veri campioni”.

Giro d'Italia - lettere a dislivello