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L'editoriale del direttore

Cosa insegna sul garantismo il caso Sinner, e il metodo anti gogna

Claudio Cerasa

Il campione torna in campo agli Internazionali d’Italia dopo tre mesi di squalifica. Garantismo 6, giustizialismo 0. Il caso Sinner è una finestra su un’Italia invisibile: quella che si ribella al metodo della gogna

Lunedì, per gli amanti del tennis, sarà una giornata speciale. Alle dodici, minuto più, minuto meno, si scoprirà in che giorno esattamente Jannik Sinner, il numero uno al mondo del tennis, tornerà in campo, dopo tre mesi di assenza per squalifica, e si capirà chi sfiderà nel tabellone ufficiale degli Internazionali d’Italia. Per chi ama il tennis, non c’è neanche bisogno di dirlo, Sinner è insieme gioia, allegria, serenità, spettacolo e magia, e rivedere in campo il tennista più forte del mondo è come prepararsi a vedere uno spettacolo in cui, grazie ai movimenti di Sinner, si condensano contemporaneamente discipline diverse, insieme al tennis: sci, balletto, danza, circo, calcio, atletica, pilates, yoga, oltre a una seduta lunga un paio d’ore su cosa vuol dire non perdere la testa anche negli istanti in cui perdere la testa, in un campo, non sarebbe così difficile. Il ritorno in campo di Sinner è una notizia meravigliosa per chi ama lo sport (non sappiamo se lo sarà altrettanto per alcuni giornalisti, molti dei quali si trovano nel gruppo Rcs, che Sinner non lo hanno mai amato, per il suo essere un italiano un po’ così, con quella residenza a Montecarlo un po’ così).

  

Ma il suo ritorno in campo offre spunti di riflessione molto preziosi anche a chi segue da anni un’altra disciplina, ben più ostica, con cui si è trovato a fare i conti in questi mesi Sinner,  e con cui, negli ultimi anni, ha fatto i conti un numero significativo di italiani: il drammatico salto della gogna. La storia di Sinner, la storia della sua sospensione, la conoscete. Sinner è stato sospeso per tre mesi, dal 9 febbraio al 4 maggio 2025, a seguito di un accordo con la Wada, l’Agenzia mondiale antidoping, dopo essere risultato positivo al clostebol, un anabolizzante vietato. L’indagine contro Sinner – iniziata il 10 marzo del 2024, durante il torneo di Indian Wells – ha stabilito che la sostanza è entrata nel suo organismo in modo involontario, durante un massaggio da parte di un fisioterapista che aveva usato una crema contenente clostebol, e sebbene non ci fosse alcuna intenzione di doparsi, Sinner, per non rischiare pene più grosse, ha accettato la sospensione per responsabilità oggettiva.

 

I fatti dicono questo, la cronaca racconta questo, ma accanto ai fatti c’è una storia che riguarda la trafila giudiziaria di Sinner che rappresenta un altro successo fenomenale ottenuto dal campione altoatesino su un campo persino più difficile rispetto a quello da tennis. La storia di Sinner, la sua vicenda giudiziaria, verrà ricordata nei libri di Storia anche per questo. Per essere stata un trionfo di garantismo e per essere stata una grande lezione su un fatto che a volte sembra impossibile in Italia. Si può svolgere un’indagine senza che vi sia una fuga di notizie, come è stato per Sinner nei mesi durante i quali il campione era indagato senza che lo sapesse nessuno. Si può considerare il segreto di un’indagine non come un atto di oscena censura ma come un atto civile volto a tutelare la bontà di un’inchiesta e la privacy di un individuo. Si può considerare un’accusa come un qualcosa di diverso da una sentenza e si può considerare un capo di imputazione come una verità di parte e non come una verità assoluta.  

  
Si può considerare un indagato come innocente fino a prova contraria, senza che questo provochi scandali, svenimenti, ricoveri in ospedale. Si può considerare l’accusa di un organo giudiziario non come una verità assoluta, ma come un  atto da rispettare all’interno di una valutazione personale che può anche arrivare a criticare il merito di un’accusa. Si può considerare un patteggiamento non come un’ammissione di colpevolezza ma come un atto saggio volto a chiudere una partita giudiziaria che per ragioni sbagliate potrebbe mettersi male. Si può raccontare una condanna, frutto di un patteggiamento, senza trasformare il condannato in un mostro, in un orco, in un essere orribile, moralmente deplorabile, e si può persino avallare, senza essere ritenuto un nemico della giustizia, una condanna, da rispettare, come una condanna ingiusta. Si può infine seguire la storia di una condanna scontata senza cercare di infierire sul soggetto condannato andando a chiedere ai farmacisti del suo paese natale se in farmacia ha mai fatto richieste strane, senza cercare di mettere in mostra con un plastico in prima serata tutti gli effetti eccitanti della sostanza dopante finita per errore nel corpo di Sinner, senza cercare di trasformare un atto non doloso nella dimostrazione plastica della presenza nel soggetto condannato di un marcio da illuminare a tutti i costi.

 

L’Italia, con Sinner, ritrova uno spettacolo formidabile in campo, e qui già ci lecchiamo i baffi al pensiero di poter rivedere le sue partite, al pensiero di poter rivedere i suoi trionfi e al pensiero, per un istante,  di poter imparare qualcosa dai suoi colpi. Ma lo spettacolo che Sinner è riuscito a mettere in campo nei mesi durante i quali è stato costretto a stare fermo è uno spettacolo che ci auguriamo di vedere anche quando Sinner scenderà in campo: un paese in grado di ragionare con la sua testa quando si parla di giustizia, un paese in grado di non trasformare una disavventura con la giustizia in una prova di colpevolezza morale e un paese in grado di non trasformare in un furfante fino a prova contraria chiunque sia accusato di aver commesso qualcosa. Grazie Jannik. 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.