Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA
Gasperini, diversamente leader
Il calcio moderno si muove attorno alla figura del leader, che si tratti di calciatori o di allenatori. Tra questi ultimini, spicca la figura di Gian Piero Gasperini, in grado di fare da solo la differenza e di esprimere la propria leadership in una maniera molto personale
Che cos’è un leader se non un uomo che si fa seguire anche e soprattutto quando lo si odia? Nel calcio tutto resta oscuro, tranne la figura del leader. Quando c’è lo vedi subito, lo distingui per come parla, si muove, disegna traiettorie con il pallone. Mi viene in mente Toni Kroos, ormai in pensione dopo l’eliminazione dall’Europeo con la sua Germania. Ha scelto di lasciare quando aveva ancora parecchio da dire, sia con il Real Madrid che in Nazionale. Kroos parlava una lingua decisa in campo. Si faceva sentire forte da compagni, avversari e arbitro (cosa per nulla trascurabile). Calciava il pallone come pochi, tanto che lo stesso Kimmich, altro specialista sulle palle inattive (chiedo scusa per l’espressione), in Nazionale faceva calciare sempre e solo lui. Con Kroos in campo, l’allenatore poteva anche andare al mare, che tanto ci pensava Toni a guidare la squadra. Possedere un giocatore così, significa ridimensionare (e di parecchio) l’importanza della guida in panchina. Ahia, il tema scotta.
Ormai gli allenatori sono considerati il centro di tutto, e guadagnano cifre sproporzionate. Noi che raccontiamo il calcio, semplifichiamo la materia parlando soprattutto di loro e del grado di leadership che riescono a esprimere (anche se spesso facciamo confusione tra leadership e buona comunicativa). Il fenomeno non nasce di certo adesso, la questione è vecchia, ma oggi sta diventando esagerata. Sacchi sostiene addirittura, giusto per puntellare la sua storia, che gli allenatori dovrebbero scegliere sul mercato i nomi e i cognomi dei calciatori, e non limitarsi a generiche indicazioni tecniche e di ruolo. Io non so chi abbia ragione e chi torto, sono troppo compromesso nel sistema, rapportandomi spesso con gli allenatori, mi limito a mantenere un giudizio equilibrato, senza quegli eccessi, giusto per intendersi, che traducono Spalletti da genio a pippa nel giro di quindici giorni. Ci sono allenatori bravi e meno bravi, ma in entrambi i casi, senza una squadra forte, il risultato rimane a rischio. In questa logica (che è mia, quindi certamente opinabile), si fa largo un’eccezione italiana chiamata Gasperini. Credo sia uno dei pochi allenatori al mondo in grado di fare da solo la differenza. Con lui crescono tutti: i timidi, i disperati, i coatti, i ciechi, i poveri di spirito, i senza tetto. Gasperini possiede una didattica efficace e un modo molto personale di esprimere la leadership.
Si fa seguire, senza preoccuparsi di farsi amare, provocando in certi casi perfino l’avversione. Col Papu Gomez si sono messi spalle al muro per poi ritrovarsi un giorno all’improvviso, amanti l’uno dell’altro. Qualcuno dice che Gasperini fuori dall’Atalanta sarebbe come un lago dentro il mare: si perderebbe. Ma perché, l’avete mai visto un lago dentro il mare?
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