ciclismo
Tour de France. A Digione vince Groenewegen, a forza di non essere vento
La sesta tappa della Grande Boucle è stata a lungo una processione pigra. Poi il Team Visma | Lease a bike ha provato a riscrivere la classifica generale sfruttando il vento laterale. Si sono stufati presto. Aveva ragione Duchamp: Digione "è una città dove nulla accade e tutti si disinteressano di tutti”.
Mollò le due valigie nell’appartamento che aveva affittato per un mese, si cambiò d’abito e uscì subito a farsi una passeggiata per le vie del centro. Era tutto perfetto, tutto come gli era stato riferito. C’era poca gente in giro, pochi rumori, qualche osteriola aperta e nulla più e quella dolce e desolante tranquillità delle città di provincia. Certo poteva andarsene in campagna da qualche parte per trovare tranquillità, ma dopo quasi vent’anni a Parigi, abituato com’era ai ritmi e agli agi della città, sapeva che non avrebbe retto più di qualche giorno. Boris Vian aveva scelto Digione perché Marcel Duchamp gliene aveva parlato malissimo, dicendogli che “Digione è un mortorio, una città dove nulla accade e tutti si disinteressano di tutti”. La trovò perfetta per rimettere un po’ di energia in corpo, per dare una pausa al suo cuore che aveva iniziato a fargli scherzi.
Sono cambiati i tempi, ora a Digione di cose ne succedono, non sempre, anzi quasi mai, lusinghiere. Digione vive una realtà sopita, che ogni tanto si accende di violenza inaspettata.
La sesta tappa del Tour de France, la Mâcon-Digione, 163,5 chilometri, è stata la degna rappresentazione di tutto questo. Degna pure di un’improvvisazione jazzistica di Boris Vian, di quelle che partivano lentamente, con ritmo delicato e cullante, per poi accendersi in maniera inaspettata, roboante.
A lungo i corridori hanno pedalato con grande calma e introspezione, adeguando il loro muovere i pedali alla quiete della campagna che stava loro attorno. Nessuno ha tentato la fuga, nessuno ha dovuto organizzare un inseguimento. Calma e pace assoluta. Hanno il loro fascino le tappe di pianura nel ciclismo.
Poi il vento ha iniziato a soffiare un po’ più forte. E al Team Visma | Lease a bike, la squadra di Jonas Vingegaard e Wout van Aert, è venuto in mente che fosse cosa buona e giusta fare un po’ di caciara, perché c’è nulla come il vento quando soffia a tre quarti capace di stravolgere il reale, o meglio la percezione del reale, capace di trasformare pianure in montagne, tranquillità in ansia. In pochi chilometri il gruppo, che sino a quel momento si muoveva pigro e senza pensieri, si è allungato, poi spezzato, infine sparso qua e là, almeno nelle retrovie.
Per minuti abbiamo avuto la sensazione che potesse accadere qualsiasi cosa. Il gruppo era andato in fuga dal gruppo. La maglia gialla Tadej Pogacar era rimasto solo, metà velocisti, coloro dovevano giocarsi la vittoria di tappa, si erano ritrovati nella posizione sbagliata.
Non è accaduto nulla di tutto questo. Quelli davanti hanno pensato bene che non fosse il caso di sbertucciare in quella maniera Marcel Duchamp, che André Breton descrisse come “l'uomo più intelligente del secolo”. Se aveva detto che a Digione “era una città dove nulla accade e tutti si disinteressano di tutti”, doveva per forza essere così. Il vento è calato di intensità, la velocità è scesa, gli staccati sono ritornati a essere peloton eè riuscito a rientrare pure Mark Cavendish, che aveva forato nel momento sbagliato, ossia proprio quanto il Team Visma | Lease a bike aveva iniziare a provare a fare lo scherzetto.
Volata doveva essere e volata è stata. L’ha vinta Dylan Groenewegen isolandosi da un lato della strada, l’unico perfettamente libero nella calca di uomini e biciclette che ha caratterizzato anche questo sprint del Tour de France. Lo ha fatto precedendo di un soffio Jasper Philipsen, Biniam Girmay, Fernando Gaviria e Phil Bauhaus. Mark Cavendish dopo il successo di ieri si è perso nel gruppo.
Poi Jasper Philipsen è stato retrocesso per volata irregolare. Non è vero che a Digione non succede niente. Ma erano tutti parigini, c’è da capirli.