Ivan Zaytsev - foto via Getty Images.jpg

Il Foglio sportivo

Ivan Zaytsev costruisce un sogno sulla sabbia

Eleonora Cozzari

"Mi alleno a beach volley, tiferò Italia ai Giochi, ma voglio decidere io quando smettere". Al Foglio parla il pallavolista che ha messo una pietra sopra alla Nazionale e che difende Paola Enogu dalle polemiche

Ci sono cose che non puoi controllare. Le scelte di un allenatore, per esempio. O se il palleggiatore ti alzerà la palla del 24. Poi ci sono quelle che dipendono da te. Cosa fai dopo che la Nazionale italiana ti ha fatto fuori e tanti cari saluti? Se ti chiami Ivan Zaytsev hai due possibilità: essere ricordato per gli ace a ripetizione che hanno portato gli azzurri del volley in finale olimpica a Rio 2016 e sai che c’è, andrebbe bene così. Oppure decidere che quando scendere dalla giostra, di grazia, lo stabilisci tu. Ed è evidente che lo Zar vuole un altro giro. Ma stavolta la scommessa è ambiziosa. Gloriosa e pervicace: andare ai Giochi olimpici di Los Angeles. In questi giorni è stato avvistato a Ostia su un campo da beach volley insieme a Daniele Lupo, argento sulla sabbia di Rio. E insieme, intanto, disputeranno il campionato italiano. Ma se a 40 anni – tanti ne avrà nel 2028 – riuscisse ad andare a Los Angeles come giocatore di beach volley (con Lupo che quest’anno per Parigi non si è qualificato e due motivazioni fortissime sono meglio di una) a quel punto sì che Ivan Zaytsev diventerebbe leggenda. Lui che nel 2008 è stato campione italiano di beach, addirittura prima di diventarlo nella pallavolo. E se la Nazionale azzurra guidata da Fefè De Giorgi non ha bisogno di lui, non è detto che un ace sulla linea stavolta non lo piazzi sulla sabbia.
 

Zaytsev, si aspettava di essere preso in considerazione per i Giochi olimpici di Parigi? Samuele Papi è andato a Londra a 39 anni.

"No, sulla Nazionale ho messo una pietra sopra, la mia avventura è conclusa. Possiamo disquisire sul come però…"
 

Come?

"Spiegata male, senza risposte alle mie domande. E per questo non l’ho ancora digerita. Ma non potevo fare nient’altro. Ora sto sul divano e faccio il tifo per i ragazzi".
 

Immaginava che quel luglio 2022 sarebbe stata la sua ultima apparizione con la maglia dell’Italia?

"Lì per lì speravo di no, ma da allora con De Giorgi non ci siamo più parlati. Precisamente da quando mi sono fatto 1200 chilometri in un giorno per sentirmi dire che mi facevano fuori".
 

La motivazione potrebbe essere che non faceva gruppo. È vero che lei e Juantorena vi pagavate la business class per stare più comodi nei viaggi aerei?

"Se non fare gruppo significava spendere soldi di tasca propria per arrivare più performante, preservare la salute fisica e mentale allora… Ho rinunciato all’Europeo del 2017 per permettere a tutti, oggi, di scegliersi le scarpe con cui giocare".
 

Lo rifarebbe?

"Sì, rifarei tutto. Io la sera dormo tranquillo".
 

Dopo tre anni a Civitanova quest’anno andrà via. Il primo ha vinto uno scudetto, poi è stato messo da parte. Perché?

"Dal secondo anno è iniziata la leggenda che ero troppo vecchio, però con me in campo arriviamo a gara 5 di finale, a un passo da un altro scudetto. Quest’anno mi hanno tolto visibilità e ho sentito la distanza con la proprietà, ma a Civitanova sono stato benissimo, abbiamo anche comprato casa e ci stabiliremo con tutta la famiglia. Ho fatto il massimo che potevo, come sempre. A volte serve, altre no".
 

Dove andrà a giocare adesso?

"Ho offerte dall’Italia e dall’estero. Non ho ancora deciso".
 

Una vicenda che la coinvolse, nel 2015, contribuì ad allontanare Mauro Berruto dalla pallavolo. Oggi che è in politica che ne pensa?

"Va ringraziato. Per la riforma sullo sport e per aver inserito la parola sport in Costituzione. Ha migliorato il nostro mondo".
 

Ha lavorato con Julio Velasco a Modena e con Lorenzo Bernardi a Perugia. Oggi allenano entrambi la Nazionale femminile.

"Julio è l’Ancelotti del volley e Lollo un vero vincente. Magari il primo oro della pallavolo arriverà dalle donne".
 

A proposito, le polemiche su Paola Egonu?

"Sono inutili e destabilizzano un’atleta fortissima. Però sta a lei decidere come interpretare la sua visibilità mediatica, deve imparare a filtrare le cose, a scegliere le persone al suo fianco".
 

È passato un anno dalla morte di suo padre, il primo pallavolista sovietico a giocare all’estero.

"Mi manca la chiacchiera, la critica, l’interazione quotidiana. E per motivi politici non sono ancora andato a salutarlo sulla tomba".
 

Ha aperto la Ivan Zaytsev Volley Academy. Cos’è?

"È una scuola, sia maschile che femminile, per ragazzi dai 10 ai 18 anni. Non è un camp, ma un progetto di alto livello, pensato per riproporre l’ambiente di Serie A.  Con me ci sono due amici, Michele Baranowicz e Francesco Biribanti".
 

Allora Zaytsev, punta alla quarta Olimpiade?

"Per ora mi sto solo allenando per il King beach volley tour. Mi faccio un giretto sulla sabbia. Ma di sicuro quando smetto di giocare lo decido io".

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