Tom Daley (foto Epa, via Ansa)

Quante vite nei 30 anni di Tom Daley

Francesco Caligaris

Dopo Tokyo il tuffatore aveva smesso di allenarsi. Poi suo figlio maggiore gli ha detto: “Papà, voglio vederti tuffare alle Olimpiadi”. E così è ritornato, un'altra volta, ha vinto due medaglie mondiali a Doha lo scorso febbraio e ora punta a Parigi

“I’m not a swimmer! I’m a diver!”, dice la sua biografia su X. “Non sono un nuotatore! Sono un tuffatore!”. È l’eterna confusione che atleti e appassionati di questo sport hanno imparato a dribblare col tempo. Ah vabbè, è la stessa cosa: no, non è la stessa cosa perché Tom Daley tra i tuffatori è probabilmente il più famoso al mondo. Un sondaggio lo ha indicato come la seconda personalità più popolare in Gran Bretagna tra chi pratica uno sport olimpico. Ha compiuto 30 anni, e la settimana scorsa è stato convocato per la sua quinta Olimpiade. Meglio di lui, nella storia dei tuffi, solo il giapponese Ken Terauchi, sei.

Pensate a un bambino che a sette anni inizia a fare uno sport e sette anni dopo è già alle Olimpiadi, Pechino 2008. Dietro di lui, come un’ombra, si muove sempre suo padre Robert: lo accompagna in piscina, non si perde mai una gara, gli cambia scuola quando i bulli lo prendono di mira (“Quanto valgono le tue gambe? Te le spezziamo!”) e nel 2009, al Mondiale di Roma, dopo la medaglia d’oro del quindicenne prodigio, si imbuca nella conferenza stampa come Hugh Grant in “Notting Hill”, prende la parola e dice: “Sono il papà di Tom. Dai Tom, abbracciami!”. Londra 2012 è alle porte, ma un anno prima Robert muore di tumore al cervello a 40 anni. Tom salta un solo allenamento e vince il bronzo dalla piattaforma davanti agli occhi di David Beckham. Le ceneri dell’amato padre sono letteralmente con lui, sepolte sotto una piastrella sigillata sul bordo della piscina. “Alla fine aveva il posto migliore di tutti”.

La finale olimpica di Londra 2012 passa alla storia anche perché Daley chiede e ottiene il permesso di poter rifare il suo primo tuffo, di poco sbagliato a causa di un flash. Dopo il bagliore accecante, però, ecco il buio. “Mi guardo indietro e penso: mi sono concesso il tempo di elaborare il lutto?”. Il processo è lungo, Daley ipotizza anche di ritirarsi, finché nel dicembre del 2013 pubblica sul proprio canale YouTube un video intitolato “Something I want to say...”, “Voglio dire una cosa…”. È il suo coming out (“Nella primavera di quest’anno la mia vita è cambiata radicalmente quando ho incontrato qualcuno che mi fa sentire così felice, così al sicuro e tutto è semplicemente fantastico. Quel qualcuno è un ragazzo”), e da quel giorno sono trascorsi più di dieci anni, un matrimonio (con lo sceneggiatore e regista Dustin Lance Black, premio Oscar nel 2009), due figli (con maternità surrogata) e chissà quante persone ispirate a compiere la stessa scelta. Una sicuramente: il tuffatore brasiliano Ian Matos, che l’ha citato nel suo coming out avvenuto appena due mesi dopo.

Nel 2015 Daley vince la medaglia d’oro nella gara a squadre al Mondiale di Kazan, ma nel 2016 rimane fuori dalla finale individuale dell’Olimpiade di Rio dopo aver dominato l’eliminatoria. Nel 2017, a Budapest, torna campione del mondo dalla piattaforma otto anni dopo Roma; nel 2018 sbaglia un tuffo in allenamento e si procura una commozione cerebrale. Discese ardite e risalite, e poi ancora in alto, con un grande salto: nel 2021, all’Olimpiade di Tokyo, un mese dopo un’operazione al menisco, è finalmente oro nel sincro dalla piattaforma insieme a Matty Lee. “Sono un uomo gay e anche un campione olimpico. Quando ero più giovane pensavo che non avrei mai raggiunto nulla, a causa di ciò che ero. Questo dimostra che si può ottenere qualsiasi cosa. Mio padre non mi ha mai visto vincere una medaglia olimpica, sposarmi, avere un figlio. Non mi ha mai insegnato a guidare, non ci siamo mai bevuti una birra al pub. È stato estremamente difficile per me”.

Sembrava tutto finito. Dopo Tokyo Daley ha smesso di allenarsi, è andato a vivere negli Stati Uniti, ha lanciato una marca di vestiti fatti con l’uncinetto e ha chiacchierato in un podcast con Greta Thunberg e Hillary Clinton. Ma un giorno, mentre si trovava in Colorado per visitare il museo del comitato olimpico americano, il suo figlio maggiore che si chiama Robert come il nonno che non ha mai conosciuto gli ha detto: “Papà, voglio vederti tuffare alle Olimpiadi”. Ed eccoci qui, con altre due medaglie mondiali vinte a Doha lo scorso febbraio, oro nella gara a squadre e argento nel sincro dalla piattaforma con Noah Williams, il suo partner anche a Parigi 2024. Qualsiasi cosa sogniate si può realizzare, qualsiasi difficoltà incontriate si può superare: questo racconta la storia di Tom Daley, questo dovrebbero scrivere sulla torta dei suoi 30 anni. Quante vite, in una vita sola.

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