ll portiere dell'Inter Yann Sommer (foto LaPresse)

il numero 1

Le mani di Yann Sommer sullo scudetto dell'Inter

Giovanni Battistuzzi

Ad agosto c'erano molti scettici e pochi entusiasti per l'arrivo del portiere svizzero. Duecentocinquantanove giorni dopo tutto è cambiato e il numero uno è riuscito a fare qualcosa che nessun estremo difensone era riuscito a fare nell'èra Simone Inzaghi

Quando il 7 agosto 2023 l’Inter annunciò l’ingaggio di Yann Sommer come sostituto di André Onana, il portiere camerunense che molto bene aveva fatto nella stagione 2022-2023 e ceduto al Manchester United, in molti, nella Milano nerazzurra avevano storto il naso. E non solo per lo storico e consolidato scetticismo che a Milano e dintorni, in tutta l’alta Lombardia e non solo, si ha nei confronti degli svizzeri. La domanda che si facevano i più era, più o meno, la seguente: ma non c’era qualcuno di meglio in giro? Il portiere svizzero aveva fatto una lunga carriera in squadre che non rientrano nell’èlite del calcio europeo e quando era arrivato al Bayern Monaco per sostituire Manuel Neuer non è che fosse stato perfetto. E nemmeno a vederlo, alto solo un metro e ottantatré, non è che desse grande fiducia. 

La dirigenza dell’Inter questa domanda non se l’era posta, o forse se l’era posta ma aveva giudicato che no, di meglio in giro non ce ne era. Nonostante tutto. Yann Sommer andava bene, e non solo perché costava poco. Andava bene per molte ragioni: perché era un portiere d’esperienza internazionale, discretamente buono con i piedi, bravo nel posizionamento e con una reattività fuori dal comune. E sì, costava poco. 

Duecentocinquantanove giorni dopo, lo scetticismo nei confronti di Yann Sommer è scomparso, nonostante sia rimasto quello per gli svizzeri in generale. Ma si sa che certi pregiudizi sono difficili da eliminare. 

Duecentocinquantanove giorni dopo, Yann Sommer forse non è diventato uno che scalda il cuore, gli svizzeri a Milano non scaldano mai il cuore – a meno che non tirino colpi a una pallina con una racchetta –, senz’altro però è stato uno dei protagonisti dello scudetto. 

E lo è stato non solo per le parate, per i gol evitati, per essere, a conti fatti, il portiere che ha subito meno gol nella Serie A. Lo è stato soprattutto perché è riuscito a cambiare qualcosa nella difesa dell’Inter che nessuno degli altri portieri che sono scesi in campo nelle stagioni a guida Simone Inzaghi – Samir Handanovič e André Onana – è mai riuscito a fare: infondere una totale serenità e fiducia ai compagni di squadra. 

Yann Sommer non è il portiere più forte che ha difeso la porta dell’Inter, non è nemmeno il più forte che ha difeso la porta dell’Inter guidata da Simone Inzaghi, ma è stato quello che è riuscito a tranquillizzare di più chi aveva davanti. È un po’ come nella reclame della Galbani di qualche anni fa, Yann Sommer come la Galbani, vuol dire fiducia. 

E vuol dire fiducia perché Yann Sommer non ha bisogno di urlare, di incazzarsi, di prendere la scena. La sua guida della difesa è silenziosa e dolce, sussurrata. Eppure inflessibile. Precisa e sottile come può essere il segno di un bisturi sulla pella. 

Da Francesco Acerbi ad Alessandro Bastoni, da Benjamin Pavard a Stefan de Vrij, da Matteo Darmian a Yann Aurel Bisseck, tutti hanno più volte sottolineato la serenità che hanno provato a giocare con Yann Sommer alle spalle, come si sentivano protetti, rassicurati dal fatto che ci fosse e di come si sentivano tranquilli di avere un portiere che non si ergeva a giudice delle loro prestazioni, che urlava poco e preferiva il conciliabolo alla sbuffata sbruffona. 

E quando una difesa ha totale fiducia, quando sanno che c’è qualcuno capace di comprendere la fallibilità umana e non a metterla in piazza e allo sberleffo, quella difesa gioca meglio, più libera, quindi più efficace. 

Duecentocinquantanove giorni dopo Yann Sommer ha messo le mani sullo scudetto, quello della seconda stella, quello che lascia alle spalle anni con poche gioie e qualche rimpianto. 

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