Julian Alaphilippe e Marion Rousse alla Bretagne Classic - Ouest-France 2023 (foto Getty Images)  

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Il caso Lefevere-Alaphilippe riporta nel ciclismo il vecchio pregiudizio sulle donne

Giovanni Battistuzzi

Le parole del general manager della Soudal - Quick Step contro il suo corridore e la sua compagna è un ritorno immotivato a un passato che questo sport pensava di aver superato

Per oltre un secolo il grande spauracchio degli allenatori e direttori sportivi del ciclismo era rappresentato dai piaceri amorosi. La regola era una sola: astinenza, il più possibile almeno. L’aveva colorita e resa celebre Eberardo Pavesi, prima pioniere del ciclismo (e vincitore di un Giro d’Italia, quello del 1912 con la classifica generale a squadre), poi grande direttore sportivo (il più vincente della storia: 15 Giri d’Italia, 13 Giri di Lombardia, 8 Milano-Sanremo in ammiraglia) della Legnano, per tutti semplicemente l’Avocatt: “Ricurdeve che se vurì andà fort bisogna ciulà no”. 

Tra gli anni Novanta e i primi Duemila, la questione è stata finalmente analizzata scientificamente e il “ciulà no” si è di molto affievolito, tanto da non essere più considerato un problema per la quasi totalità dei direttori sportivi. Le donne hanno iniziato a non essere più considerate come “nemico numero uno” degli atleti. E forse l’aumento di importanza e di popolarità del ciclismo femminile è dovuto, oltre che a una questione di aumento delle donne in bicicletta e a un maggior interesse commerciale di sponsorizzazioni, anche un po’ al superamento di questo pregiudizio. 

I pregiudizi sono però duri a scomparire del tutto. E ogni tanto ritornano, soprattutto in bocca a uomini che hanno cavalcato i decenni ciclistici e che sono diventati notori non solo per la bravura ma anche per la capacità di dire sempre quello che pensano senza filtri. 

Patrick Lefevere è il general manager della squadra ciclistica Soudal - Quick Step. È stato un discreto corridore, capace di vincere sei corse (tra cui una Kuurne-Bruxelles-Kuurne e una tappa alla Vuelta) in quattro anni di carriera, è diventato un ottimo direttore sportivo e uno straordinario dirigente. Uno che di ciclismo ci capisce, che ha la capacità di scoprire il talento dei corridori vedendo due pedalate appena e il dono di saper tirare fuori il meglio dai propri corridori. È uno che soprattutto non ha mai usato giri di parole per esprimere un concetto e non si è mai limitato a dire che tutto va bene quando non tutto andava bene. Se deve criticare un suo corridore lo fa sempre, sia in privato che in pubblico, perché, dice Lefevere, “i corridori devono essere e dimostrarsi adulti ed essere adulti vuol dire essere capaci anche di prendere qualche mazzata, assorbirla e dimostrare che è servita”. 

Patrick Lefevere è un tizio ambizioso, uno per il quale partecipare va bene solo se si arriva almeno sul podio. Uno che ha visto i suoi uomini vincere tantissimo e che ora continua a vincere nonostante abbia a disposizione un budget decisamente inferiore rispetto ad altre squadre del World Tour. E nonostante questo è riuscito a trattenere un campione come Remco Evenepoel, che altrove avrebbe potuto guadagnare moltissimo di più. Forse è anche per tutto questo che non riesce a non criticare il corridore che paga di più, il due volte campione del mondo Julian Alaphilippe, che gli costa 2,3 milioni di euro all’anno ma da due stagioni vince molto meno di quello che potrebbe e molto poco in generale. 

   

Patrick Lefevere e Julian Alaphilippe nel 2018 (foto Getty Images) 
     

Al settimanale belga Humo, Patrick Lefevere se ne è uscito, va detto all’interno di una lunga intervista, con espressioni non tenere – non è la prima volta – nei confronti del suo corridore. Ha detto che è “inadeguato al suo stipendio da campione”, a causa di “troppe feste, troppo alcol”. La colpa? “Julian è seriamente condizionato da Marion Rousse (la sua compagna, ndr). Forse troppo. Julian è come un cane giovane e pieno di energia, ogni tanto bisogna lasciarlo scorrazzare nel cortile, ma bisogna anche porgli i limiti, insegnargli che può andare ‘fin qui e non oltre’”. 

Marion Rousse ovviamente non ha gradito: “Quale che sia l’opinione del signor Lefevere nei miei confronti, è inammissibile il suo attacco alla nostra vita privata. Sappia che no, non bevo alcolici, mai. Sappia che non andiamo alle feste perché con un bambino di tre anni preferiamo essere in forma la mattina”. 

     

    

Marion Rousse è stata una ciclista professionista e ora è commentatrice sportiva per France Télévisions e dal 2021 direttrice di gara del Tour de France femminile. Gira spesso per lavoro e questo, secondo Patrick Lefevere non è cosa buona per il suo atleta.  

Nel messaggio sui social in risposta alle dichiarazioni di Patrick Lefevere, Marion Rousse ha sottolineato anche questo: “Non riuscirà, come mi ha già detto, a impedirmi di lavorare per tenermi occupata a stare semplicemente accanto a Julian durante la sua carriera. Sono entusiasta del ruolo che occupo e sappia che ho molti progetti. E le ripeto che in nessun caso le permetterò di parlare della mia vita privata. Per favore, ora la smetta di parlare indiscriminatamente e mostri più rispetto e... classe”. 

Il riferimento alla “mia vita privata” è anche una risposta a quello che è stato riferito da diversi ex compagni di Julian Alaphilippe e cioè che il manager esprimesse opinioni a proposito del fatto che prima di avere una relazione con Julian Alaphilippe, Marion Rousse fosse stata sposata – dal 2014 al 2019 – con un altro corridore professionista, Tony Gallopin. 

I due non si piacciono, non ci sono mai piaciuti. E questi sono fatti loro.

Il problema è che, dicendo quello che ha detto, Patrick Lefevere ha nei fatti deresponsabilizzato il suo corridore, pur attaccandolo, e dato la colpa delle sue non ottime prestazioni alla sua compagna. E questo sembra un modo un po’ pavido per cercare una risoluzione di un contratto, che comunque scadrà a fine stagione, per liberarsi di un corridore che ha vinto molto ma che dopo l’incidente alla Liegi-Bastogne-Liegi del 2022 sembra non riuscire più a ritornare ai livelli di prima della caduta, anche per una gestione non eccezionale del rientro in corsa (accelerato da parte del team belga). 

Julian Alaphilippe ha un ancora un anno per trovare un nuovo contratto, è all’inizio del suo anno zero, quello che lo deve riportare a essere il più vicino possibile al corridore che abbiamo avuto modo di vedere correre nelle passate stagioni. Riuscirci non sarà facile.