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Champions League

La notte galactica di Andrij Lunin

Marco Gaetani

Il portiere ucraino del Real Madrid ha parato tutto nella sfida contro il Lipsia in Champions League. L'arte di aspettare dell'estremo difensore e l'arte di capire gli uomini del suo allenatore, Carlo Ancelotti

Nove parate, alcune delle quali mostruose, non gli sono bastate per vincere il premio di Mvp della Uefa, ma chi ha assistito al bizzarro spettacolo di Lipsia-Real Madrid non ha alcun dubbio su chi sia stato il segreto dell’ennesima notte ai limiti del paranormale delle merengues in Champions League. Una squadra che sembra aver siglato un patto con il diavolo, capace di uscire dalle situazioni più scomode in Europa con risorse persino difficili da spiegare. L’asso nella manica di Carlo Ancelotti, stavolta, è stato un ragazzone di un metro e novanta, alla sua prima da titolare in una partita della fase a eliminazione diretta della competizione più importante del mondo. Il Real Madrid aveva deciso di acquistare Andrij Lunin dopo averlo visto all’opera in Europa League, quando difendeva i pali dello Zorja Luhansk: aveva 19 anni e per portarlo nel club più blasonato di tutti erano serviti 8,5 milioni più cospicui bonus. Troppo presto, forse: e allora via libera alla girandola di prestiti. Leganes, Valladolid, Oviedo. Tre destinazioni in due anni, la miseria di quattro presenze dal primo minuto nella Liga e metà stagione da titolare in Segunda.

Lunin ha dovuto imparare ad aspettare, è tornato a Madrid per stare all’ombra di Courtois, ma sembrava che non fosse mai abbastanza, che non fosse all’altezza di uno scenario capace di stritolare campioni dal nome ben più altisonante del suo. E il suo momento pareva dovesse sfumare anche quando il belga si è fatto male all’inizio di questa stagione, con il Real che, pur di tutelarsi, ha fatto arrivare a Madrid Kepa dal Chelsea. Ma sulla panchina madridista siede un uomo che, prima di essere un grandissimo allenatore, è soprattutto un profondo conoscitore di uomini. Ha capito che Lunin, per sbocciare, aveva bisogno di fiducia. Gliel’ha data all’improvviso, e Andrij non si è più guardato indietro. “Giocare gli sta dando fiducia, ha giocato una grandissima partita, la migliore da quando è qui”, ha detto ieri Carlo Ancelotti, in parte sorpreso per una delle migliori prestazioni mai fatte da un portiere del Real in Champions League, ma certamente consapevole delle grandi capacità di un ragazzo ancora giovane (è un classe 1999) e in grande crescita. Soltanto qualche mese fa, infatti, Ancelotti aveva fatto capire quanto i progressi di Lunin fossero notevoli: “Non è cambiato nulla con Kepa, abbiamo ancora fiducia in lui, ma Lunin ha dimostrato di poter giocare a questi livelli, ha messo in mostra carattere e personalità. Potrei alternarli, oppure potrei sceglierne uno come titolare da qui alla fine”, disse prima di lanciarlo in pianta stabile a metà novembre.

Quello dei portieri è spesso stato un tema caldo dalle parti di Madrid: proprio Ancelotti, nel 2014, decise di utilizzare Diego Lopez nelle partite di campionato e Iker Casillas in quelle di coppa, nell’anno che consegnò al Real la vittoria in Champions League a Lisbona contro l’Atletico Madrid, concetto che Ancelotti mutuò, con ogni probabilità, da Arrigo Sacchi, che nel 1990 trionfò in Europa con Giovanni Galli tra i pali mentre in campionato la porta veniva difesa da Andrea Pazzagli. Lunin spera di essere diventato il titolare a tempo del Real, ben sapendo che Courtois è pronto a riprendersi il posto nella prossima stagione. Per pensare al futuro c’è tempo, Lunin conosce bene l’arte della pazienza.

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