Foto LaPresse

Crocicchi #24

Una Serie A modello Sanremo

Enrico Veronese

Cosa sarebbe successo se il tilt attorno ai televoti per Geolier fosse accaduto un anno fa, con il Napoli saldamente in testa al campionato? Spunti sanremesi per capire l'ultima giornata di campionato

Meno male che il campionato di calcio non si decide al televoto. Le due manifestazioni più popolari nel paese, il Festival della canzone italiana e la Serie A, incrociano i loro destini a ogni inizio di febbraio: e come sempre sono polemiche, spesso motivate da un tifo territoriale, che non sempre si può tacere. Cosa sarebbe successo se il tilt attorno ai messaggi con il numero 18, il sangue della Smorfia, fosse accaduto un anno fa, con il Napoli saldamente in testa al campionato? “Ci voleva proprio” (si fa per dire) questa nuova spaccatura modello Pontida ’91, il resto d’Italia contro una città, espansa fin che si vuole: fra cori da curva e meme che fioccano, poi non si vede che chi vince è impastata di analogo sud e paralleli familismi, magari non televoted by Erry.

Intanto, a migliaia di chilometri di distanza, in finale di coppa d’Africa Victor Osimhen perde in guisa di Geolier ìdopo il vantaggio iniziale, questa volta gabbato da una Costa d’Avorio tanto incredibile quanto “accompagnata” fino al merito. Stesso risultato, nelle proporzioni, che gli azzurri di Mazzarri rimediano a San Siro nonostante cambi di pelle tattica in corsa, spauracchi sedati e tante regìe offensive: il ritrovato Kvicha Kvaratskhelia ora leader, Giacomo Raspadori quando è subentrato, lo stesso André Frank Zambo Anguissa. Continuando alla stessa maniera, però, e con il ritorno del totem i partenopei hanno tutti i crismi per potersi riassestare alla caccia dell’ultimo slot per la Champions League ventura, che per ora è addossato con merito all’Atalanta.

“Click, boom”, Ruslan Malinovskyi arma il sinistro per colpire Gian Piero Gasperini: non è bastato, ma sai la sua soddisfazione. L’ennesimo capolavoro orobico, parafrasando il Volo, sta nel dispiegare ora tutto il parco di alternative, dopo averle attese: dall’espressione leporina di Charles de Ketelaere – il centravanti del futuro che il Milan stava cercando? – al rinforzo “di gennaio” El Bilal Touré, il potenziale di fuoco nell’attacco bergamasco diventa prepotentemente uno dei fattori che determinerà i prossimi mesi. Perché sbancare Marassi per 4-1, nonostante le ultime due reti siano arrivate ai minuti 100 e 103 (vergogna, specie per i sette minuti in cui il Var non ha saputo decidere riguardo il gol annullato a Giorgio Scalvini) non è esattamente storia di tutti i giorni.

Sono queste pattuglie a presidiare il traffico della stagione nel momento cruciale delle due altalene (Mr.Rain) di quasi-testa e di coda: là dove l’Hellas Verona – dato quasi per spacciato dall’annuncio delle difficoltà giudiziarie ed economiche del suo proprietario – sta diventando una storia vera in mano a Marco Baroni, che ne plasma l’undici e infonde non solo dignità: occhio a Folorunshop, la bottega della concretezza, nuovo leader in campo investito dei galloni da veterano dopo soli otto mesi sotto l’Arena. Ma i veneti sanno che la lunga rincorsa alla salvezza sarà in apnea, il ritornello di Emma debitore verso i tempi in cui Romeo e Giulietta vincevano il primo e unico scudo: “Ti muovi”, nei bassifondi, è la classifica prima di tutto.

Se Emanuele Palumbo – vero nome di Geolier – sfila scudettato negli striscioni a Forcella, pazza in stile Loredana Bertè è per definizione l’Inter, capace di andare sotto la pioggia di Roma e di riemergere grazie ai numerosi ombrelli in dotazione. Nell’altra riva del Naviglio, il Milan indossa la tuta gold – i riflessi nella maglia posh indossata da Mike Maignan – per consolidare il terzo piazzamento sopra il podio, abbracciando l’estetica cosmopolita, urban e newyorkese assieme a Zlatan Ibrahimovic sopra il palco dell’Ariston. Poco distante, in Brianza, la cumbia della noia è suonata dal Monza assieme all’Hellas: vabbè che la latinità non impone nacchere (chiedere proprio a Mango padre), ma qualcosa di più spumeggiante era lecito attenderlo da chi ha meritato i punti grazie al gioco espresso.

Per fortuna, ci sono sempre motivi per amare questo sport: l’azione che ha portato al terzo gol del Bologna, spettacolare più del bel refrain di Maninni, ad esempio. I colori nella finale di Coppa d’Africa, di cui sopra; e i tre rigori per il Qatar nell’analogo epilogo casalingo in Asia? “Tu no”. Piuttosto la tifoseria veronese che si veste da Bacanal del Gnoco, il carnevale scaligero, per andare in trasferta: lo spirito che vorremmo sempre vedere. E pazienza se, come certe feste nate esclusive, si ritroverà costretto ad aprire i cancelli per scarsità di pubblico occasionale: ci sono diamanti grezzi cui appassionarsi, da Clara a Luca Lipani, a Gianluca Gaetano che scomoda i goal di Lorenzo Insigne. Quindi, non è ancora il momento di dire “finiscimi” (Sangiovanni) a un sistema autodistruttivo (La SAD): semmai sono “pazzo di te”, un attestato di fiducia a questo sport che è “casa mia”, e prima o poi una nuova “onda alta” arriverà.

Di più su questi argomenti: