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tra calcio e letteratura

Quer pasticciaccio brutto de Via der Mare

Gino Cervi

Don Ciccio Ingravallo e la crisi in Serie A del Milan. Quel filo che lega la squadra di Stefano Pioli e il grande libro di Carlo Emilio Gadda (a 130 anni dalla nascita"

A sentire la ridda di voci ora isteriche e parossistiche, ora accorate e lamentose, ora millenaristiche o dinamitarde – il più di frequente, in ogni caso, tarde e zòppiche di lessico, per non dir di sintassi –  che da sabato scorso, ultima partita di campionato, si affollano intorno al brutto e assai pasticciato pareggio del Milan in quel di via del Mare a Lecce, viene da pensare alle parole di un funzionario di polizia investigativa, uno che parlava lento e sonnolento come uno Zeman molisano, la capigliatura "lucida come la pece e riccioluta come un agnello di Astrakan", un mozzicone di sigaretta che pareva spento e pencolava a un angolo delle labbra carnose.

"Sosteneva, fra l'altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo".

Se non l’avesse già inventato quasi un’ottantina d’anni fa l’ingegner Carlo Emilio Gadda – oggi 130 anni dalla nascita, il 14 novembre 1883: lunga vita all’Ingegnere, almeno nei nostri pensieri e nelle nostre letture! – don Ciccio Ingravallo, che fa la sua comparsa fin dalla seconda pagina del mai terminato romanzo filosofico-poliziesco Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, bisognerebbe inventarlo di nuovo. Inventarlo a uso e consumo ma soprattutto ad antidoto delle opinioni nevroticovaganti del calcio scritto, parlato, pettegolato, urlato, twittato e memizzato.

Pioli, un genio il martedì sera in Champions diventa un pirla di sabato pomeriggio in Salento, perché mica si può sostituire un terzino con un mediano, né tanto meno insistere nello stravedere la transustanziazione di Dino Sani nei piedi e nella testa di Rade Krunic.

Matteo Osti, il capo dei preparatori atletici dei rossoneri, viene da più parti sacramentato come del resto il suo stesso cognome invita a fare, per la falcidia di infortuni muscolari che, ormai da qualche anno, ha trasformato Milanello in un reparto di lungodegenti. Ma siccome la saggezza popolare ricorda che il pesce puzza dalla testa, sapete dove stavano gli alti dirigenti del Milan mentre la squadra, nel secondo tempo di Lecce, sveniva sul campo come una educanda alla vista di un priapo asinino? Ad aprire una Casa Milan a Dubai con sorridente foto di rito e taglio del nastro e kefiah…

Senza poi contare che abissali sono stati gli errori arbitrali, esecrabili le leggerezze del Theo, imperdonabile la stizza dell’Oliviero, ridicola la fermezza non figurata di Jovic e, financo, strabiliante la fotta del Mike Magnan sul tiro last-minute di Piccoli.

A cercar bene, si potrebbe forse trovare addirittura qualcuno che ce l’ha ancora con Maldini per aver comprato De Ketelaere.

Tutto questo trova risposta nelle idee generali "sui casi degli uomini: e delle donne" con cui don Ciccio Ingravallo interrompeva il suo sonnolento silenzio, con "rapidi enunciati, che facevano sulla sua bocca il crepitìo improvviso di uno zolfanello illuminatore, rivivevano poi nei timpani della gente a distanza di ore, o di mesi, dalle enunciazione: come dopo misterioso tempo incubatorio. 'Già!' riconosceva l’interessato: 'il dottor Ingravallo me l’aveva pur detto'".

Perché il suddetto commissario era dell’opinione che bisognasse «riformare in noi il senso della categoria di causa, quale avevamo dai filosofi, da Aristotele a Emmanuele Kant, e sostituire alla causa le cause». Cosicché tutti i casi più intricati, tutti i delitti più complicati, toccavano a lui, dal momento che "la causale apparente, la causale principe, era sì, una. Ma il fattaccio era l’effetto di tutta una rosa di causali che gli eran soffiate addosso a molinello (come i sedici venti della rosa dei venti quando s’avviluppano a tromba in una depressione ciclonica)".

E ciclonica in effetti è la depressione del tifoso milanista, ciclotimicizzato da un lato tra gli entusiasmi del nuovo corso, dei bilanci in attivo, dello stadio in arrivo, degli hub di Dubai e, dall’altro, dagli incubi dei derby, dalla beffa dei gobbi, dagli inespugnabili castelli di Udine, dai ricorrenti e inopinati black-out nelle riprese…

Che se potessimo doppiare Zlatan Ibrahimovic con lo stesso strascicato slang di don Ciccio Ingravallo, tra il molisano e il napoletano, potremmo con buona ragione sentirgli dire: "Quanno me chiammeno!... Già. Si me chiammeno a me… può stà sicure ch’è nu guaio: quacche gliuommero… de sberretà".

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