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L'oscena bellezza dei giovedì delle coppe europee

Jack O'Malley

I primi turni di Europa League e Conference sono un horror che tiene incollati allo schermo

Ognuno ha le sue perversioni, e io da qualche anno ho sviluppato una preoccupante parafilia per i turni iniziali di Europa League. Da quando poi l’Uefa ha introdotto anche quel torneo parrocchiale europeo che è la Conference League, facendola giocare lo stesso giorno e agli stessi orari, l’appuntamento con la diretta orgiastica di tutti i match in contemporanea del giovedì sera è più imperdibile di un giro di birra offerto al pub. C’è del tragico, e dunque del sacro, in quegli stadi semivuoti di città improbabili, nelle magliette con i colletti fuori misura e disegnate con arabeschi da quaderno delle cornicette stampati su materiali che irritano i capezzoli dei giocatori, nelle pettinature che scimmiottano quelle dei colleghi della Champions, ma più mosce e unte.

Le partite dei gironi del giovedì di coppa sono un purgatorio senza redenzione, un horror che ci tiene incollati allo schermo per vedere fin dove lo splatter arriverà. Forse invidiosa di tutto ciò la Fifa ha partorito l’idea del Mondiale 2030 che, per tenere buoni tutti e permettere ai Sauditi di organizzare quello dopo, inizierà nel gelido inverno della Patagonia argentina per continuare nella torrida estate marocchina. Ma al momento il giovedì di coppa è irraggiungibile. Parliamo di un mondo parallelo in cui Belotti segna una doppietta a una squadra ottava nel campionato svizzero (non pensavo esistesse, il campionato svizzero), un universo nel quale portieri grassi e col pizzetto sul doppio mento cercano di scartare gli attaccanti e inciampano: il giovedì di coppa a inizio stagione è il metaverso delle pippe che possono dire di giocare in Europa come i bambini che a Natale bevono un sorso di spumante dal bicchiere del nonno possono dire “ho bevuto il vino”. BK Häcken-Qarabag FK, Toulouse-LASK, Breidablik Kopavogur-Zorya Luhansk non sono anagrammi da risolvere, ma alcune partite giocate giovedì sera.

Quanta oscena bellezza in quegli scampoli di gloria che la tv regala a squadre di cui gli stessi tifosi ignoravano l’esistenza, quanta inutile speranza in quegli ultras di provincia che urlano forte il loro amore per dei colori che tra due mesi avremo dimenticato. Come gli idioti che postano sui social le foto dai posti di vacanza e scrivono “lasciatemi qui” (ma magari, dico io), il mio sogno più perverso è quello di essere lasciato qui, in una eterna seconda giornata dei gironi di Europa e Conference League, là dove le cappelle difensive sono il piatto della casa, i colpi di tacco sono quasi sempre svirgolati, i gol all’incrocio sono a mezza altezza, gli sponsor sono brutti, gli scarpini passati di moda e il Molde FK ha i suoi 90 minuti di notorietà. E poiché al peggio non c’è mai fine, i sadici dell’Uefa si sono inventati, oltre agli scarti della Champions che finiscono in Europa League, i playoff per gli ottavi per chi arriva secondo nel girone e i playoff per andare ai sedicesimi di Conference per chi arriva terzo e quarto. Un vortice infernale, un gorgo che trascina sempre più in basso. Chi arriva secondo nel girone di Conference a sua volta farà i playoff per continuare in quella coppa. E chi arriva terzo o quarto? Se l’idea è andare a giocare nella competizione più scarsa, perché non in Serie A?

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