Foto A.S.O./Pauline Ballet 

si chiude la seconda settimana della Grande Boucle

Al Tour de France è stato il giorno di Poels. E del rischio di perdere tutto

Giovanni Battistuzzi

Una caduta causata da uno spettatore poco interessato al gruppo che arrivava ha rischiato di farci perdere l'ennesimo duello a scatti e logorio mentale tra Vingegaard e Pogacar. Ha vinto l'olandese, van Aert ci è andato vicino, Ciccone è a pois

Tutto il Tour de France ha trattenuto il fiato per qualche istante. Lo scenario peggiore, quello che nessuno aveva nemmeno mai preso in considerazione, perché i brutti pensieri si cerca sempre di metterli in disparte e non dar loro peso, si stava invece materializzando che di chilometri all’arrivo ne mancavano 128 e di salite parecchie da scalare. La fuga era partita, Julian Alaphilippe era al solito davanti a tutti – perché tra le tante cose che questa corsa ci sta regalando è anche l'ardore e l'ostinazione dell'ex campione del mondo di andare più forte delle sue gambe non al meglio –, il gruppo inseguiva ancora incerto se interessarsi o meno degli avanguardisti. Ad Aviernoz di gente in strada ne era scesa parecchia, la grande maggioranza festosa e tranquilla, qualcuno aveva fatto qualche passo di troppo verso il centro della strada. Uno, che non si bene perché si sbracciava con lo sguardo rivolto dalla parte opposta all’incedere del gruppo, ha urtato il braccio di Nathan van Hooydonck, gregarione (per dimensioni corporee) della maglia gialla. Il belga è caduto, una ventina di corridori con lui, a catena dalla parte destra della strada al centro. Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar, sulla sinistra della carreggiata, sono passati a meno di mezzo metro dal patatrac. È andata bene a loro, molto bene. Sarebbe potuta essere la tappa del disastro. Quella nella quale chi aveva reso magnifico sino a questo momento l’edizione centodieci avrebbe potuto fare i calcoli con le parti del corpo doloranti e non solo l’addizione dei secondi persi e guadagnati.

   

 

Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar hanno evitato l’asfalto, lo evitano con più facilità degli altri i grandi corridori. Sono riusciti a proseguire il loro gioco di scatti e dispetti, il loro procedere uno dietro l’altro, uno affianco all’altro in un continuo tentativo di logorare le certezze altrui. Soprattutto a incanalare l’attenzione su di loro. In modo totale, a tratti totalizzante. Ne vale la pena, il loro duello è elegante solo come sa esserlo quello in pedana a colpi di fioretto. Raffinatezza e precisione, controllo fisico e mentale. Non si può chiedere di meglio a questo sport, allo sport.

Totalizzante che anche la regia francese ne era incantata a tal punto di rischiare di perdersi la gioia di Wout Poels a braccia alzate sotto il traguardo di Saint-Gervais Mont Blanc. Non aveva mai vinto al Tour de France (o in qualsiasi altra corsa a tappe di tre settimane) l’olandese, ha rischiato di non aver ricordi video di questo giorno. Difficilmente se lo dimenticherà, e sarà così anche per noi, perché quando vince Wout Poels, non accade spesso, lo fa sempre per sommatoria di ostinazione, coraggio e intelligenza tattica. C’è una cosa che chiunque capitano che ha avuto l’onore di ricevere i suoi servigi gli ha sempre riconosciuto: Wout Poels sa cosa e quando è meglio fare qualcosa. Lo disse Chris Froome, si trovò d’accordo Mikel Landa. Lo dimostrò in una delle occasioni che si ritagliò per correre per sé stesso e non per gli altri: alla Liegi-Bastogne-Liegi del 2016 trovò prima il momento giusto per farsi beffa del gruppo, poi le energie per superare allo sprint due corridori parecchio veloci nelle volate tra pochi: Michael Albasini e Rui Costa.

 

    

Lo ha dimostrato anche oggi. Ha per chilometri lasciato che Giulio Ciccone e Mattias Skjelmose facessero ritmo in testa alla corsa nel tentativo di far guadagnare al primo più punti possibile – missione compiuta vista la conquista, almeno per oggi, della maglia a pois –, si è disinteressato degli scatti di Marco Haller, Rui Costa e Marc Soler. Ha atteso quello che a suo modo di vedere era quello, l’unico?, da seguire. E quando Wout van Aert è partito lui era lì, a ruota. Non ha mai saltato un cambio, ha sempre dato una mano: le buone abitudini del gregario non le si perdono da un giorno all’altro. Ha atteso il momento giusto. Sulla Côte des Amerands, due chilometri e settecento metri di strada che punta al cielo sempre in doppia cifra, si è sbarazzato di Wout van Aert e Marc Soler. Ha proseguito solo, solo è arrivato. È diventato il corridore meno giovane ad aver vinto una tappa alla Grande Boucle.

Sembra che sia impossibile invece raggiungere la solitudine per Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard. Nessuno dei due la concede all’altro, nessuno dei due può concederla all’altro. La maglia gialla la conquistò sul Col de Marie Blanque e la trovò dolcissima. Lo sloveno salendo verso Cauterets-Cambasque, poi sul Puy de Dôme. La vorrebbe conquistare su ogni salita, non gli sta riuscendo. Sono uguali Vingegaard e Pogacar, pedalano fortissimo entrambi, lo hanno capito, stanno provando a immaginarsi come uscire da questo stallo. Martedì la cronometro, l’unica del Tour de France, potrebbe dare una mano, ma non è detto.

Oggi Tadej Pogacar ha provato a giocare d’astuzia. Prima ha perso qualche mezzo metro dalla ruota di Jonas Vingegaard, poi si è fatto staccare da Adam Yates. La maglia rosa però non è uno sprovveduto, gli è bastato guardarlo in faccia, vedere la sua smorfia e quel suo viso pallido nonostante il sole per capire che di quello che vedeva non c’era da fidarsi. Aveva il mezzo sorriso, quello solito, di sempre. È tornato a pedalare con lo sguardo vigile, con la consapevolezza che quell’altro avrebbe attaccato. È andata come aveva immaginato. È andata che lui non ha perso un metro, nemmeno quelle poche decine, poi annullate, che aveva concesso il giorno precedente sul Col de Joux-Plane.

Tutto è ancora pari: dieci secondi, quelli che ha Vingegaard su Pogacar, sono un nulla. Sono una trama perfetta, una scrittura magistrale che ci tiene lì a vedere tappa dopo tappa cosa può succedere, perché non c’è nessuno che sa come può finire questa corsa, chi riuscirà a vestire la maglia gialla con alle spalle l'Arco di Trionfo al tramonto. Allez le Tour.

   

Tour de France 15a tappa: l'ordine d'arrivo e la classifica generale

Results powered by FirstCycling.com