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Nba

Il Draft di Wembanyama & co. Chi sono i migliori talenti pronti ad arrivare in Nba

Andrea Lamperti

I San Antonio Spurs hanno la prima chiamata e dovrebbero scegliere il talento francese. Poi toccherà a Charlotte, Portland, Houston e Detroit. Viaggio tra i giovani più forti che entreranno nel più importante torneo di basket al mondo

Il Draft 2023 è alle porte, con le solite certezze - poche, a dire il vero - e incognite in arrivo nella serata di giovedì al Barclays Center. Storicamente, è la notte madre di ogni what if e delle retrospettive col maledetto senno di poi, croce e delizia di scout e dirigenti Nba; è la notte delle intuizioni geniali e dei rimpianti più dolorosi, tra chi pesca un Mvp al secondo giro (come Jokic, fresco di vittoria del titolo con i Nuggets) e chi spreca una chiamata in top-3 per Bagley, Bennett o Kidd-Gilchrist. Il Draft è la scienza più inesatta del mondo, e non potrebbe essere altrimenti, avendo come protagonisti dei ragazzi ancora giovanissimi e il più delle volte acerbi.

L’avvicinamento alla 77esima edizione presenta una sola sicurezza: il primo nome chiamato da Adam Silver, per conto dei San Antonio Spurs, sarà il francese Victor Wembanyama. L’enfant prodige ha rubato da anni l’occhio degli osservatori e negli ultimi mesi ha portato i modesti Metropolitans 92 alle finali del campionato francese, mostrando un potenziale che lo rende il prospetto più atteso dai tempi di LeBron James. Di “Wemby” si è parlato tantissimo di recente, per le dimensioni fisiche (2.25 metri di altezza e 2.44 di apertura alare) e la fluidità nei movimenti, che ne fanno un aspirante difensore di primo livello; qualità che abbina ad uno skillset offensivo da guardia, tra doti nel trattamento della palla e ampio raggio di tiro. Un mix, senza esagerazioni, mai visto.

Detto di Wembanyama e del suo annunciato sbarco in Texas, le squadre che giovedì sceglieranno dopo gli Spurs avranno comunque un’abbondanza di talento da cui attingere. La Lottery ha regalato le altre chiamate in top-5 rispettivamente a Charlotte, Portland, Houston e Detroit, ma non sono da escludere cambiamenti in tal senso. La Draft night, infatti, si preannuncia parecchio movimentata sul piano commerciale, tra chi è intenzionato a cedere la propria pick in cambio di giocatori già pronti, e chi invece ambisce a scalare l’ordine di scelta per mettere le mani sui giovani di maggior prospettiva.

Il primo di questi è Scoot Henderson, in arrivo da G League Ignite e in prima fila per la seconda chiamata. Si tratta di una point guard con una combinazione esplosiva di atletismo e forza fisica, che ha mostrato ottime doti da playmaker e una promettente crescita anche nel fondamentale in cui pare più deficitario, il tiro da fuori. Se riuscirà a confermare tali progressi anche al piano di sopra, i suoi orizzonti sono quelli di un astro nascente.

Il suo principale rivale per la seconda chiamata sarà Brandon Miller, reduce da una convincente stagione a University of Alabama. L’ala classe 2002, oltre 2.05 metri, ha convinto gli scout Nba di avere le carte in regola per diventare uno dei migliori tiratori in circolazione; i dubbi sul suo conto vertono sulla possibilità che sviluppi in futuro un arsenale offensivo - e in particolare realizzativo - più ampio, per via della carenza di esplosività e atletismo.

Alle loro spalle, non mancano i prospetti intriganti: dai gemelli Thompson (Amen e Ausar, in arrivo da Overtime Elite) a Cam Whitmore (Villanova), passando per Jarace Walker (Houston), Taylor Hendricks (UCF), Anthony Black (Arkansas) e Bilal Coulibaly (compagno di Wembanyama ai Mets 92). O magari, chissà, il talento più cristallino potrebbe emergere un’altra volta dalle retrovie, come accaduto con i leader delle due finaliste di quest’anno, Nikola Jokic (41esima scelta) e Jimmy Butler (30esima). Nel Draft, è davvero tutto possibile.

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