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Suzanne Lenglen, la divina. Chi è la donna a cui è stato dedicato il secondo stadio del Roland Garros

Mauro Zanon

È stata la prima donna a fare del tennis un mestiere, la prima stella internazionale dello sport femminile, la prima a introdurre il glamour sui campi

Parigi. Per molti è soltanto il nome attribuito al secondo stadio più importante del Roland Garros dopo il Philippe Chatrier. Ma Suzanne Lenglen è stata soprattutto la più grande tennista francese della storia, la prima donna a fare del tennis un mestiere, la prima stella internazionale dello sport femminile che introdusse il glamour sui campi da tennis. È per tutti questi motivi che Gianni Clerici decise nel 1984 di dedicarle una biografia, “Suzanne Lenglen. La Divine” (Rochevignes), che in Italia uscì soltanto nel 2002: una dichiarazione d’amore a quella che è stata, per il giornalista italiano, la donna più desiderata di Parigi tra il 1920 e il 1927 (gli anni in cui vinse sei volte il Torneo di Wimbledon e altrettante gli Internazionali di Francia), più ancora di Sarah Bernhardt e Joséphine Baker. “Leggera sulla punta delle espadrillas come una ballerina, le avversarie se la ritrovavano d’improvviso a rete, e si battevano da sole pensando che un banale pallonetto fosse sufficiente a superarne la modesta statura. Suzanne, capace di saltar la rete a piedi pari, si librava leggerissima verso l’alto, e non falliva una sola schiacciata”, racconta Clerici.

   

Foto Ap, via LaPresse
    

Nata a Parigi nel 1899, Suzanne passò la sua infanzia in Piccardia, nella proprietà di famiglia di Marest-sur-Matz. Giocava a golf, faceva equitazione, nuoto, danza, ginnastica, ma è nel lawn-tennis, versione moderna dello Jeu de Paume importata da alcuni turisti inglesi in Francia verso il 1878, che mostra un talento fuori dal comune. Il padre, Charles Lenglen, assiduo sportivo, le offrì la prima racchetta a undici anni e la sottopose a ritmi forsennati di allenamento: fu il primo padre-allenatore della storia del tennis, e i risultati non tardarono ad arrivare. Nel 1914, a soli 15 anni, la piccola Suzanne, agile e leggiadra sui campi come una danseuse dell’Opéra de Paris, andò in finale ai Campionati del mondo su terra battuta, competizione antesignana del Roland Garros, cedendo di poco alla connazionale Marguerite Broquedis. Poi, nel 1919, vinse il suo primo Wimbledon in una finale da antologia contro l’inglese Dorothea Lambert-Chambers, davanti a re Giorgio V e alla sua sposa. Fu l’inizio della gloria.

L’anno successivo, tornò all’All England Lawn Tennis & Croquet Club da campionessa e, oltre a riconfermarsi vincitrice, rivoluzionò la moda del tennis femminile. Grazie a una collaborazione con l’amico stilista Jean Patou, Suzanne si presentò infatti a Londra con una gonna a pieghe che arrivava al ginocchio e una canotta senza maniche, accompagnate da una semplice fascia da portare sui capelli: un vestito giudicato scandaloso all’epoca (tutte le altre tenniste giocavano con abiti che coprivano quasi tutto il corpo, con corsetti e cappelli a tesa larga). A confermare il carattere ribelle e sbarazzino di Suzanne c’era anche l’abitudine, tra un set e l’altro, di sorseggiare brandy, cognac o armagnac a seconda dei suoi desideri, e di sorridere maliziosamente al pubblico nelle prime file. Suzanne Lenglen diventò così l’archetipo della donna moderna, sportiva, audace e avanguardista, che si trucca e si veste con indumenti colorati, liberando lo sport femminile dalle rigidità borghesi e affermandosi come femminista. Anche il suo stile di gioco era rivoluzionario per quei tempi. Era solita servire dall’alto e tirare palle molto precise, e veniva a rete con continuità, mostrando un’eccezionale coordinazione nelle volée.

Nel 1926, Suzanne fu protagonista della cosiddetta “partita del secolo” al torneo del Carlton Club di Cannes contro la tre volte campionessa in carica agli U.S. National Championships Helen Wills Moody. Tutti i tremila posti a sedere del campo principale furono venduti a 300 franchi ciascuno, insieme ai posti in piedi, fino all’esaurimento di spazio, a 100 franchi a testa. I proprietari delle sontuose ville adiacenti al campo vendettero biglietti fittizi a numerosi appassionati per seguire lo scontro dal tetto. E quelli che non riuscirono a trovare nemmeno quel biglietto, decisero di arrampicarsi sugli alberi. L’esito della partita fu a senso unico per la Lenglen: vittoria in due parziali, 6-3 8-6. Nella sua carriera, la “Divine” vinse 241 titoli tra singolari e doppi, tra cui 13 tornei del grande slam e 3 medaglie olimpiche, con una percentuale di vittorie che si aggira attorno al 98 per cento. Scrissero un giorno due giornalisti francesi: “In principio, non c’era nessuno. Dio creò prima Adamo, poi Eva, e infine Suzanne Lenglen”. La Divine.

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