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calcio e razzismo

Gli insulti razzisti a Vinicius sono diventati un caso diplomatico tra Brasile e Spagna

Francesco Stati

Durante la partita Valencia-Real Madrid del 21 maggio, alcuni tifosi dei valenciani hanno insultato l'attaccante dei Blancos. Da Brasilia sono arrivate proteste istituzionali: l’ambasciatrice spagnola nel paese è stata convocata dal ministro degli Esteri. L'intervento di Lula

"Oggi, in Brasile, la Spagna è conosciuta come un paese di razzisti". La pensa così Vinicius Jr, vittima di un grave episodio di discriminazione, la pensano così calcio e politica brasiliana. Pur essendo l’ennesimo incidente con protagonista l’attaccante carioca, l’ennesimo nel mondo del pallone, la novità è che i fatti di Valencia-Real Madrid del 21 maggio hanno messo in crisi le relazioni diplomatiche tra il suo paese natale, il Brasile, e quello dove gioca, la Spagna.

A 20 minuti dalla fine della partita, Vinicius si rifiuta di continuare a giocare. Dopo aver protestato per una giocata antisportiva, viene bersagliato da ripetuti insulti razzisti provenienti dai tifosi del Valencia. Si ferma, pretende che i responsabili vengano allontanati, li indica. Viene confortato da Carlo Ancelotti, il suo allenatore, dal portiere dei Blancos Thibaut Courtois. "Mi ha chiamato scimmia", dice all’arbitro. Poi, dopo dieci minuti di interruzione, il gioco riprende, ma con esso anche i cori. A fine partita Vinicius perde la testa e si fa espellere negli sviluppi di una rissa ed esce nel pieno degli insulti della tifoseria di casa.

"Il razzismo è ormai consuetudine nella Liga. Ma io sono forte e andrò fino in fondo", commenta amaro l'attaccante brasiliano, appoggiato anche dalle parole di Ancelotti ("L’intero stadio gli ha urlato 'scimmia'. Hanno iniziato a insultarlo dal primo minuto. Penso che la Liga abbia un problema molto serio in questo senso"). Nonostante la difesa del Valencia e delle alte sfere del campionato, dall’altra parte dell’Atlantico la bomba esplode.

Al G7, in Giappone, Lula è intervenuto nella vicenda. "Non è giusto che un ragazzo che sta avendo successo venga insultato in ogni stadio", commenta il presidente brasiliano. Il Cristo di Rio viene spento in segno di protesta. L’ambasciatrice spagnola a Brasilia viene convocata dal ministro degli Esteri carioca, che in un comunicato si dice "estremamente insoddisfatto". Per il ministro dei Diritti umani "il comportamento di autorità e Federcalcio spagnole spalleggia il razzismo", mentre quello della Giustizia annuncia la possibilità da parte dell’esecutivo di “farsi giustizia da solo” usando il principio di extraterritorialità che prevede la possibilità, in casi eccezionali, di applicare la legge brasiliana anche all’estero per tutelare un proprio cittadino. Una sorta di minaccia alle autorità spagnole: "Se non fate voi – pare suggerire il Guardasigilli – ci penseremo noi".

A Madrid il messaggio arriva. La procura di Valencia, dopo la denuncia di Real e sindacato spagnolo dei calciatori, ha aperto un fascicolo contro ignoti per crimini d’odio, mentre tre giovani sono stati fermati perché sospettati di aver rivolto a Vinicius insulti razzisti. "Non ci deve essere posto per l’odio e la xenofobia nel nostro calcio o nella nostra società", si difende il presidente spagnolo, Pedro Sanchez, mentre il ministro degli Esteri del suo gabinetto aggiunge: "La Spagna ripudia il razzismo e il nostro governo dissiperà ogni dubbio su questo". La federazione calcistica spagnola, intanto, ha disposto la chiusura del settore del Mestalla coinvolto nell’incidente sportivo-diplomatico. Il Valencia ha annunciato appello. Dal campo di calcio a quello politico, la vicenda è destinata ad avere lunghi strascichi.

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