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L'affaire Gobert è il capolavoro al contrario dei Minnesota Timberwolves

Francesco Gottardi

In Nba la franchigia del presidente Tim Connelly ha ipotecato il futuro pur di accaparrarsi il forte centro francese. Che però non risolve i problemi e anzi ne crea: negazionista del Covid, antisportivo provetto, ora perfino pugile improvvisato (contro un compagno di squadra)

A Minneapolis si ricorderanno a lungo di tale Tim Connelly. Da maggio scorso è il general manager dei Minnesota Timberwolves, a caccia del salto di qualità dopo anni di anonimato Nba. Bene, succede che in estate Connolly è l’artefice di una trade gigantesca: agli Utah Jazz vanno Malik Beasley, Patrick Beverley, Leandro Bolmaro, Walker Kessler, Jarred Vanderbilt e soprattutto quattro prime scelte ai draft del 2023, 2025, 2027, 2029 più una prelazione a quello del 2026 – di fatto, il futuro della propria franchigia; ai T’Wolves invece, arriva il 30enne Rudy Gobert. Che viene cosparso di dollari (quadriennale da 170 milioni, fino al 2024 sarà il primo salario della squadra) e incaricato di trascinare i suoi ai vertici della Western Conference. Oggi succede che Gobert è stato sospeso dalla rosa. E i Timberwolves sono a un passo dall’essere fuori da tutto. Di nuovo.

 

La notte clou, che ha fatto il giro di tutta l’America, è stata quella del 9 aprile. Ultima partita di regular season: Minnesota-New Orleans è uno spareggio per l’ottavo posto a ovest e i padroni di casa partono male. Durante un time-out Kyle Anderson se la prende con Gobert per la scarsa presenza in difesa. E in tutta risposta Gobert tira un pugno al compagno. A fine primo tempo ne tira uno anche Jaden McDaniels, ala grande dei T’Wolves, al muro del tunnel che porta agli spogliatoi. Nessuno dei due rientrerà in campo: il francese per scelta tecnica, l’altro perché si è fratturato la mano – e stagione finita. Senza ulteriori fonti di stupidità, la squadra nella ripresa rimonta e vince. Ed è andata vicina, vicinissima a ripetersi mercoledì notte: a Los Angeles, i Lakers di James e Davis si sono presi di prepotenza il primo atto di play-in ai supplementari. Ma senza Gobert (sanzionato per motivi disciplinari), i ragazzi di coach Chris Finch hanno giocato una splendida pallacanestro corale, guidando perfino di 15 punti nel terzo quarto per poi cedere fisicamente di schianto: “Avremmo meritato di vincere”, commenta l’allenatore. “Per tutta l’annata ci siamo dannati a trovare noi stessi: ora ci siamo”.

   

E Minnesota ha davanti a sé un’altra partita secca per l’ultima posizione utile ai playoff. Stando a Espn, Gobert dovrebbe aver scontato la sua punizione. Anche perché relegarlo ai margini sa di ammissione di colpa che la facoltosa proprietà dei Timberwolves eviterebbe volentieri. Vincere venerdì magari salverebbe la faccia. Difficilmente il resto: la serie contro i Denver Nuggets di Jokic si preannuncia in ogni caso proibitiva. È una stagione nata storta e storta finirà, per i T’Wolves, che per quattro mesi hanno dovuto fare a meno dell’infortunato Karl-Anthony Towns, l’altra stella della squadra. Il vero problema però sarà l’avvenire, atrofizzato dall’operazione Gobert.

    

C’era da aspettarselo? Sì. Per puro talento, Rudy è senza dubbio il cestista francese del decennio, un centro dominante e un formidabile difensore. Ma in Nba è una superstar fra tante, da solo non sposta gli equilibri. E soprattutto ha un problema di testa: il pugno ad Anderson è una semplice recidiva. Promemoria sparsi.

 

A marzo 2020 Gobert saliva alla ribalta per aver toccato tutti i microfoni circostanti, burlandosi del Covid: è diventato così il primo giocatore positivo nella lega. Non contento, mesi dopo ha apprezzato un tweet transfobico di Elon Musk contro Anthony Fauci, consigliere medico della Casa Bianca durante la pandemia. In campo invece noi italiani sappiamo bene di Rudy alle Olimpiadi, quando a partita finita andava a schiacciare contro nessuno e tutti i principi di galateo del basket – per poi ripetersi quest’anno, nel garbage time a Utah contro la sua ex squadra. Agli Europei 2022, Gobert ed Evan Fournier erano anche stati gli unici francesi a togliersi dal collo la medaglia d’argento. Sprezzanti fra compagni e avversari. Dice il dilemma di Jessica Rabbit: “Non sono cattiva, è che mi disegnano così”. Gobert invece ha fatto tutto da solo. Soltanto Tim Connelly non se n’era accorto.

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