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Champions League

Il Benfica è una Lisbona al ritmo di bossa nova. Cosa deve attendersi l'Inter

Giovanni Battistuzzi

Cosa c'entra la musica nata in brasile con la capitale portoghese? Sostiene Tabucchi che fu il cantante brasiliano João Gilberto a dare la migliore descrizione della città. Una definizione che calza a pennello all'avversaria dei nerazzurri in Champions League

Fu Antonio Tabucchi a dire che la miglior descrizione di Lisbona la diede il cantante João Gilberto, uno dei padri della Bossa nova. João Gilberto era lì per tre concerti, s’erano trovati per caso a cena assieme con altri amici, gli sentì dire: “Lisbona è talmente affascinante, avvolgente e cara che serve schiaffeggiarla e scappare via il prima possibile”. Lo scrittore italiano all’iniziò pensò che il cantante non avesse capito niente della capitale portoghese, poi si convinse che era davvero così, che aveva ragione João Gilberto, che aveva in poche ore colto il punto.

 

È una descrizione che dovrebbe avere tenere a mente anche l’Inter di Simone Inzaghi durante l’andata dei quarti di finale di Champions League contro il Benfica. E probabilmente l’allenatore nerazzurro ha già formulato qualcosa di simile, magari in maniera meno elegante, senz’altro meno bossa nova.

 

Il Benfica è di questi tempi la perfetta copia della capitale portoghese, o quanto meno la più rispondente a quella descritta da João Gilberto. La squadra allenata dal tedesco Roger Schmidt gioca un calcio affascinante, capace di avvolgere e disorientare l’avversario, è bella dopo ogni partita europea sempre più cara. Ai tifosi e per i portafogli delle più ricche squadre europei che in Portogallo hanno sempre provato a fare affari, non sempre fortunati, ultimamente sempre più danarosi.

 

Una squadra un tempo costantemente rivolta al futuro, ora avvinghiata alla realtà e alla consapevolezza che quest’anno dovrebbe essere il compimento di un progetto che potrebbe non avere un lungo futuro. Un po’ perché al mercato si resiste sempre meno, un po’ perché è una squadra che è stata fatta da un delicato, e finora vincente, puzzle generazionale. I giovani dal radioso futuro ci sono: António Silva, 19 anni, Florentino, 25, Gonçalo Ramos, 21. E si sono mescolati a meraviglia con giocatori che un tempo furono giovani dal radioso futuro, ma che poi, in un modo o nell’altro, si sono un po’ arrugginiti cercando loro stessi: come Nicolás Otamendi, che a 35 era sembrava essere un ex grandissimo difensore e che è ritornato a esserlo (ma contro l’Inter non ci sarà); o João Mário che da interprete raffinato di centrocampo sembrava essersi trasformato in un brocco: non era così.

 

Roger Schmidt ha impacchettato tutto nel modo migliore, ha creato un amalgama eccellente, ha eliminato la Juventus, fatto penare il Paris Saint-Germain, ridicolizzato una squadra solida e insidiosa come il Club Bruges. Ora aspetta l’Inter e al solito ha accarezzato, lodato, lustrato l’avversario: “Il sorteggio è un sorteggio: entrambe le squadre hanno meritato di essere qui. L'Inter magari sta faticando in campionato, ma ha tantissima esperienza e tantissima qualità. È una gara speciale per tutti, da me ai giocatori: da loro mi aspetto motivazioni extra, è una grandissima partita. Ma me l'aspetto anche dagli avversari. Non ho dubbi sulle loro qualità, saranno pronti e noi dovremo essere pronti allo stesso modo. Senza dimenticare che poi ci sarà anche il ritorno”.

 

E suona come una minaccia. Perché casa o fuori casa per il Benfica è uguale: stessa media punti in stagione, stessa facilità di gioco. È peggio di Lisbona, il Benfica. Non è solo “talmente affascinante, avvolgente e cara che serve schiaffeggiarla e scappare via il prima possibile”: è lei che ti insegue e ti prende a schiaffi.

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