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Come il Portogallo ha superato gli sbalzi generazionali

Francesco Stati

Roberto Martínez ha lasciato il Belgio e si è accasato sulla panchina dei lusitani. Dovrà gestire una squadra dal grande talento, anche se fare meglio del predecessore, Fernando Santos, sarà durissima

In questa settimana di Nazionali, dove i calciofili incalliti devono combattere l’astinenza dai campionati, a catalizzare l’interesse di sportivi e addetti ai lavori sono le Nazionali. Tra queste, sarà interessante scoprire le novità del Portogallo. Dopo gli anni di Fernando Santos, con la vittoria dell’Europeo 2016 e della prima Nations League, ora tocca a Roberto Martínez. Uno, sulla carta, specializzato nelle “generazioni d’oro”, ma che con quei talenti non ha mai sfondato.

 

Il capitale umano offerto dal Portogallo sembra perfetto per il credo tattico dello spagnolo. Il neo ct predilige il palleggio e fa grande affidamento sulle giocate dei singoli per saltare la pressione avversaria. A tale scopo, potrà contare su Leao, Bruno Fernandes, Bernardo Silva e Cancelo e su una rosa completa in ogni reparto. L’incognita-risorsa è Cristiano Ronaldo, che non ha ancora detto addio alla Nazionale nonostante un Mondiale difficile.

 

Diversamente dai suoi predecessori, Martínez potrà contare su un organico che pare aver superato gli sbalzi generazionali grazie a un ricambio costante, non più legato alle bizze dei periodi storici. A rifornire di talenti la Seleçao, un sistema sportivo con alla base le scuole e al vertice le accademie di Sporting Lisbona, Benfica e Porto. Tutto parte dalla riforma dell’Istruzione del 1989, con cui il governo ha ridisegnato il sistema scolastico includendo l’attività sportiva tra i pilastri dell’educazione delle nuove generazioni. Le strutture sono state rifornite di materiale e l’accesso allo sport di base è stato esteso a tutti i cittadini, ampliando radicalmente il bacino d’utenza della nazionale. I primi effetti si sono visti nei primi anni Duemila, quando la Seleçao dei vari Deco, Figo, e Rui Costa sorprendeva nelle rassegne internazionali. Oggi, la nuova Nazionale ha individualità eccezionali non solo in campo, ma anche in panchina.

 

Al timone del Belgio, nel Mondiale vinto dall’Argentina, l’allenatore iberico si è fermato ai gironi, raccogliendo quattro punti contro avversarie non certo proibitive. Eppure, i disastri di campo raccontano solo in parte il flop dei Diavoli rossi, che hanno affrontato la rassegna con lo spogliatoio spaccato e i senatori in rivolta. Prima un’intervista del giocatore simbolo, De Bruyne, che alla vigilia del torneo aveva detto al Guardian “Non abbiamo nessuna possibilità di vincere, siamo ormai troppo vecchi”, poi la contestazione interna per la scelta di continuare a insistere con Eden Hazard (che al Real Madrid non gioca mai e da anni lotta con svariati problemi fisici) al centro del progetto tecnico. La condizione fisica disastrosa di Lukaku e la mancanza di verticalità hanno fatto il resto, con conseguenti dimissioni.

 

D’altro canto, anche i lusitani hanno tradito le attese, in Qatar. Partito tra le favorite del torneo, il Portogallo si è fermato ai quarti. Merito di un Marocco pugnace, ma anche del clima causato da Ronaldo. Tutto comincia con l’inelegante divorzio con il Manchester United, club dove gioca l’altro leader tecnico della squadra, Bruno Fernandes. Al ritiro, il capitano dei Red Devils a malapena saluta CR7, reo di aver spaccato l’ambiente di Old Trafford. Da lì, Ronaldo pascola per il campo e al contempo pretende di giocarle tutte. Un atteggiamento che fa infuriare Santos, che lo esclude dai titolari. Un atto di lesa maestà per il cinque volte Pallone d’oro, che punta i piedi e incendia anche lo spogliatoio del Portogallo, contribuendo in modo significativo all’eliminazione della squadra.

 

Questo il difficile quadro in cui dovrà muoversi Martínez, passato da una generazione d’oro sul viale del tramonto a un’altra con il sole allo zenit. La novità sarà proprio il rapporto con il bizzoso Ronaldo. Il capitano della Nazionale sembra aver ormai compromesso i rapporti con i compagni; inoltre, è fuggito in un esilio più che dorato in Arabia Saudita, un campionato non allenante. Nonostante ciò, il nuovo CT non ha voluto peccare di lesa maestà e ha preferito includerlo ancora tra i convocati. Se sia mancanza di coraggio o l’inizio di un graduale demansionamento del super campione, con la squadra che prevarrà sull’ego del singolo, lo dirà il campo.