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Il caso

Quando i tennisti scoprono che non c'è solo il campo e in due si vive meglio

Giorgia Mecca

Matteo Berrettini e il diritto a ventisei anni di sentirsi confusi. Perché nello sport più individualista che esista, l’amore conta eccome

Belle, a volte bellissime statuine, felici nella gioia, impassibili nel dolore. Oppure leggendarie e perenni, a volte con lo sbadiglio facile come Maria Francisca Perello in Nadal, sfiancata anche lei da ventidue anni nel circuito e da ventidue titoli dello Slam visti vincere. A sentire i tennisti, se non fosse per le loro mogli o fidanzate, nessuno sarebbe dove sta: dietro Roger c’è Mirka, così dicevano ai tempi di Federer, è lei che gestisce tutto e guarda che capolavoro. Anni fa, la crisi tennistica di Novak Djokovic ha coinciso con una crisi coniugale. La tempesta è passata, fuori e dunque anche dentro il campo, Nole è tornato numero uno, felice e contento more uxorio.

 

Nello sport più individualista che esista, l’amore conta eccome. Chiedetelo a Nick Kyrgios e alla sua vita capovolta, per lui il tennis si divide in due, avanti Costeen e dopo Costeen, dove Coosten è Miss Hatzi, la sua fidanzata sorridente e solare almeno quanto lui è talentuoso e iracondo. Senza di lei sugli spalti, Kyrgios non sarebbe arrivato in finale a Wimbledon e l’australiano è il primo ad ammetterlo. Tra le seguaci di Mirka Federer, aspiranti al ruolo di first lady del tennis, ci sono anche Morgan Riddle in Fritz e Maria Galligani, futura signora Ruud. Tutte e due sono sempre in giro per il mondo al fianco dei loro consorti, come se una relazione stabile aiutasse a stabilizzare anche il gioco. Certamente è così, e chissà quanto avrebbe potuto vincere Marat Safin se avesse avuto una anziché dieci fidanzate, chissà come sarebbe stata la carriera se non si fosse trovato spesso, come lui stesso ha ammesso, “nel posto sbagliato al momento sbagliato” con occhi neri di pugni e di occhiaie alla vigilia di match importanti.

 

I tennisti per avere successo devono essere monomaniaci, egoriferiti, ossessionati dal tennis e da nient’altro. Nell’ultima conversazione da marito di Brooke Shields prima del divorzio, Andre Agassi per spiegare alla sua futura ex moglie come si sente parla di “forza centrifuga”, il tennis ti porta via, l’amore ti costringe a rimanere, o almeno dovrebbe. Nel tennis l’altro se non è un avversario, un nemico, non è niente. L’altro non esiste, o esiste soltanto per permetterti di sconfiggerlo.

C’è un episodio della docu serie “Break Point” che ha come protagonisti Matteo Berrettini e la sua ex compagna Alja Tomljanovic, tennista anche lei. I due sono a Melbourne, dove stanno giocando lo stesso torneo, gli Australian Open e condividono la stessa camera d’albergo fino a quando uno dei due non perde e non è costretto a partire per il prossimo torneo. Una sera Tomljanovic avvisa Berrettini che dovrà mettere la sveglia per un’intervista, lui la informa che è impossibile, deve dormire, ricaricare le energie per il prossimo match (in quel momento lei è stata eliminata, lui no). “Per eccellere i tennisti devono mettere se stessi al primo posto” dice Tomljanovic, sfrattata dal suo stesso albergo e dal suo fidanzato prima di salutarlo per chissà quanto tempo. E infine per sempre.

 

Di Matteo Berrettini e non soltanto del suo tennis si sta molto parlando per la sua relazione con Melissa Satta che, di nuovo, secondo le malelingue, sarebbe la causa dei suoi scarsi risultati recenti. E’ uscito al primo turno a Indian Wells, è stato il numero 6 del mondo, oggi è il numero 23. “Sto avendo una relazione sentimentale come tutti i ragazzi della mia età”, ha detto in un’intervista rilasciata a  Repubblica. “Mi spiace che una cosa totalmente positiva, che è un sentimento, venga girato come distrazione professionale”. Gli alieni, Nadal, Federer e Djokovic, ci hanno fatto credere che fosse tutto semplice, fidanzato perfetto e tennista perfetto, addirittura padre perfetto. La verità è che il tennis è un casino e la vita lo è ancora di più. Sei abituato a pensarti da solo, a vincere e perdere per i fatti tuoi, gli altri sono un contorno, belle statuine se lo desiderano. All’improvviso ti accorgi che si sta bene, si sta meglio, anche in due. Hai vissuto di tennis, tennis e solo tennis per tutta la vita, vent’anni su ventisei, a un certo punto ti accorgi che lì fuori c’è il mondo e il mondo, una vita non vissuta sempre e solo in prima persona, confonde. E a ventisei anni è anche bello sentirsi confusi.