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A Udine Zico è ancora un racconto intimo

Gabriele Spangaro

Il campione brasiliano compie settant'anni. Per la città friulana e i tifosi dell'Udinese è ancora una presenza fissa allo stadio, nella memoria e nei racconti calcistici

Nelle curve degli stadi, dove il tifo è più caotico e irrazionale, burrascoso alle volte, dove non si va a vedere la partita e basta perché il punto di vista è il peggiore possibile, ma dove piuttosto si partecipa alla partita, sventolano bandiere che sono come i quadri di casa: sono sempre allo stesso posto e si notano solo quando mancano. Capita spesso che su quelle bandiere o su alcuni enormi striscioni tesi tra due lunghe aste siano raffigurati i giocatori che sono stati simbolo di una squadra, sia del presente che del passato, perché di alcuni calciatori di parecchi decenni fa non esistono immagini con altri colori se non quelli della maglia che hanno indossato in uno stadio in particolare. E parrebbe strano anche vederli in fotografie che li ritraggono con la maglia della trasferta della stessa società, che per definizione ha colori diversi. È possibile allora che i giovani tifosi friulani abbiano chiesto ai loro padri, madri, o forse ai nonni chi fosse quello che sta sulla bandiera che sventola ogni tanto in curva nord alla Dacia Arena di Udine, anche se in questi casi sarebbe meglio dire Stadio Friuli. Quel giocatore è Arthur Antunes Coimbra, ovvero Zico, che è uno di quelli che scandiscono le generazioni. Ci sono quelli che l’hanno visto e l’hanno accolto e poi c’è chi non l’ha potuto vedere e allora ascolta i racconti, e magari non capisce nemmeno del tutto cosa è stato avere Zico a Udine.

     

Ha compiuto settant’anni Zico che era in quel momento ancora uno dei fantasisti – all’epoca era un ruolo – più forti del pianeta, e il suo acquisto da parte dell’Udinese è già di per sé un racconto che descrive un’epoca. Il Flamengo chiedeva sei miliardi di lire, che Lamberto Mazza, presidente dell’Udinese e della Zanussi, il secondo gruppo industriale più grande – anche se in declino – d’Italia, pagò per il 40 per cento attraverso una certa Grouping Limited, una società fondata ad hoc, e il resto con i fondi bianconeri, che bastavano a malapena. La Figc sospettò non ci fossero abbastanza garanzie, perciò il presidente Federico Sordillo, che nell’ ‘80 aveva riaperto le frontiere agli atleti stranieri, bloccò il trasferimento di Zico insieme a quello di Cerezo alla Roma, per fare accertamenti più approfonditi possibili, e il 2 luglio li annullò. Alla notizia dell’annullamento del trasferimento gli udinesi si radunarono in piazza XX settembre, poco distante dal Duomo cittadino, con i famosi cartelli che dicevano “O Zico o Austria”, minacciando un’improbabile secessione. Del resto, era un sogno che stava svanendo. E dire che il 31 maggio del 1983, quando il giornale locale, il Messaggero Veneto, diede la notizia della trattativa concreta con il Flamengo, pochi ci credettero, ripensandoci qualche giorno dopo.

    

Alla fine, Zico il bianco e il nero li ha indossati ed è rimasta un’eredità che altro non è che un racconto. Un racconto personale, che va avanti imperterrito, perché ha segnato la vita di moltissima gente, che dalla simpatia per la squadra della propria città è passata ad avere poster, foto, ritagli di giornale, cartonati di Zico in camera da letto. Soprattutto perché era già un campione assoluto, aveva giocato un gran Mondiale nel 1982, e aveva già siglato più di 360 reti prima di arrivare in Italia.

 

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Parlando con gli udinesi, ma più in generale con i friulani che adesso hanno almeno cinquant’anni, emerge l’impressione che Udine prima dell’arrivo di Zico fosse un grande paese in cui le dinamiche provinciali avvenivano semplicemente più in grande, mentre con l’arrivo di Zico la città avesse cominciato a essere effettivamente tale. Ogni giorno allo Stadio Moretti, dove oggi c’è il parco che porta lo stesso nome, migliaia di persone assistevano agli allenamenti del fantasista brasiliano, e poi anche degli altri bianconeri, ma solo poi. E nello stesso luogo c’erano giornalisti, che già era un fatto non comune, e non erano solo italiani, che era invece un fatto nuovo.

    

In narrazioni come questa, spesso la verifica è pressoché impossibile dal momento che i ricordi sono cristallizzati, ma diventa anche superflua. Il 6 novembre Zico segnò all’85esimo il gol vittoria contro la Roma campione d'Italia dell’anno prima, l’Udinese vinse e c’è chi dice che l’urlo delle 45 mila persone che riempivano lo stadio Friuli, che era ed è ai Rizzi, un quartiere poco fuori città, si sentì anche a centinaia e centinaia di metri lontano da quella zona. “Avevamo la radiolina, ovvio era l’ ‘83, ma abbiamo saputo che Zico aveva segnato ancora prima di sentirlo da chi stava raccontando la partita”.

   

Storie come quella dei due anni di Zico a Udine, di cui uno solo in realtà davvero entusiasmante – con i suoi 22 gol in 40 partite totali – sono un racconto intimo dopotutto, di cui il tifo bianconero è geloso sin dal primo giorno. Più di un udinese direbbe che Zico non è “arrivato” a Udine, perché lo sono andati a prendere all’aeroporto. E a qualsiasi ragazzo o ragazza che si sorprendesse per un’enorme folla a qualsivoglia evento, che sia un concerto o una manifestazione, risponderebbe che “avresti dovuto vedere quando è arrivato Zico”.

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