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Il Napoli è come Marco Mengoni a Sanremo: non lo si riprende

Enrico Veronese

L'Inter esce dal Ferraris senza gol e con due punti in meno del previsto, la Roma fatica a Lecce, l'Atalanta e il Milan si rilanciano. La squadra di Spalletti si disinteressa dei problemi delle inseguitrici e fila dritto vittoria dopo vittoria

I risultati della 22esima giornata della Serie A

Verona-Salernitana 1-0 32′ Ngonge
Sampdoria-Inter 0-0

Milan-Torino 1-0 62′ Giroud
Empoli-Spezia 2-2 25′ rig., 31′ Verde (S), 71′ Cambiaghi, 94′ E. Vignato
Lecce-Roma 1-1 7′ aut. Ibañez, 17′ rig. Dybala (R)
Lazio-Atalanta 0-2 23′ Zappacosta, 65′ Højlund
Udinese-Sassuolo 2-2 1′ Udogie, 6′ Matheus Henrique (S), 28′ Bijol, 45′ +2 aut. Pérez (S)
Bologna-Monza 0-1 25′ Donati
Juventus-Fiorentina 1-0 34′ Rabiot
Napoli-Cremonese 3-0 22′ Kvaratskhelia, 65′ Osimhen, 79′ Elmas

La classifica della Serie A dopo 22 giornate

Napoli 59; Inter 44; Atalanta, Roma e Milan 41; Lazio 39; Torino e Udinese 30; Juventus (-15), Monza e Bologna 29; Empoli 27; Lecce, Fiorentina e Sassuolo 24; Salernitana 21; Spezia 19; Verona 17; Sampdoria 11; Cremonese 8

 

Perché il Napoli è come Marco Mengoni, fila diritto senza battute d’arresto

Il campionato di calcio e il Festival di Sanremo erano le due passioni totalizzanti degli italiani, equamente distribuite tra i sessi. Ora che la Serie A segna un po’ il passo (quanta tristezza le gradinate semivuote), rimane in auge solo la settimana dei fiori e delle canzoni: dove però il leitmotiv è lo stesso, uno che parte benissimo poi è difficile da riprendere. Il Napoli di Luciano Spalletti, proprio come Marco Mengoni, è in vetta dalla prima giornata e non ha mai seriamente subìto alcuna scalfittura o assedio: certo, ha perduto un importante match con l’Inter, ed è stato eliminato in coppa Italia dall’ultima in classifica, la stessa che ha poi regolato agevolmente domenica. Ma la sua marcia trionfale non conosce soste. Che dire dell’Inter, partita coi favori del pronostico per via della rosa, e poi incapace di tenere il passo, fino a pareggiare con la pericolante Sampdoria? È più Ultimo che Giorgia, assimilabile invece al Milan titolare dello scudetto e in via di ripresa dopo l’assestamento tattico. Alla Juventus può invece essere accostato Blanco, per quanto non in gara, ma penalizzata per le performance fuori regolamento. Gran calma, ci sono anche le sorprese positive: il bel campionato del Monza, la riscoperta di Udinese e Torino, il gioco di Empoli e Lecce stanno dalle parti di Lazza, Colapesce e Dimartino, Madame, Tananai. E chissà quale musica suonerà la Nazionale a giugno, nella final four di Nations League.

   

Perché un giocatore fa una squadra, anche se non segna e serve pochi assist

Un motivo spesso poco considerato della debolezza interista nelle partite non vinte risiede nella lunga assenza di Marcelo Brozović. Se è vero che il Milan campione uscente dei titolari ha ceduto solo Franck Kessié (senza dare una dimensione agli effetti del lungo e decisivo stop di Mike Maignan), la squadra nerazzurra – pur cambiando molto – ha dimostrato di non poter prescindere dal regista croato, anch’egli fuori gioco per lungo tempo. Eppure non segna molto, anche il numero dei suoi assist è nella media di ogni bravo centrocampista: ma l’adattamento di Hakan Çalhanoğlu a faro centrale non ha sortito alfine gli effetti sperati, né è stato lanciato con fiducia il giovane Kristjan Asllani, che paga forse l’errore sotto porta a Barcelona. Risultato? Un gioco più anonimo di quanto poteva essere, in specie nelle aperture verso le fasce: il solo Henrix Mkhitaryan, tappabuchi sempre disponibile, non poteva sopperire a tutte le falle come l’idraulico nella pubblicità Zucchetti degli anni Ottanta. Certo, l’Inter è ancora in pole position per agguantare il secondo posto, lo scudetto dei non marziani: ma gran calma, perché il litigio tra Romelu Lukaku e Nicolò Barella in campo a Genova è un brutto segnale.

  

Perché l’Hellas Verona ha riaperto la lotta per la salvezza grazie al mercato d’inverno

Cyril Ngonge è il gusto del mese del campionato. L’attaccante belga, scuola Anderlecht e Bruges, è l’arma in più dell’Hellas Verona, virtualmente spacciato fino a Natale e poi in grado di infilare tre successi e tre pareggi in sette partite: scovato dal ritorno del ds Sean Sogliano e consegnato alla strana coppia Zaffaroni-Bocchetti, Ngonge è ormai inamovibile assieme all’altro nuovo acquisto, Ondrej Duda, prelevato dal Colonia e autore di una prova maiuscola a centrocampo contro la diretta rivale Salernitana. Nei bioritmi del torneo, ora cala lo Spezia e arrancano proprio i campani, che pure dal mercato di gennaio avevano ricevuto innesti positivi: quindi gran calma, non per tutte il supplemento di trattative a gennaio e l’introduzione di nuovi elementi, soprattutto con la partenza di altri, sono capaci di sortire gli effetti sperati e di consolidare posizioni di classifica che cominciano a farsi preoccupanti.

   

Perché i Mondiali hanno fatto bene a Inter, Atalanta e Roma, male a Udinese e Fiorentina

Nella bulimia calcistica ormai i campionati mondiali in Qatar sono solo un ricordo. Certo, non per gli argentini che li hanno vinti, e che magari hanno cercato di portare un po’ di quello spirito nelle proprie squadre di club: così Lautaro Martínez trascina l’Inter alla seconda performance più efficace dopo l’imprendibile Napoli – 14 punti contro 18 guadagnati nel 2023 – e così Paulo Dybala nella Roma, con analogo incremento rispetto all’ultima partita premondiale giocata il 13 novembre 2022. Discorso che non vale per l’Atalanta (gran calma), senza nazionali albiceleste in rosa, ma pure a +14 dalla fine dello scorso anno, mentre nella comparazione la Juve di Ángel di María – come il sorprendente Monza – seguirebbe virtualmente a un punto in meno, che senza squalifica ne farebbe la seconda in graduatoria assieme al team di Simone Inzaghi. Chi invece ha fatto registrare la performance peggiore, dopo la finale di Doha, è la Cremonese che ha messo a segno un solo punto da gennaio, condannandosi praticamente alla serie B. Ma anche la Fiorentina, l’Udinese e la stessa Salernitana stanno segnando il passo da allora: e gli effetti in classifica, soprattutto per i viola, si vedono.

 

Perché se la Nazionale Under 21 è lo specchio del campionato, il futuro è nebuloso

Da sempre la Nazionale Under 21 rappresenta non solo un serbatoio per la selezione maggiore, ma anche un motivo di orgoglio per il gioco, i risultati e i campioni che assembla in empatia. Dalle tornate di Azeglio Vicini a quelle di Cesare Maldini, fino alle scelte di Paolo Nicolato, l’Under è nel cuore delle italiane e degli italiani come i fratelli più grandi; e in alcuni periodi, forse più. Peccato che nel campionato di Serie A in corso siano solo tre i titolari, fra coloro che sono stati convocati per l’ultima partita (a novembre contro la Germania, che vinse 4-2): Marco Carnesecchi a Cremona, Nicolò Rovella a Monza, Lorenzo Colombo a Lecce. Altri entrano nelle rotazioni, per esempio Lorenzo Pirola (Salernitana), Matteo Ruggeri (Atalanta), Filippo Ranocchia (Monza) ed Emanuel Vignato, a segno con l’Empoli. La squadra toscana è una delle più prolifiche, compendiando anche Nicolò Cambiaghi, Jacopo Fazzini e quel Tommaso Baldanzi che presto sarà convocato tra i big da Roberto Mancini. Il quale aveva già fatto debuttare Giorgio Scalvini, Fabio Miretti e Samuele Ricci, magari in prestito all’Under 21 per gli appuntamenti ufficiali. Se Diego Coppola è appena tornato in campo dal lungo infortunio, l’esplosione di Nicolò Fagioli dovrebbe schiudergli le prossime porte. Ma ogni fine settimana languono in panchina Raoul Bellanova, Giacomo Quagliata, Filippo Terracciano, Edoardo Bove, Matteo Cancellieri – autore della doppietta contro i pari età tedeschi – oltre a Christian Volpato che ha scelto l’Italia, e al baby Simone Pafundi già premiato con l’esordio nella prima rappresentativa: giocassero di più, come avviene all’estero, sarebbe più facile il lavoro del ct. Altrimenti gran calma, sarà per la prossima generazione.

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