Foto di Alfredo Falcone, via LaPresse  

Il Foglio sportivo - il ritratto di Bonanza

Spalletti, Gasperini, Sarri e ora Mourinho. Il club dei sessantenni della Serie A

Alessandro Bonan

Allenatori anagraficamente antichi ma con idee moderne. L'uno gioca un calcio aereo, l'altro è uno dei più grandi innovatori, il terzo sa inseguire l'utopia della perfezione. Mentre il ct della Roma è il più diverso: non cerca il bello bensì il meglio

Di te non conosco il reale, però, per detestarti, mi basta e avanza il percepito. Lo disse un tizio importante a un signore altrettanto noto, chiudendo in via definitiva un rapporto piuttosto duraturo. Queste parole dal tratto aforismatico (geniali se permettete), spiegano bene la natura un po’ superficiale di ogni relazione dove sapere per davvero chi si ha di fronte è quasi impossibile. 

 

Dunque, parlando di quattro “vecchietti” che animano il pallone, mi baserò sul percepito per non sbagliare, lasciando da parte anche il cuore, ingannevole più di ogni cosa, parafrasando il titolo di un bel libro. I quattro in questione, un club a parte, quello dei “60”, sono gli stagionati Spalletti, Gasperini, Sarri e il neo arrivato, Mourinho (nella foto LaPresse), fresco di compleanno. 

 

Si tratta di allenatori anagraficamente antichi ma con idee moderne, oggetto di parecchie imitazioni. Spalletti gioca un calcio aereo, visto che il suo Napoli più che attaccare plana, aprendosi sulle ali come un uccello. L’occupazione del campo in lungo e in largo è l’ossessione atavica dell’allenatore di Certaldo, da sempre impegnato a non darsi una regola in fatto di sistemi di gioco. Per lui conta lo spazio, non l’avversario, e vi s’infila come l’acqua, coprendo tutto, nel rispetto del territorio che rappresenta, con tanto mare.

 

Gasperini gioca d’anticipo in tutti sensi. È uno dei più grandi innovatori del calcio italiano. Fiuta la moda e come ogni precursore la anticipa e, di conseguenza, la fa. Quest’anno è partito più piano perché non sapeva che squadra aveva tra le mani, con attaccanti nuovi e piuttosto sconosciuti. Li ha prima studiati e poi si è ributtato avanti a testa bassa. Oggi l’Atalanta segna come se non ci fosse un domani, sapendo che il domani nel calcio non esiste senza il supporto dei risultati. 

 

Regola che vale un po’ per tutti tranne per uno, Maurizio Sarri, che insegue l’utopia della perfezione a cui non corrisponde sempre la vittoria. Schiavo di questa devianza si rende spesso irreperibile, se non per brevi tratti ma intensi, come la sua partita contro il Milan, dove ha lasciato i rossoneri ebeti a domandarsi dove fosse finito il dannato pallone.

 

José Mourinho, dei quattro è il più diverso. Non cerca il bello piuttosto il meglio, e c’è una forte differenza. La sua Roma si arrampica lentamente sulla classifica. A volte sembra lenta, quasi impacciata eppure sale, costante, senza dare l’idea della fatica. José la guida a tratti ascetico, forte delle sue intime convinzioni. Scandisce il tempo, ripartisce il furore, schiocca la frusta e poi accarezza le ferite. È come gli altri un sessantenne moderno che solo il tempo ha reso tutto imbiancato.